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Oggi è la Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità

Con il cambiamento climatico questi fenomeni rischiano di diventare una piaga globale. Ecco tutto quello che c’è da sapere e come contrastarli
Credit: The Lazy Artist Gallery

Entro il 2050 potrebbe colpire tre quarti della popolazione mondiale. Quello della siccità è un problema che riguarda ogni anno 55 milioni di persone ed è in continua crescita. Dal 2000 è aumentato infatti del 29%, accentuato dal degrado del suolo e dai cambiamenti climatici.

La siccità è l’anticamera della desertificazione e non si traduce solo in perdita dei raccolti, incendi boschivi e stress idrico, ma rappresenta uno dei disastri naturali più impattanti in termini di vite umane. Per questo il 17 giugno di ogni anno si punta a sensibilizzare la popolazione tramite la Giornata Mondiale per la Lotta alla Desertificazione e alla Siccità. Ma come nascono questi fenomeni e qual è oggi la situazione?

Come nasce la Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità

La giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità è stata proclamata il 30 gennaio del 1995 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite tramite la risoluzione A/RES/49/115, con l’obiettivo di far conoscere nuovi modi per prevenire la desertificazione e contrastare la siccità.

Ogni anno viene proposto un tema differente. In passato ci si è focalizzati su dimensione sociale della desertificazione, migrazioni e povertà, donne e desertificazione, come combattere il deterioramento del terreno per una agricoltura sostenibile, terra ed energia, sicurezza alimentare e della alimentazione sostenibile e molto altro.

Quest’anno invece il tema è Her Land. Her Rights. Ci si focalizza quindi di diritti delle donne intrecciati a quelli della alla Terra come elemento chiave per raggiungere gli obiettivi globali connessi dell’uguaglianza di genere e della neutralità del degrado del Pianeta entro il 2030.

La terra è la risorsa economica principale per la maggior parte dei poveri rurali ma le donne di tutto il mondo hanno meno probabilità di possederla o controllarla rispetto agli uomini, e questo le espone a povertà, fame, violenza di genere e sfollamento.

Inutile negare che la siccità sia sempre stata parte della natura, ma la situazione sta peggiorando a causa dell’attività umana e nessun Paese è immune. È possibile però prepararsi al meglio per affrontarla. Tutti, cittadini, imprese e governi, possono partecipare ad azioni che incrementino una resilienza collettiva, perché ognuna è importante.

Desertificazione e siccità: cause e conseguenze

Le zone aride nel mondo a oggi ricoprono il 45% del territorio. Gli hotspot climatici invece, aree che hanno subito un calo di produttività della vegetazione, ricoprono il 9% delle aree globali aride.

La siccità si sviluppa a causa di una carenza prolungata dell’approvvigionamento idrico, che sia atmosferico, di acque superficiali o sotterranee e può provocare un grave impatto sull’ecosistema e sull’agricoltura della regione colpita e causare danni all’economia locale.

La desertificazione invece secondo le Nazioni Unite è il degrado delle terre aride, semi-aride e sub-umide secche, dovuto a vari fattori.

Tra le cause principali di siccità e desertificazione ci sono sicuramente le attività umane e i cambiamenti climatici. La desertificazione si è molto sviluppata negli ultimi anni grazie alla cattiva gestione del suolo e al suo sfruttamento intensivo, all’utilizzo di monocolture con prodotti chimici e agli allevamenti intensivi.

Una delle azioni più influenti dell’uomo è sicuramente la deforestazione. Se al territorio infatti si tolgono le piante che regolano il ciclo dell’acqua e gli alberi che sono produttori di ossigeno e mitigatori di anidride carbonica, il risultato è che quest’ultima si trovi ad alti livelli in atmosfera. La conseguenza è l’innalzamento delle temperature e il surriscaldamento climatico.

Spesso al posto di avere gli alberi, i terreni sono adibiti a monocolture, colture di una sola specie vegetale, o allevamenti intensivi, che impoveriscono il suolo e aumentano la temperatura del Pianeta, portando alla perdita della varietà dei semi e dei vegetali e allo sfruttamento animale.

Molte sono le conseguenze della desertificazione sull’ambiente e sulla vita dell’uomo, come la perdita di suolo e biodiversità, la crescita dei centri urbani, la minore disponibilità di acqua dolce e le migrazioni forzate delle popolazioni.

Il degrado del suolo e la perdita di biodiversità dovute alla siccità e alla desertificazione rendono i suoli inadeguati alla coltivazione e all’agricoltura, un danno indubbiamente ambientale, ma anche sociale, economico e umano. Oltre il 75% del suolo globale oggi è degradato e si stima che si arriverà al 90% entro il 2050.

Con l’impoverimento delle campagne avviene anche la migrazione delle popolazioni verso le città, che diventano sempre più inquinate e sovraffollate, condizioni che spesso portano molte persone a confrontarsi con povertà, fame, sete e disagi sociali che possono sfociare in ribellioni e rivolte.

Non si può dimenticare poi che la desertificazione ha un enorme costo economico pari a 15.000 miliardi di dollari l’anno.

Per contrastare il fenomeno le Nazioni Unite hanno stabilito come obiettivo la neutralità del degrado del suolo (Land Degradation Neutrality), che significa migliorare la qualità e la quantità delle risorse del suolo degli ecosistemi grazie a pratiche virtuose per la produzione di cibo, fibre ed energia, senza impoverire il terreno.

Desertificazione in Italia la situazione oggi

La desertificazione è un problema mondiale, che riguarda tanto l’Europa, quanto Africa, Asia, Medio Oriente. I paesi potenzialmente a rischio di sono più di 110.

Il 2022 ha il record dell’anno con l’inverno più secco della storia. In tutta Italia si sono registrate in media il 28% di precipitazioni piovose in meno e per questo il nostro Paese è diventato soggetto a fenomeni di desertificazione.

Secondo le stime CnrAnbi, il 20% del territorio italiano rischia di diventare incoltivabile. Le aree a rischio sono per il 70% in Sicilia, il 58% in Molise, il 57% in Puglia, il 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%.

I dati generali parlano chiaro, secondo le Nazioni Unite oltre due miliardi di ettari di terreni precedentemente produttivi sono degradati, oltre il 70% degli ecosistemi naturali è stato trasformato ed entro il 2050 si potrebbe raggiungere il 90%. Entro il 2030 invece la produzione alimentare richiederà ulteriori 300 milioni di ettari di terreno ed entro lo stesso anno l’industria della moda prevede di utilizzare il 35% in più di terreno.

Per scongiurare il peggio servono soluzioni appropriate a breve e a lungo termine: migliorare la gestione del suolo e delle risorse che ci fornisce, favorire la rigenerazione degli alberi, non forzare i tempi di crescita della natura, rispettare la stagionalità dei prodotti della terra, utilizzare meglio le risorse idriche con opportuni e moderni metodi di irrigazione e andare verso una carbon neutrality.

Abbiamo la necessità oggi più che mai di ridurre la domanda eccessiva dei terreni naturali, la richiesta di acqua per le produzioni industriali e gli allevamenti, evitare gli sprechi alimentari, equilibrare la domanda di prodotti di origine animale, evitare che aree forestali vengano perse per la conversione dei terreni a usi agricoli e rafforzare i sistemi alimentari e idrici più deboli.

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