Ambiente

Istituzioni culturali e militanti ambientalisti: dialogo tra sordi

Sostenitori di tesi contrastanti hanno provato a confrontarsi riguardo cambiamento climatico e modalità di protesta, ma le istanze sembrano essere ancora lontane
Un momento dell'azione dimostrativa organizzata dagli attivisti di Ultima Generazione nella fontana della Barcaccia in Piazza di Spagna, Roma, 01 aprile 2023. Alle 11:30 tre attivisti di Ultima Generazione hanno versato del liquido a base di carbone vegetale nelle vasche della fontana
Un momento dell'azione dimostrativa organizzata dagli attivisti di Ultima Generazione nella fontana della Barcaccia in Piazza di Spagna, Roma, 01 aprile 2023. Alle 11:30 tre attivisti di Ultima Generazione hanno versato del liquido a base di carbone vegetale nelle vasche della fontana Credit: ANSA/ VINCENZO LIVIERI
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2 aprile 2023 Aggiornato alle 06:30

Un dialogo tra sordi. Si può riassumere così il primo incontro tra i movimenti per il clima e le istituzioni culturali che si è svolto lo scorso 25 marzo 2023 nell’ambito della fiera Fa’ la cosa giusta a Milano, organizzato da Terre di Mezzo in collaborazione con Studio BBS-Lombard.

L’incontro verteva sul tema dei ripetuti “imbrattamenti” di monumenti e di opere d’arte nei musei delle maggiori città europee, rivendicati dagli attivisti per il clima con lo scopo di portare all’attenzione dei media il tema della crisi ambientale. Azioni spesso condannate come atti di vandalismo dal mondo della cultura e della politica, oltre che dalla stessa cittadinanza.

Il panel Arte, attivismo e cura dell’ambiente, moderato dalla comunicatrice scientifica Sara Segantin ha visto avvicendarsi gli interventi in difesa del clima di Maria Letizia Ruello di Ultima Generazione e Marta Maroglio di Fridays For Future; e in difesa dei musei di Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi di Modena, e Michele Lanzinger, presidente di Icom Italia e direttore del Muse di Trento.

Ad aprire il dibattito la convinzione unanime della necessità di affrontare il problema del cambiamento climatico e di collaborare a una soluzione comune, tenendo conto delle indicazioni del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change).

Successivamente la direttrice delle Gallerie Estensi di Modena Martina Bagnoli ha evidenziato che «i musei, non solo in Europa, sono già allineati sull’importanza e sull’urgenza di un’azione concertata per favorire la transizione ecologica. Abbiamo già corsi didattici, allestimenti e mostre che parlano di temi ambientali. Il lavoro che i musei possono fare è essere più efficienti nel ridurre le emissioni e insegnare agli altri a farlo».

A sostegno della sua tesi, Michele Lanzinger ha evidenziato che «i temi dello sviluppo sostenibile e della crisi climatica sono al centro dell’agenda dei musei Icom - e ha ricordato come - la nuova definizione del 2022 dei musei come luoghi che promuovono la sostenibilità» ne sia la conferma.

In risposta la portavoce di Fridays For Future Marta Maroglio ha commentato: «La crisi climatica riguarda tutti e tutte. Dovremmo essere tutti parte della soluzione e attivisti per il clima, compresi i lavorati dei musei che dovrebbero fare pressioni alla politica».

A farle eco è stata Maria Letizia Ruello di Ultima Generazione che ha rivendicato le loro «azioni di disobbedienza civile non violenta per ottenere misure di contrasto al collasso ecoclimatico. Va bene sensibilizzare le coscienze, ma penso che i migliori alleati dell’arte siano gli attivisti per il clima che stanno chiedendo alla politica di agire subito perché non c’è più tempo. Chi ha il potere deve esercitarlo per chiedere la fine dei finanziamenti alle compagnie del fossile, anche con degli scioperi nei musei».

Da parte loro i rappresentanti delle istituzioni hanno tentato di spiegare alle attiviste che non è compito dei luoghi della cultura farsi portavoce di battaglie politiche e azioni di protesta. Ma, come già fanno, i musei possono e devono sensibilizzare sui temi di attualità, come la crisi climatica, e favorire i cambiamenti culturali che sono alla base dei comportamenti delle persone. Questo «nell’ambito delle modalità che ci sono consone come luoghi di sensibilizzazione, di comunicazione, di spazi di creatività, con attività di co-creazione, co-partecipazione e residenze artistiche», ha specificato Michele Lanzinger.

