Culture

I discorsi d’odio online dilagano, dobbiamo contrastarli

In occasione della Giornata Internazionale contro l’hate speech, è importante ribadire come questo fenomeno, che colpisce soprattutto le minoranze, sia allarmante e vada contrastato
Credit: SHVETS production
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18 giugno 2023 Aggiornato alle 08:00

Il 18 giugno 2022 è stata istituita per la prima volta la Giornata Internazionale contro l’hate speech, dedicata al contrasto dei discorsi d’odio, soprattutto online, a seguito dell’idea avuta dal Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres nel 2019 di avviare un piano d’azione a riguardo.

Questa iniziativa è stata intrapresa in risposta all’allarmante crescita di episodi di xenofobia, razzismo, intolleranza, misoginia, violenza, antisemitismo e della proliferazione dell’odio online e offline.

I discorsi di odio incitano alla violenza e hanno effetti devastanti sulle comunità. La portata del fenomeno e il suo impatto sono oggi amplificati dalle nuove tecnologie e dai social media, e non è un caso che questi siano diventati uno dei metodi più frequenti per diffondere ideologie violente.

Alice Nderitu, consigliera speciale del segretario delle Nazioni Unite Generale sulla prevenzione del genocidio, aveva raccontato in un video alcuni esempi di crimini commessi nel mondo a seguito della diffusione di discorsi d’odio, citando la disumanizzazione della comunità Rohingya in Bangladesh, il genocidio di Srebrenica in Bosnia, quello della popolazione Tutsi in Rwanda e l’olocausto.

A oggi non esiste una definizione universale di incitamento all’odio secondo il diritto internazionale. Il concetto è infatti ancora in discussione, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni in merito alla libertà di opinione, di espressione, di non discriminazione e di uguaglianza.

Nel luglio 2021 però l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione per contrastare i discorsi d’odio attraverso “la promozione del dialogo inter-religioso e interculturale”.

A seguito dell’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk, la piattaforma è diventata una sorta di far west digitale, dove esponenti di estrema destra si sono sentiti liberi di discriminare ogni tipo di minoranza e in particolar modo la comunità Lgbtq+. Come riportato dall’Indipendent, lo stesso Musk ha dichiarato il suo intento di opporsi alle terapie per l’affermazione di genere per le persone trans, dicendosi d’accordo con chi chiedeva la reclusione per i medici che la adottano.

Secondo un report del Center for Countering Digital Hate (Ccdh), Twitter non rimuove il 99% dei contenuti d’odio pubblicati dagli utenti che hanno sottoscritto l’abbonamento a Twitter Blue per ottenere una maggiore visibilità. Dall’inizio del 2022, il Ccdh ha trovato più di 1 milione e 700.000 tweet contenenti insulti verso la comunità Lgbtq+. Come ha dichiarato la presidente Imran Ahmed «non si tratta di un incidente. Elon Musk ha strizzato l’occhiolino a tutte le persone razziste, omofobe, transfobiche incoraggiandole a stare su Twitter».

In questa indagine, viene spiegato come la retorica anti Lgbtq+ sia collegata all’accusa di pedofilia online e di grooming, ovvero di adescare persone minorenni attraverso internet. Dal 27 ottobre 2022, il numero di tweet del genere è aumentato del 119%, avendo spesso come obiettivo Pride e drag show.

Il problema di come moderare i contenuti online non riguarda chiaramente solo Twitter e non unicamente i social media. Non serve tuttavia citare il paradosso della tolleranza di Popper per capire che la libertà di espressione non può consistere nella libertà dalle conseguenze di ciò che si dice. Eppure siamo in un’epoca in cui ideologie cariche d’odio vengono considerate come opinioni politiche valide, trovando persino piattaforme, non solo online, che fungono da cassa di risonanza.

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