Città

In Europa il verde non è equamente distribuito

Secondo l’Agenzia Ue dell’ambiente, nel Vecchio Continente ci sono forti disuguaglianze socioeconomiche e demografiche nell’accesso alle aree naturali urbane. Tuttavia, non mancano esempi recenti di nuovi spazi progettati per gruppi più vulnerabili e svantaggiati
Haga Park Stockholm
Haga Park Stockholm
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
14 febbraio 2022 Aggiornato alle 13:37

Migliorano la qualità dell’aria, riducono il rumore, sostengono la biodiversità e garantiscono ombra e temperature più moderate durante le ondate di caldo. Sono solo alcuni dei benefici che le aree naturali cittadine forniscono a chi ha la fortuna di poterle raggiungere facilmente. Esatto, la fortuna: dai parchi ai giardini privati fino agli argini dei fiumi e le coste, il Vecchio Continente è costellato da città che, nella stragrande maggioranza dei casi, garantiscono questi spazi, ricreativi e rigenerativi insieme, in maniera minore ai quartieri più poveri e densamente popolati rispetto a quelli ad alto reddito.

Nello specifico, secondo lo studio dell’Agenzia europea dell’ambiente “Chi beneficia della natura nelle città? Disuguaglianze sociali nell’accesso agli spazi verdi e blu urbani in tutta Europa”, i centri più a nord e ovest del Vecchio Continente dispongono di maggiori aree naturali rispetto alle controparti sud-orientali.

La città con la percentuale più alta di spazio verde totale (95,8%) è Cáceres in Spagna, mentre quella con meno spazio verde totale (6,8%), è Trnava in Slovacchia. A Stoccolma l’80% della popolazione ha accesso a un parco pubblico a 300 metri di distanza. Viceversa, a Heraklion (Grecia) la percentuale scende addirittura sotto il 20%.

All’interno delle città, sono le comunità con un’elevata percentuale di immigrati e minoranze etniche ad aver minore accesso - sia qualitativo che quantitativo - a spazi verdi e blu. Generalmente, infatti, queste aree sono meno disponibili nei quartieri a basso reddito. Una spiegazione, soprattutto per i centri dell’Europa centro-orientale, arriva dal mercato immobiliare: acquistare una proprietà adiacente a contesti naturali risulta più costoso.

Stando ai dati pubblicati dall’Agenzia, a Oslo gli immigrati hanno meno accesso alle aree verdi per attività ricreative all’aperto e a Helsinki vivono più lontano dallo spazio blu rispetto ai non immigrati. Stesso discorso vale per città come Berlino e Torino, dove i cittadini tendono a vivere in quartieri ad alta densità con un accesso limitato allo spazio verde.

«La partecipazione dei gruppi vulnerabili alla progettazione degli spazi verdi può favorire la loro inclusione sociale, assicurando che vengano presi in considerazione i bisogni specifici e favorire la loro fiducia e identificazione con il progetto», ha spiegato l’Agenzia, secondo cui è «probabile che questa partecipazione aumenterà l’utilizzo futuro delle aree naturali».

Di esempi positivi e che fanno ben sperare ce ne sono diversi. È il caso del progetto di ricerca irlandese Mapping Green Dublin, che a partire dalla proposta e partecipazione popolare, ha sviluppato una strategia di inverdimento nella capitale per affrontare le preoccupazioni e i desideri delle persone che la vivono. Iniziative simili arrivano anche dal Belgio, Croazia e Italia (con l’Orto Collettivo di Genova) e sono importanti perché hanno avuto il merito di coinvolgere la cittadinanza nella costruzione e manutenzione degli spazi naturali e, parallelamente, accrescere il senso di appartenenza sociale.

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