Ambiente

Alto Adige: è scandalo pesticidi

590.000 trattamenti in 7 mesi. In una valle dell’Alto Adige, un processo giudiziario fa emergere dati sull’uso di pesticidi per la coltivazione intensiva di mele. Quali sono i rischi per la salute e l’informazione?
Credit: Greenlife
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31 marzo 2023 Aggiornato alle 17:00

Che per i meleti d’Italia da sempre si usino quantità molto elevate di pesticidi è un segreto di pulcinella. Ciò che si conosce meno è la difficolta ad avere un’informazione oggettiva sulla questione.

Ci ha provato l’Ong Bavarese Umweltinstitut München, che il 25 gennaio 2023 ha pubblicato un report sull’utilizzo di pesticidi nelle coltivazioni di mele della Val Venosta, Alto Adige. Tuttavia, i dati riportati non sono aggiornati e si riferiscono al 2017. Perché così indietro? Per sbirciare i numeri è servito un tribunale.

Come illustra il comunicato stampa del 25 gennaio degli European Greens, la questione va analizzata partendo dal 2020, quando un dipendente dell’Ong Umweltinstitut München, Karl Bär (attualmente membro dei Verdi del Bundestag tedesco), espone pubblicamente a Monaco di Baviera un poster, satira di una campagna turistica provinciale, e pubblica un articolo sul dominio web Pestizid Tirol (il Tirolo dei pesticidi, ndr, per denunciare l’uso intensivo di fitosanitari in melicoltura).

Il gesto – parte di una più ampia azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui rischi per ambiente e salute dovuti all’uso elevato di sostanze chimiche in agricoltura – porta Bär a essere accusato di contraffazione del marchio da parte dell’assessore altoatesino Arnold Schuler e da 1376 produttori, che lo citano in giudizio. Secondo i querelanti, l’iniziativa avrebbe danneggiato il lavoro degli agricoltori e l’immagine dell’intero Alto Adige.

Il processo prosegue e dopo 20 mesi di dibattimento nel 2022 si conclude con una assoluzione piena.

Nello specifico, il tribunale italiano sentenzia l’improcedibilità dell’azione penale. La Procura di Bolzano aveva infatti richiesto di modificare – prevedendo il passaggio da contraffazione del marchio a diffamazione – il capo di imputazione.

Non essendo la diffamazione perseguibile d’ufficio, le accuse sono cadute. Nel frattempo, infatti, i 1376 produttori avevano ritirato tutte le querele, anche grazie alla pressione internazionale, che si era attivata contro il tentativo di mettere a tacere la società civile.

Lo stesso Consiglio d’Europa, nell’ottobre 2020, aveva definito il processo altoatesino un’azione legale strategica (una cosiddetta SLAPP, Strategic lawsuits against public participation) e quindi un vero e proprio attacco alla libertà di espressione.

Nel corso del procedimento, conclusosi con l’assoluzione di Bär, la polizia giudiziaria italiana sequestra però come prova i 681 registri aziendali di cui all’inizio.

I dati derivanti dai registri sequestrati, analizzati da Umweltinstitut München e diffusi il 25 gennaio scorso grazie a un’inchiesta condotta dalla emittente bavarese Bayerischer Rundfunk e dal quotidiano Süddeutsche Zeitung, dimostrerebbero che tra l’inizio marzo e la fine di settembre 2017 i frutticoltori della Val Venosta hanno effettuato 590.000 irrorazioni.

Mai un giorno di sosta in sette mesi e una media di circa 38 trattamenti per singolo meleto. Nonostante i dati non rappresentino l’intera Val Venosta – e men che meno l’Alto Adige, che produce un milione di tonnellate di mele l’anno, ossia il 40% della produzione nazionale e circa il 10% di quella europea - la vicenda offre numerosi spunti di riflessione sul dilemma dell’uso dei pesticidi nell’agricoltura intensiva: dalla libertà di espressione minacciata dalle querele temerarie alla riservatezza dei registri fitosanitari, dall’impatto ambientale dei pesticidi fino alle conseguenze negative degli stessi sulla salute dei cittadini e degli agricoltori.

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