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Il Titan e il Titanic: il naufragio nel naufragio

Questa settimana, un sottomarino sgangherato che esplorava il relitto del Titanic è andato disperso. Una storia che sarebbe stata triste anche se fosse finita bene
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24 giugno 2023 Aggiornato alle 09:00

111 anni fa, in una freddissima notte di aprile del 1912, un grande transatlantico chiamato RMS Titanic sbatteva contro un iceberg e naufragava al largo di Terranova. Delle 2.200 persone a bordo, ne morirono 1.500. Il Titanic era al suo primo viaggio ma aveva già un soprannome, scelto malissimo: l’Inaffondabile (gli umani dovrebbero dare il tempo alle cose di accadere, prima di dar loro un nome).

L’affondamento del Titanic ha fatto battere il cuore della gente per molto tempo. Per tanti, ha significato la fine di un tempo felice e speranzoso. E in effetti, i pochi sopravvissuti alla tragedia si sarebbero schiantati, appena due anni dopo, contro un altro iceberg: la Prima Guerra Mondiale.

Ma la storia di questa nave bellissima, grandissima e potentissima che affonda prima ancora di attraccare, continua ad affascinare le persone. Nel 1997, quando tu non c’eri e io avevo la tua età, al cinema uscì un film sulla storia del Titanic. Fu un successo planetario. Ricordo che c’era gente che andava a vedere il film al cinema ripetutamente, anche decine di volte.

Per noi comuni mortali con un conto in banca comune, il Titanic è un oggetto che possiamo studiare nei libri o nei film. In questi giorni, però, abbiamo scoperto l’esistenza di un piccolo e malandato sottomarino che, pagata la cifra favolosa di 250.000 dollari, portava ricchi turisti fino in fondo al mare a vedere il relitto del Titanic da vicino.

Questo tipo di spedizione si chiama turismo della catastrofe. Invece di andare a visitare musei, parchi e palazzi, le persone vanno a vedere i posti dove è successa un disastro: la centrale nucleare di Fukushima, in Giappone; le coste dell’isola del Giglio quando la Costa Concordia era ancora adagiata su un fianco, fresca di naufragio; il Titanic.

Questo sottomarino si chiamava Titan ed era sparito dai radar domenica. Dopo giorni di ricerche disperate con mezzi di ogni tipo, ieri è stato ritrovato in mille pezzi. Il Titan e i suoi occupanti, che volevano curiosare intorno al Titanic, hanno fatto la sua stessa fine, a due passi da lì.

Questa storia è triste perché non ha un lieto fine. Ma se fosse finita bene sarebbe stata comunque triste e sbagliata.

La settimana scorsa, nelle acque del Mar Mediterraneo, 750 migranti hanno fatto naufragio. Ne sono morti centinaia e centinaia sono i dispersi. Di questo naufragio, uno dei più gravi degli ultimi tempi che ti ricorderà forse la triste vicenda di Cutro, se ne è parlato per mezza giornata. Poi siamo passati ad altro. Troppi, loro, troppo disperati. Invece di quei 5 turisti ricchissimi imbarcati sul Titan sappiamo nomi, cognomi, passatempi e speranze.

Nessuno, oggi, si sognerebbe di organizzare una gita di lusso in fondo al mare per vedere da vicino il peschereccio naufragato la settimana scorsa. Allora che bellezza c’è nello spendere tutti quei soldi per andare a ficcare il naso in un relitto che porta in sé tanta tristezza?

Il turismo estremo, quello che permette ai miliardari di andare nello spazio o negli abissi, non ha senso: costa uno sproposito, inquina da morire e non rende migliore nessuno, né loro né noi.

Il turismo estremo vuol farci sentire avventurieri, pionieri, gente che per prima pianta bandiera in terra sconosciuta e affronta baldamente pericoli e ostacoli. Tranne quando poi, come in questi giorni, i pericoli e gli ostacoli bussano alla porta per davvero.

Chi migra, invece, delle (dis)avventure che deve affrontare - traversate del deserto a piedi, viaggi su mari agitati e approdi in terre inospitali - farebbe volentieri a meno. Non tutto quello che ci fa battere il cuore tra le righe dei romanzi va vissuto realmente. È per questo che abbiamo i libri, i film e la musica. Per viaggiare in tutta sicurezza con la testa e per annodare il nostro cuore a quello degli altri. Che la vita è un viaggio, è vero, ma non è una gita.

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