Diritti

Gli Emirati Arabi alimentano la tratta sessuale femminile

25 donne africane hanno raccontato di essere state attirate da una rete criminale; gli attivisti denunciano il mancato impegno del Governo nel contrastare il fenomeno. L’inchiesta di Icij e Reuters
Credit: Fernando Lavin
Tempo di lettura 4 min lettura
27 giugno 2023 Aggiornato alle 07:00

Gli Emirati Arabi Uniti sono una delle principali destinazioni della tratta sessuale di donne africane, ma attivisti per i diritti umani e autorità nigeriane affermano che il Governo del Paese non rispetta i propri impegni per contrastare il fenomeno. Lo svela l’indagine svolta dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij) e Reuters.

L’inchiesta si basa sul racconto di 25 donne africane, per lo più nigeriane, che hanno rivelato di essere state attirate negli Emirati Arabi da una rete criminale capeggiata da Christy Gold. Pur dichiarandosi innocente, vari operatori umanitari, investigatori e funzionari del Governo nigeriano indicano Gold e il fratello come responsabili dello sfruttamento sessuale di diverse donne costrette a prostituirsi, nonché vittime di torture e sequestro nei loro confronti.

I trafficanti di esseri umani mantengono le donne in condizione di schiavitù sessuale, sfruttando la loro disperazione finanziaria e creando reti di manipolazione e coercizione tramite minacce e violenze. Nella maggior parte dei casi le vittime sono intrappolate da pesanti debiti nei confronti delle reti criminali che le sfruttano e si servono delle credenze religiose tradizionali per convincerle ad assecondare le loro richieste.

Negli Emirati la prostituzione è un reato e la tratta sessuale è diventata illegale nel 2006, ma il turismo sessuale è sistematizzato. Le prostitute si trovano negli hotel, nelle spa, discoteche e nei bar; informazioni riguardo a come ottenere sesso a pagamento sono facilmente reperibili anche online. Ciò alimenta di fatto lo sfruttamento e la tratta delle donne costrette a prostituirsi.

Di fronte alle domande di chiarimento dei giornalisti, il Ministero degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti ha affermato che insinuare che il Paese “tolleri il traffico di esseri umani o che abbia poca considerazione per le vittime di questo crimine atroce è completamente falso”. Il Ministero ha poi negato le accuse definendole “prive di fondamento” e ha ricordato che nel Paese le leggi in vigore puniscono la tratta sessuale con pesanti multe e pene detentive.

Nonostante le operazioni di polizia che hanno coinvolto l’Emirato, Fatima Waziri-Azi, direttrice generale dell’Agenzia nazionale nigeriana per la proibizione della tratta, ha dichiarato che non c’è stata “alcuna cooperazione” quando l’agenzia ha contattato le autorità degli Emirati per chiedere la collaborazione del Governo nel contrasto ai trafficanti che operano all’interno dei Paesi del Golfo Persico.

Nel 2022, il Dipartimento di Stato Usa ha comunicato che gli Emirati Arabi Uniti hanno compiuto “sforzi significativi” per combattere la tratta di esseri umani, senza però riuscire a essere efficaci in aree chiave per il contrasto al commercio e alla schiavitù sessuale. Ciò si verifica in assenza di uno “screening costante delle popolazioni vulnerabili per gli indicatori di tratta, il che potrebbe aver penalizzato alcune vittime costringendole a ricorrere all’immigrazione illegale o a prosituirsi”.

Il lavoro di inchiesta dell’Icij si inscrive in un progetto più ampio che monitora la condizione della tratta di esseri umani nei Paesi del Golfo, dove è particolarmente fiorente. La pratica a livello globale, infatti, è in aumento: nel 2014, l’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite ha riferito che il traffico di manodopera e la tratta sessuale producono annualmente circa 150 miliardi di dollari di profitti illegali.

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