Ambiente

Antonella Viola: «Vietare la carne sintetica è sbagliato»

Le proteine animali riprodotte in laboratorio fanno davvero bene al Pianeta? E a chi le mangia? Quali sono gli svantaggi? Risponde a La Svolta l’immunologa, docente e autrice italiana
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
4 aprile 2023 Aggiornato alle 13:00

Quello della carne “sintetica” è un tema che definire dibattuto è un eufemismo. Gli ambientalisti dicono “sì”, il Governo – che con un Decreto ha vietato di “produrre in Italia alimenti derivati a partire da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati” – “assolutamente no”, Coldiretti esulta per la decisione del ministro Lollobrigida e gli esperti cercano di fare chiarezza. In mezzo a questa cacofonia di voci ci sono i consumatori, che spesso si ritrovano nella condizione di non capire più di cosa stiamo parlando, e perché.

Cos’è davvero la carne sintetica? Fa bene? Fa male? A chi? Al Pianeta, agli animali o a chi la mangia? Perché vietarla? Abbiamo cercato di rispondere a tutte queste domande con la Dott.ssa Antonella Viola, immunologa, divulgatrice scientifica e Professoressa Ordinaria di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova.

Prima di tutto, facciamo chiarezza sui termini. Di cosa parliamo quando ci riferiamo alla carne “sintetica” - o come dovremmo dire “coltivata”?

Il termine sintetica è errato. La carne è ottenuta coltivando cellule in laboratorio, nei bioreattori. Le cellule staminali (cellule capaci di generare tessuti di diverso tipo) vengono prelevate dagli animali e cresciute in laboratorio per ricreare il muscolo, cioè la carne che comunemente mangiamo. Quindi non ha nulla di sintetico: è di origine animale.

Quali sono i vantaggi di questo tipo di carne a livello di sostenibilità ambientale?

Prima di tutto è un prodotto che non prevede la morte degli animali: si può mangiare un filetto di manzo senza che nessuna mucca venga cresciuta in un allevamento intensivo o macellata. Poi non inquina, mentre la produzione di carne negli allevamenti intensivi causa un grande inquinamento in termini di emissioni di gas, consumo di acqua e di suolo.

E dal punto di vista della sicurezza? Quali sono i pro e i contro per quanto riguarda questo aspetto?

Coltivare la carne in laboratorio significa eliminare gli allevamenti che possono essere un serio rischio di zoonosi, cioè di malattie che passano dagli animali agli esseri umani. Tenere tanti animali insieme, spesso in condizioni di grande affollamento, è un rischio per la diffusione di patogeni che possono poi colpire anche noi. Inoltre la carne che proviene dai laboratori è microbiologicamente pura, cioè non contiene alcun tipo di patogeno che possa provocare infezioni o intossicazioni alimentari.

Quali sono, invece, gli svantaggi della carne coltivata?

Ad oggi il costo di produzione, ma è sempre così all’inizio di una nuova tecnologia.

Perché, quindi, secondo lei, la scelta di vietarne la produzione e la commercializzazione?

In realtà è una scelta sbagliata per diverse ragioni: prima di tutto perché al momento questo tipo di prodotti non possono essere messi in commercio in Europa perché giustamente si vuole approfondire l’aspetto legato alla sicurezza e non solo. Ma se arrivasse il via libera da parte dell’Europa, allora l’Italia si troverebbe nella assurda situazione di dover consentirne l’ingresso senza poterla però produrre. Un grave danno per l’innovazione e la ricerca made in Italy. Inoltre si è voluto tutelare l’interesse di pochi allevatori non considerando le perdite dovute all’abbandono di un settore in forte espansione. per non parlare della cecità di fronte al tema ambientale.

Secondo un’indagine di Coldiretti, l’84% degli italiani ha qualche tipo di diffidenza nei confronti della carne “in vitro”. Quali sono, a suo avviso, le principali resistenze dei consumatori?

Non ne sanno nulla e l’ignoto spaventa. A questo aggiunga che purtroppo siamo vittime di una retorica che vede “buono” tutto ciò che è naturale e “pericoloso” tutto ciò che deriva dalla scienza o dalla tecnologia. Una narrazione chiaramente sbagliata perché è solo grazie alla tecnologia che la vita media degli esseri umani è passata dai 30-35 anni agli attuali 73 (84 in Italia).

Eppure, mangiamo già dei prodotti “sintetici”, oltre a moltissimi cibi iper-processati e non “naturali”, non è così?

Certamente! E usiamo prodotti derivanti da cellule coltivate in laboratorio. I lieviti che si usano per la birra o per i lievitati, incluso il pane, ne sono un esempio.

A chi fa comodo che la carne coltivata non sia prodotta in Italia, e perché?

Pensandoci bene non fa comodo a nessuno. Una persona che oggi consumerebbe carne ottenuta in laboratorio è una persona che probabilmente ha già rinunciato alla carne ottenuta dalla macellazione. Restare fermi mentre il mondo cambia è il modo migliore per perdere competitività e opportunità per i giovani.

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