Marta Maroglio ha invece ribadito che «un museo deve essere un’entità aperta, in collegamento con la società, la piazza in cui possono essere portate le istanze dei cittadini e dei movimenti», sottolineando che li considera ancora come luoghi chiusi e stantii.

«Credo che si debba portate il dibattito su basi di costruzione e non di distruzione - ha chiosato Martina Bagnoli - Il ruolo di un museo è quello di incontrare i bisogni del pubblico e di lavorare in maniera consensuale, non di mettersi in opposizione».

A conclusione del dibattito, il presidente di Icom Italia ha proposto agli attivisti «la redazione di un manifesto in cui, oltre alle motivazioni dell’urgenza della protesta, si chiarisca il modo di agire nei confronti delle opere d’arte perché i cittadini non capiscono il senso di queste azioni ai danni del patrimonio artistico».

In effetti una vera ragione per colpire le opere non c’è, ammette Maria Letizia Ruello di Ultima Generazione, affermando che «i musei sono stati un momento impattante ma non sono l’obiettivo».

È del tutto evidente che gli attivisti non frequentano i musei. Così come è chiaro che le loro azioni hanno come scopo il disturbo della cittadinanza. Quello che non si comprende è il nesso tra le opere che decidono di “imbrattare” e l’obiettivo dichiarato del disinvestimento in energia fossile.

Nel mezzo di questo scontro finisce, inerme e indifeso, il nostro patrimonio artistico che ha l’unica colpa di avere fama e riconoscibilità. O come si usa dire in questa epoca della comunicazione: potere mediatico. Ecco a cosa mirano realmente gli attivisti. A usurpare la visibilità alle opere.

E allora vale tutto, dal lanciare una zuppa su un quadro di Van Gogh fino a sporcare Palazzo Vecchio a Firenze. Gesti che, mentre irritano la collettività che li considera beni comuni, producono notiziabilità.

Una doppia reazione che ha trasformato queste azioni in performance comunicative piuttosto che in atti dalla valenza politica. Non sembra infatti che i tavoli di lavoro siano le finalità degli attivisti, altrimenti si sarebbero accorti (o forse non se ne vogliono accorgere?) di avere già degli alleati tra le istituzioni culturali, come Icom, con cui dialogare e dare vita a un dibattito costruttivo.

La direzione è quella mostrata dal Leopold Museum di Vienna che, dopo essere stato mira di Ultima Generazione con l’imbrattatura di Morte e vita di Gustav Klimt a novembre 2022, a marzo 2023 ha appeso 15 opere inclinate. Si tratta di paesaggi di artisti famosi, come Egon Schiele, Gustave Courbet e Koloman Moser, che a causa del riscaldamento globale potrebbero non apparire più come sono stati raffigurati oltre cento anni fa.

L’inclinazione dei quadri corrisponde agli stessi gradi di cui potrebbe aumentare la temperatura nei luoghi dipinti. È una campagna di sensibilizzazione per la crisi climatica, realizzata dal museo in collaborazione con 12 scienziati e con la rete di ricerca sul clima CCCA (Climate Change Center Austria), che ambisce a dare forma ai dati che spesso rimangono percepiti solo come numeri, creando consapevolezza nel pubblico. E sostenendo la causa degli ambientalisti.

Ma i militanti del clima non sono interessati a fare proprio quello che accade nei musei, a attualizzare la storia dei dipinti e a fare leva sul loro valore materiale e immateriale ma si concentrano unicamente sulla popolarità delle opere.

La loro relazione con il patrimonio artistico è priva di contenuto e non fa riferimento al suo significato intrinseco. Usano le opere e i monumenti come set delle loro azioni, come sfondi per i loro gesti.

Forse, quindi, dovremmo interrogarci su come abbiamo comunicato l’arte e raccontato la cultura negli ultimi decenni. Il valore che ne abbiamo narrato ci sta tornando indietro come fonte di eco mediatica: tutto involucro senza contenuto né messaggio. Ci è sfuggito di divulgare e far comprendere il senso delle opere nella quotidianità. Nel promuovere l’arte volevamo portare le persone nei musei e quello che gli attivisti ci stanno dicendo, indirettamente, è che non ci siamo riusciti.

E allora la sfida di oggi è questa: portare gli attivisti dentro i musei e accogliere all’interno dei luoghi della cultura la loro protesta, utilizzando i linguaggi che sono propri di questi spazi. Ma per farlo non basta solo la disponibilità delle istituzioni, anche i movimenti devono mettersi in ascolto, accettando di collaborare in modalità che non siano unicamente di scontro. Altrimenti si resta al dialogo tra sordi.

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