Ambiente

Idroelettrico, una risorsa energetica programmabile

Oggi assistiamo all’evoluzione del sistema elettrico attraverso le energie rinnovabili; c’è il rischio, però, che la produzione arrivi a superare la domanda. È fondamentale, quindi, attivare sistemi di accumulo energetico
Credit: cgtn.com
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10 maggio 2023 Aggiornato alle 14:00

L’idroelettrico può trasformarsi in una grande risorsa energetica programmabile per l’Italia: basti pensare che a fronte di 10 miliardi di euro, necessari come investimento iniziale, si attiverebbero circa 31 miliardi di euro nell’economia. Lo spiega l’European House-Ambrosetti (in collaborazione con Edison) nel rapporto Il ruolo strategico dei pompaggi idroelettrici nella transizione energetica, in cui viene evidenziato come i nuovi impianti di pompaggio idroelettrici siano una tappa fondamentale per il target di decarbonizzazione.

In generale, si sta assistendo a una evoluzione del sistema elettrico, da una configurazione ad alta inerzia a un sistema elettrico a bassa inerzia, caratterizzato da fonti di energia rinnovabili non programmabili, come il solare o l’eolico, che non permettono di essere attivati quando la richiesta di energia elettrica è maggiore, a differenza delle fonti di energia fossile come il carbone o il gas.

Questo vuol dire che il ricorso sempre maggiore a fonti rinnovabili comporterà un aumento dei periodi di overgeneration, cioè quei periodi in cui la produzione supera la domanda e non è possibile esportare l’eccesso verso aree limitrofe, sia perché queste potrebbero trovarsi nella stessa condizione che per mancanza di capacità di trasporto: diventerà quindi fondamentale attivare dei sistemi di accumulo energetico.

L’obiettivo dell’Unione Europea di diventare climate neutral entro il 2050 si avvicina sempre di più anche se i Paesi (in particolare l’Italia), nonostante il lancio del Green Deal Europeo che prevede di raggiungere la carbon neutrality entro il 2050, sono in estremo ritardo. Infatti lo Stivale rischia di raggiungere l’obiettivo sulla quota delle rinnovabili con 24 anni di ritardo se continua a far crescere la sua percentuale di energia rinnovabile, come sta già facendo.

Ciò nonostante, si registra un incremento di risorse non programmabili come fotovoltaico ed eolico a discapito di risorse programmabili come gli impianti termoelettrici. I sistemi di stocaggio sono quindi fondamentali per il futuro dell’energia rinnovabile e del sistema elettrico nazionale, e i vicini elvetici sono un passo avanti.

La Svizzera e il suo stoccaggio di 20 GWh

Ma cerchiamo di capire in cosa consiste la risorsa offerta dagli impianti di pompaggio, vere e proprie sedi di accumulo idroelettrico.

Viene sfruttata principalmente la differenza di quota offerta dai bacini di accumulo idrico a monte e a valle di un rilievo; l’Italia su questo, grazie alle Alpi, è potenzialmente ricca di grandi differenze di quota da sfruttare.

Ipotizziamo quindi di avere un bacino idrico a monte, formato da una diga, che si riempie di acqua grazie alle precipitazioni piovose o allo scioglimento di neve; l’acqua qui conservata viene confluita a valle passando da turbina in grado di sfruttarla per la produzione di energia elettrica.

In un secondo momento l’acqua che giunge a valle non viene dispersa ma riaccumulata in bacini di valle. Quando la rete elettrica produce un eccesso di elettricità, cioè quando la somma dell’energia prodotta da fonti rinnovabili è maggiore della richiesta, questo eccesso viene sfruttato per pompare acqua dal bacino di valle al bacino di monte.

Grazie a gallerie artificiali, l’acqua è quindi in grado di tornare a monte e essere nuovamente sfruttata per la produzione di energia elettrica, ripercorrendo il tragitto da monte a valle per la seconda, poi per la terza, quarta e magari quinta volta, potenzialmente all’infinito.

