Diritti

Tanto Covid per nulla

Non dovevamo uscirne migliori? Più uniti, più rispettosi dell’ambiente? E invece non è andata così: abbiamo ripreso la stessa vita di sempre. Che occasione sprecata
Credit: Cottonbro Studios

La sensazione principale, in quei giorni, era quella dell’irruzione della “Storia” nella vita di tutti i giorni. Una sensazione certo inquietante da un lato, ma per certi versi paradossalmente liberatoria. Insomma, finalmente un “Evento” con la “e” maiuscola ci stava costringendo (il Covid e il primo lockdown iniziato 3 anni fa, a marzo) a fare i conti con noi stessi e il nostro stile di vita. A fermarci, letteralmente, tanto da essere costretti a stare chiusi a casa. A chiederci dov’è che volevamo andare: in altre parole, in fondo, chi eravamo e chi volevamo essere.

In quei mesi, e in quelli che seguirono, si creò anzitutto una sorta di sentimento comune, un’unità forse prima mai sperimentata. A livello di famiglia, a livello di condominio (finalmente tutti ci siamo conosciuti, con gli aperitivi in terrazza) ma anche a livello di nazione. “Ce la faremo”, “Andrà tutto bene”, dicevamo, convinti non solo che il Covid sarebbe finito ma che ne saremmo usciti rafforzati, migliori.

Perché quell’esperienza, eravamo sicuri, ci avrebbe cambiato per sempre, nulla sarebbe stato come prima.

Quella natura rinata sotto i nostri occhi

Per la prima volta, poi, il Covid ci ha costretto a una riflessione collettiva riguardo i danni inferti da noi alla natura. Non c’era bisogno di approfondire il legame tra deforestazione e virus, il fatto che gli insediamenti umani hanno tolto ogni barriera tra noi e le specie portatrici, rendendo possibile il contagio; non c’era bisogno di conoscere a fondo la crisi climatica e l’Antropocene. Bastava guardare come la natura si riprendeva, con noi chiusi in casa. Nevicò pure tantissimo, quell’anno, come non succedeva da tempo. Le emissioni, a livello mondiale, crollarono, per la prima volta da quando erano state calcolate. Il mondo respirava.

Un altro fronte sul quale eravamo sicuri che mai le cose sarebbero tornate come prima era la sanità. La strage degli anziani soli in Rsa affollate ci aveva fatto dire “basta” a quel modello. Lo sforzo straordinario di sanitari e delle strutture ospedaliere ci aveva convinto che sulla sanità si sarebbe dovuto investire massicciamente negli anni a venire. Le immagini di amici e parenti intubati non ce le saremmo dimenticate, mai.

Il ritorno dell’individualismo di massa

Eppure, sono passati 3 anni e il Covid è un ricordo lontanissimo, che torna in mente solamente quando si entra in strutture sanitarie dove ancora si porta la mascherina e ci si siede alternati. Ma a guardare quel divieto scritto in rosso sulle poltrone quasi si fa fatica a collegarlo agli eventi di appena 3 anni fa.

Dovevamo uscirne migliori. Lo è stato? Quasi per nulla.

I condomini sono tornati luoghi fatti di tanti individui isolati, ciascuno nel proprio appartamento. La sensazione di unità collettiva, di essere un popolo unico sofferente ma vivo è scomparsa. Siamo tornati, appunto, monadi come prima, ognuno, di nuovo, con il suo progetto di vita scollato da tutto il resto, ognuno ansioso di riprendere la vita esattamente nel punto in cui l’aveva lasciata. Il Covid come un incidente, una parentesi.

Più viaggi, più turismo, più tutto: l’impennata delle emissioni

Dovevamo uscirne migliori, almeno su un punto: la consapevolezza che il nostro stile di vita collettivo era insostenibile per l’ambiente. E invece!

Il turismo di massa è ripartito e ha raggiunto quasi i livelli pre Covid. Le persone in tutto il mondo hanno ricominciato a spostarsi follemente, come prima, prendendo aerei a tutto spiano, pianificando viaggi, di lavoro, di piacere. Il numero di sciatori totali, in Italia, quest’anno, è aumentato, nonostante non nevichi quasi più e si scii solo su neve artificiale.

Incredibilmente, le vallate grigie delle montagne nulla possono contro la nostra volontà di riprendere tutto come prima, senza modificare nulla, fosse almeno una settimana bianca che di bianco non ha più nulla. Le emissioni sono tornate a crescere, fino a impennarsi: le conseguenze le tocchiamo con mano, temperature tropicali, acqua che manca, agricoltura in ginocchio.

E almeno sulla sanità, ne siamo usciti migliori? Macché. Passato il Covid, si è scoperto che la nostra sanità aveva un deficit talmente strutturale che ormai le prestazioni di base sono coperte per oltre metà dai privati. Mancano soldi, mancano medici, manca tutto, ma i fondi previsti sono scarsi e non basteranno a risanare gli ospedali e le Asl. Le Rsa rimangono dove sono, gli anziani pure, d’altronde non abbiamo sviluppato nessun modello di assistenza alternativo.

Una eccezionale occasione sprecata

Ma allora, tanto Covid per nulla? Sarebbe bello poter dire di no, ma invece è così. Certo, è vero che le trasformazioni più radicali sono quelle graduali, che avvengono dall’interno, senza che ci siano choc esterni. Però è anche vero che da sempre eventi traumatici, la guerra in primis, portano a cambiamenti radicali.

E dunque sì, possiamo dire che abbiamo sprecato (magari inavvertitamente, magari per il giusto desiderio di tornare a vivere una vita normale) un momento di eccezionalità storica che poteva aprire a spiragli di riflessione altrettanto eccezionali.

Solo che, purtroppo, sprecare un lockdown è la strada migliore perché se ne apra un altro. A causa di un altro virus, è possibile, ma anche a causa di una crisi climatica sempre più grave e che prima o poi costringerà chi ci governa a prendere misure straordinarie.

Scrivevamo “Andrà tutto bene”. Se intendevamo che saremmo tornati a fare la stessa vita di prima, è stato così. Se invece credevamo, con quelle parole, che l’esperienza ci avrebbe trasformato, che saremmo guariti anche dall’individualismo, dal saccheggio della natura, da un’idea di sanità sbagliata allora, tanto bene non è andata.

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