Culture

Open To Meraviglia: top o flop?

Un progetto di comunicazione dedicato all’Italia accusato dagli italiani stessi di stereotipare il Belpaese. Funzionerà?
Andy Warhol, "Sandro Botticelli, Birth of Venus"
Andy Warhol, "Sandro Botticelli, Birth of Venus"
Tempo di lettura 4 min lettura
23 aprile 2023 Aggiornato alle 06:30

Piccolo riassunto a beneficio di chi in queste ore ha vissuto nel razzo di Elon Musk: la ministra del Turismo Daniela Santanchè lancia in pompa magna Open To Meraviglia, campagna promozionale curata da Armando Testa che prevede una virtual influencer estremamente peculiare, ovvero la Venere del Botticelli in versione contemporanea, a spasso per le bellezze del Paese. Ovviamente con tanto di account social.

Visto che oggi, oltre a essere una Nazione di commissari tecnici, siamo anche 56 milioni di creativi, a poche ore dal lancio della Venere social ecco subito montare la prevedibilissima ilarità. Non del tutto a sproposito, beninteso: decenni di rutelliani “Please visit Italy”, di VeryBello e di improbabili e fallimentari “Netflix italiane” ci hanno messo del loro ad apparecchiare il malanimo preventivo, a maggior ragione quando senti che l’operazione è costata 9 milioni di euro e ti prende male anche solo per l’enormità della somma (salvo poi scoprire che in quel costo rientra un budget media evidentemente abnorme, dovendo coprire molti mercati esteri di riferimento; ma a quel punto il messaggio decisivo è già passato e su quello s’è richiuso il nostro minimo span of attention).

Eppure l’operazione (che arriva peraltro da un’Agenzia creativa nostrana tra le più blasonate) non è così brutta come la si dipinge. Provo a trovarne i lati positivi, e gli dei mi perdonino se ciò può passare come un seppur minimo fiancheggiare Santanchè e compagni.

Il logo: la bandiera italiana diventa una finestra, con le “ali” rosse e verdi distorte a simboleggiarne le ante. Un’idea semplice, discreta, certo non originalissima ma nemmeno banale: i turisti stranieri, supportati da un immaginario sicuramente stereotipato ma a cui ci attacchiamo un po’ tutti, identificano l’Italia con quella finestra che si apre sul sole, sul borgo, sulla città d’arte, sul panorama. La dolce vita, per un cinese che al mattino si affaccia sullo smog di Pechino o per un abitante di Dubai consapevole di vivere una città giocattolo, è anche aprire gli occhi nel bello, nei sapori autentici, nella storia millenaria. Il concept può essere semplicistico ma non è sbagliato, considerando qual è il target che andiamo a colpire.

Il target: ecco, il cuore del discorso è il target. Insegnamento numero uno della comunicazione: non parli a te stesso, parli a un pubblico ben preciso che va identificato e compreso. Le semplificazioni su cui ridiamo noi (riassumibili in “pizza, mare e mandolino”) non sono necessariamente le stesse per il target di riferimento di una campagna che va a toccare pubblici ben distanti dalla consapevolezza estesa del territorio e delle bellezze che abbiamo (ma poi, è così vero che ce l’abbiamo?). D’altronde, quando andiamo negli Usa, la prima volta sogniamo il Grand Canyon o la chiesetta presbiteriana della cittadina texana? Probabilmente miriamo al bersaglio grosso, per poi farci affascinare dalle tante piccole chicche che qualsiasi territorio racchiude.

La Venere: sì, adesso è indubbiamente trash, una figurina bidimensionale stagliata sopra un’Italia da banca immagini. Ma in potenza (una potenza che non sappiamo se verrà attivata), una virtual influencer può dare e fare tanto, basti pensare a ciò che fanno le omologhe asiatiche di questa Venere contemporanea, e al ritorno a molti zeri sull’investimento. Svariati tool, anche molto potenti, di AI generativa possono essere usati per “animare” (nel senso più profondo di “dare un’anima”) alla bionda protagonista della campagna.

Per quanto riguarda poi la “ferragnizzazione” della nostra eroina, beh, può non piacere ma Ferragni stessa ha fatto fare un balzo di notorietà e di introiti agli Uffizi che scaltramente le avevano commissionato una serie di contenuti social: non è difficile immaginare che proprio da un solido assunto come quello sia partita l’idea, e non è detto che, specie su mercati culturalmente molto diversi dal nostro, la cosa non abbia un suo ritorno.

Insomma, siamo lontani da vette di Paesi come Svizzera o persino Marocco (che sui social fa un lavoro egregio), ma a mio parere le potenzialità di questa Venere rediviva, da un punto di vista strategico, staccano l’ennesimo progetto di promozione turistica del Belpaese dalle fallimentari edizioni precedenti, almeno un po’ e volendoci mettere un pizzico di ottimismo.

Riuscirà Open To Meraviglia a far ricredere i critici per partito preso? Io, se non altro per amor patrio, non ci credo ma un po’ ci spero.

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