In Svizzera è attivo il più grande impianto di stoccaggio idroelettrico d’Europa tra un bacino di monte e uno di valle: una potenza di 0,9 GW e una capacità di stoccaggio di 20 GWh a Nant de Drance, quasi al confine con la Francia. I lavori sono iniziati nel 2008 e dopo una spesa di circa 2 miliardi di euro la stazione di pompaggio è in servizio da luglio scorso.

La prima parte dei lavori ha riguardato l’innalzamento di 20 metri della diga esistente su bacino di Vieux Emosson, a 2.225 metri di altitudine, permettendo di raddoppiare la sua capacità e arrivando a 25 milioni di metri cubi di acqua; il bacino di valle è costituito dal lago artificiale da 227 milioni di metri cubi d’acqua, a 1.900 metri di altitudine.

Successivamente è stata realizzata una grande caverna artificiale con oltre 19 chilometri di gallerie di collegamento nella montagna tra il bacino a monte e quello di valle, per ospitare 6 pompe-turbine in grado di movimentare, ciascuna e ogni secondo, una quantità d’acqua pari alla portata media del Po a Torino.

Quando c’è, quindi, un eccesso di produzione elettrica da fonti rinnovabili, in Svizzera questo eccesso viene utilizzato per pompare acqua dal bacino di valle, il lago di Emosson, al bacino di monte, Vieun Emosson. L’acqua pompata a monte può restare lì fino a una richiesta di energia extra o una carenza di energia elettrica nella rete. Quando la richiesta di energia arriva, viene attivato il flusso di acqua da monte a valle, che può far funzionare le turbine a piena potenza per oltre 20 ore, assicurando per lo stesso tempo l’immissione di energia elettrica nella rete.

Il caso svizzero può essere ricollegato agli investimenti fatti in Spagna, Paese che punta ad avere un ruolo di leadership nei pompaggi idroelettrici. Infatti, l’operatore spagnolo Red Electrica de Espana (Ree) ha lanciato a febbraio del 2022 la costruzione del complesso idroelettrico Salto de Chira sull’isola di Gran Canaria. Il progetto prevede la costruzione di una centrale da 200MW tra due bacini esistenti, che andrà ad aggiungere 3,5 GWh di stoccaggio, migliorando le capacità di integrare più energie rinnovabili.

Ree sta infatti investendo più di 400 milioni di euro e stima che il nuovo impianto permetterà di risparmiare 122 milioni di euro l’anno, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili. Una volta operativo, l’isola di Gran Canaria sarà in grado di aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili del 37% entro il 2026.

La situazione in Italia

L’ingegner Alex Sorokin, esperto di sistemi energetici e di sistemi di stoccaggio spiega che «in Italia non mancano bacini idroelettrici a diverse altezze, posti nella stessa valle o in valli contigue e non troppo distanti fra loro - e che - Alcune di queste coppie di bacini sono già utilizzati come sistemi di accumulo», anche se vengono utilizzati molto poco perché sono bacini idroelettrici normali, riadattati per l’accumulo, e quindi soggetti ai problemi di mancanza d’acqua; problemi che hanno già ridotto del 40% la produzione idroelettrica nel 2022.

Come spiega Sorokin, in questi sistemi di stoccaggio appositamente nati con questa finalità, «l’acqua usata per l’accumulo si sposta solo su e giù, senza mai essere scaricata a valle e, in teoria, dovrebbe essere al sicuro dai problemi di siccità».

In Italia, però, la capacità massima annua in TWh accumulabile non è nota nel dettaglio anche se, come dichiara sempre Sorokin, «gli impianti attuali se usati appieno, dovrebbero garantire circa 20 TWh annui di produzione elettrica, arrivando quasi a 30 TWh con i 12 del piano Rse (società Ricerca sul Sistema Energetico, ndr). E siamo già al 10% della produzione elettrica italiana. Estendendo questo piano minimale dell’Rse, peraltro rimasto inascoltato, con altri impianti distribuiti lungo la penisola anche a scopo di accumulo idrico in vista di future siccità, probabilmente potremmo raggiungere 100% o quasi dello storage di medio e lungo periodo di cui l’Italia avrebbe bisogno per funzionare con un sistema 100% a rinnovabili».

