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Chi era Alfonsina Strada, la prima donna al Giro d’Italia

In occasione della competizione di ciclismo su strada (che terminerà il 28 maggio), ripercorriamo le tappe che hanno portato il “Diavolo in gonnella” a cambiare il mondo delle gare sportive su 2 ruote
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18 maggio 2023 Aggiornato alle 09:00

La chiamavano “il diavolo in gonnella”; fu la prima a voler dimostrare che, nello sport, una donna può fare le stesse cose che fa un uomo. Perché Alfonsina Morini Strada passò alla storia, nel 1924, come unica e prima donna, insieme a 90 uomini, a partecipare al Giro d’Italia.

Quell’anno, per problemi finanziari, le principali squadre disertarono il giro, così come campioni quali Costante Girardengo (primo “Campionissimo” nella storia del ciclismo italiano, vincendo nel 1919 e nel 1923 il Giro d’Italia), Ottavio Bottecchia, Giovanni Brunero e molti altri. La Gazzetta dello Sport, principale organizzatrice della competizione, dovette quindi reclutare molti dilettanti e, tra loro, anche Alfonsina Morini Strada, voluta dal dirigente Emilio Colombo, per fare di lei “la precipua attrazione”, come avrebbe ammesso lui stesso più tardi.

Morini Strada compì regolarmente 4 tappe: la Milano-Genova, arrivando con 1 ora di distacco dal primo partecipante ma precedendo molti gareggianti, la Genova-Firenze, classificandosi 50° su 65, la Firenze-Roma, giungendo con soli tre quarti d’ora di ritardo sul primo, e la Roma-Napoli, confermando la propria resistenza.

Ma fu con la tappa L’Aquila-Perugia che la ciclista riuscì a catturare ancora più attenzione, aprendo un aspro dibattito a causa del suo arrivo fuori tempo massimo. La giuria si divise quindi in 2 fazioni: chi volle estrometterla e chi fu favorevole a farla proseguire. E fu, ancora una volta, il direttore Emilio Colombo che, avendo capito quale curiosità suscitasse nel pubblico la prima donna ciclista, propose un compromesso: le venne consentito di proseguire la corsa senza però esser considerata in gara. Lei acconsentì e all’arrivo di ogni nuova tappa venne acclamata dalla folla, sostenuta con calore e partecipazione.

Alfonsina Morini Strada continuò il Giro fino a Milano, osservando gli stessi orari e gli stessi regolamenti di tutti gli altri partecipanti. Un giro di 12 tappe per un totale di 3.618 chilometri; la competizione si concluse con la vittoria di Giuseppe Enrici. Dei 90 corridori partiti solo 30 arrivarono a Milano. E lei fu tra loro.

Lei, che scopriva i polpacci indossando pantaloni corti, che portava i capelli “alla maschiaccio” (o “alla bebè” come li avrebbe definiti qualche anno dopo Coco Chanel) e inforcava la bicicletta per il gusto della velocità, mentre nell’immaginario comune era addirittura indecoroso perché collegata a fenomeni di onanismo per via della posizione sul sellino. Lei, che scoprì le 2 ruote a 10 anni, quando il padre nel 1901 portò a casa una vecchia bici, regalo del medico del paese (Castelfranco Emilia, in provincia di Modena), e che nel tempo partecipò a diverse gare locali di nascosto dai genitori.

In un momento, sotto il regime fascista, in cui le convenzioni sociali volevano la donna moglie, madre e casalinga, Strada salì su una bici da uomo e sfidò tutti, iniziando la sua avventura da pioniera dello sport. Lei che volle tenere sempre il cognome del primo marito, Luigi Strada, anche dopo la sua morte, quasi a suggellare un segno del destino che la portò a essere definita “la reginetta della pedivella”. Nel 1938, a Longchamp, conquistò anche il record femminile dell’ora (35,28 km).

Quella di Alfonsina Morini Strada è un’impresa sportiva senza eguali nella storia del Paese che tuttavia non l’ha mai celebrata come avrebbe dovuto. Nel 2010 le ha reso omaggio Margherita Hack, astrofisica di fama internazionale nonché grande appassionata di bicicletta, interpretandola nel video musicale Alfonsina e la bici del gruppo Têtes de Bois.

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