Diritti

Com’è il futuro visto dai giovani?

Più di 5.000 ragazzi hanno risposto all’indagine di Fondazione Conad ETS su lotta alla mafia, climate change, violenza di genere, educazione alimentare. Molti pensano di non poter fare la differenza
Credit: cottonbro studio
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
16 giugno 2023 Aggiornato alle 11:00

Legalità e lotta alle mafie. Ambiente e sostenibilità. Valore della diversità e prevenzione della violenza. Alimentazione, etica e sostenibilità. Che cosa ne pensano gli studenti delle scuole medie e superiori di tutta Italia?

Se l’è chiesto Fondazione Conad ETS, l’ente non profit del terzo settore nato nel 2022 per valorizzare e promuovere progetti di sostenibilità sociale e ambientale, nell’indagine intitolata Il futuro visto dai giovani, parte di un progetto culturale per le scuole realizzato durante l’intero anno scolastico.

Insieme a Unisona, una piattaforma specializzata nella realizzazione di eventi in diretta satellitare e live streaming per le scuole, l’iniziativa ha coinvolto più di 150.000 studenti e si è articolata in 4 appuntamenti, con ospiti di rilievo per ogni argomento trattato, tra cui l’ex presidente del Senato Pietro Grasso, il comico Ficarra, gli attivisti e le attiviste di Fridays For Future Italia, Riccardo Noury di Amnesty International Italia e il campione mondiale di nuoto Filippo Magnini. «A ogni evento in live streaming si sono collegati dai 30 ai 50mila ragazzi da tutte le regioni d’Italia», ha spiegato Maria Cristina Alfieri, direttrice della Fondazione Conad Ets.

Il futuro visto dai giovani, condotto da Ipsos, ha completato il progetto: racchiude l’opinione di 5.000 ragazzi sui grandi temi dell’attualità e dell’impegno civico, “per suscitare in loro la voglia di comprendere il presente, ponendosi sempre nuove domande e diventando attori del cambiamento sociale”, spiega la Fondazione. Cosa che già accade o è accaduta intorno a tematiche a cui ragazzi e ragazze sono molto sensibili: basti pensare alle manifestazioni contro il cambiamento climatico, guidate dal già citato movimento internazionale di protesta Fridays For Future, nato nel 2018 dall’iniziativa dell’allora quindicenne Greta Thunberg. O alle recenti proteste in tenda degli studenti contro gli affitti troppo cari.

Dal sondaggio, condotto tra novembre 2022 e aprile 2023, è emerso che studenti e studentesse sono particolarmente interessati ai temi trattati, in particolare all’ambiente e alla sostenibilità (87%), alla lotta alle mafie e alla prevenzione della violenza (82%). In media il 27% degli intervistati non aveva mai partecipato ad approfondimenti su questi temi, né a scuola né fuori.

Secondo il filosofo Umberto Galimberti, che ha partecipato all’evento di presentazione dell’indagine, «la scuola italiana al massimo istruisce, ma non educa: sono pochi i professori empatici, e se manca l’empatia non è possibile insegnare la cultura. Bisogna farlo in termini seduttivi, mettendo la propria professionalità, la propria capacità, al servizio della cultura».

Riguardo alla mafia, per studenti e studentesse si tratta di “una forma estremamente violenta e organizzata di criminalità”, mentre gli insegnanti intervistati sono propensi a definirla anche “un fenomeno culturale, una mentalità insita in alcune fasce della popolazione”.

Il 39% degli intervistati pensa che stia crescendo la mentalità mafiosa tra i giovani e solo il 30% pensa che i giovani oggi non siano disposti ad accettare le ingerenze della mafia nella loro vita, a pagare il pizzo, a convivere con la “cultura” e gli atteggiamenti mafiosi, a rimanere in silenzio.

La ricerca, allora, si chiede se i ragazzi siano più attori o spettatori: il 43%, pensa di non poter fare la differenza nel combattere il fenomeno della mafia. Un sensazione che, invece, non si riflette nelle altre categorie: il 55% crede di poter fare la differenza per l’ambiente, il 53% per la valorizzazione della diversità, il 47% per il bullismo. Ma, anche se l’88% si dice preoccupato per il cambiamento climatico e il 44% dichiara di voler fare una professione che contrasti il cambiamento, solo il 24% dichiara di avere un ruolo attivo in famiglia nel promuovere comportamenti più sostenibili.

Riguardo alla violenza di genere, spiega Franco Barbano, presidente di Unisona, «i ragazzi sono consapevoli che alla base ci siano stereotipi di genere, (66%) ma le percentuali sono differenti tra ragazzi e ragazze. Sulla colpevolizzazione delle donne, per esempio, 1 ragazzo su 6 crede che la violenza scatti per colpa degli atteggiamenti provocatori delle partner».

Per Chiara Pacifici, responsabile Scuola di Amnesty International Italia presente all’evento di presentazione del sondaggio, «per cambiare la cultura servono proprio loro, i giovani: se guardiamo, nello specifico, ai dati Ipsos del 2019 sulla violenza di genere, in quel 30% che ritiene che siano gli atteggiamenti provocatori di una donna a determinare una violenza, troviamo principalmente adulti e generazioni più anziane, non giovani. È necessario dare loro gli spazi necessari per potersi esprimere e che ci sia un ascolto da parte degli adulti: i giovani sono molto meno non impegnati di quanto non si possa pensare». E l’unico modo per intercettarli, spiega Pacifici, «è creare nuovi spazi di ascolto e renderli interlocutori, in modo che possano essere moduli del cambiamento».

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