Il territorio italiano, per sua natura, si presterebbe a questo tipo di operazione, essendo ricco di dislivelli e d’acqua sia dolce che salata. Oggi risultano presenti 22 impianti di pompaggio sul territorio nazionale, di cui 14 localizzati a Nord; inoltre, l’84% della capacità di stoccaggio è concentrata nei 6 maggiori pompaggi idroelettrici, di cui 4 a Nord e 2 nel Mezzogiorno.

Le possibili soluzioni italiane

Per la regolazione dei pompaggi idroelettrici in Italia ci sono 2 possibili alternative: il Modello declinazione DCO 393 ARERA e il Modello in parte a mercato.

Il primo fa riferimento alla gestione dell’impianto, caratterizzata da minori libertà per l’operatore rispetto all’altra tipologia; il Modello DCO 393 ARERA, infatti, che recepisce gli input del Decreto Legislativo dell’8 novembre 2021 n. 210, prevede che per la gestione dell’impianto ci sia un obbligo di offerta sui mercati e, allo stesso tempo, una remunerazione garantita con eventuale restituzione/reintegro di un differenziale positivo/negativo rispetto agli effetti sui mercati.

Deve quindi esserci una procedura pubblica per la contrattualizzazione della capacità di pompaggio; quindi, l’operatore dovrà restituire al sistema l’eventuale differenza positiva di ricavo, e ricevere un reintegro in caso di differenza negativa. Il principale beneficio di questo modello riguarda quindi la certezza da parte dell’investitore nel ricevere una remunerazione; allo stesso tempo, il principale punto di debolezza sta proprio nel non ricevere alcun incentivo a gestire in modo efficiente l’attività di stoccaggio. Inoltre, questa tipologia si scontra maggiormente con il quadro legislativo europeo poiché il premio fisso destinato all’investitore impatta maggiormente sul consumatore finale.

Il Modello in parte a mercato, al contrario, minimizza l’impatto derivante dal premio fisso sul consumatore finale poiché il programma teorico per l’operatore di pompaggio viene definito in base alle richieste degli operatori di mercato. Questo vuol dire che l’operatore di pompaggio definisce in autonomia la propria programmazione, il che si traduce in una gestione cronologica più complessa che si compone di diversi momenti. Il beneficio principale è riuscire a recepire maggiormente i segnali di mercato, garantendo una gestione efficiente da parte dell’operatore.

La filiera dell’idroelettrico

A ogni modo, lo studio proposto ha permesso di ricostruire la filiera dell’idroelettrico; in particolare sono stati censiti tutti i settori attivati, direttamente o indirettamente, permettendo di quantificare la rilevanza per il sistema Paese, con focus sul mondo della manifattura.

Il valore totale della produzione manifatturiera italiana nel 2022 è stato di 697,8 miliardi di euro, il 14% del totale europeo, inferiore solo alla Germania, con 1.124,9 miliardi di euro. L’Italia riporta un valore di produzione, rispetto alle 150 tecnologie afferenti alla filiera idroelettrica, come a esempio impianti, apparecchiature, pome idrauliche, turbine, di 27,7 miliardi di euro, corrispondete al 15,4 % del totale europeo, e solo di poco inferiore alla somma di Francia, con 17,3 miliardi di euro, e Spagna, con 11,4 miliardi di euro.

Il rapporto Ambrosetti, infatti, esplicita che “è interessante notare come la quota di produzione nazionale di queste tecnologie sia superiore al peso dell’Italia sul totale della manifattura europea (14%), sottolineando un elevato valore strategico della filiera per l’economia nazionale”.

Per concludere, è importante sottolineare un fondamentale punto di forza della tecnologia idroelettrica: la sicurezza di approvvigionamento, che con le sue fonti a livello locale e territoriale riduce la dipendenza da fornitori esteri.

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