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Chi è Maria Lvova-Belova?

La commissaria russa per i diritti dei bambini è stata accusata dalla Cpi di aver deportato forzatamente migliaia di bambini ucraini in Russia. Qual è la sua storia?
Credit: Telegraph.co.uk
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21 marzo 2023 Aggiornato alle 13:00

La Corte penale internazionale (Cpi) ha disposto contro di lei un mandato di arresto con l’accusa di deportazione illegale di bimbi ucraini. Il Governo russo la esalta come «colei che protegge i bambini».

Maria Alekseyevna Lvova-Belova è finita negli ultimi giorni sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Gli inquirenti della Cpi accusano lei e il Presidente russo Vladimir Putin di avere trasferito forzatamente migliaia di bambini ucraini in Russia o nelle zone occupate. Ma chi è Lvova-Belova?

Nata nel 1984 a Penza, Lvova-Belova muove i primi passi nel mondo della musica: si laurea in conduzione di orchestra e per i primi anni è maestra di chitarra. Col passare del tempo si avvicina alla politica: nel 2011 entra nella Camera civica dell’Oblast di Penza mentre nel 2019 diventa cosegretaria regionale del Fronte popolare panrusso, coalizione guidata da Putin. Durante la sua carriere politica si occupa molto di temi come la disabilità e l’inclusione.

La ribalta nazionale vera e propria arriva nel 2021 quando viene nominata commissaria federale per i diritti dei bambini.

L’anno successivo la Russia invade l’Ucraina e Lvova-Belova finisce nell’occhio del ciclone per via del suo ruolo. Considerata uno dei funzionari più fedeli di Putin, subisce le sanzioni di Unione europea, Stati Uniti, Giappone e Regno Unito.

Il suo ruolo la vuole in prima linea nella campagna di “integrazione” dei bimbi ucraini residenti nelle zone interessate dal conflitto. Lei non si tira indietro. Anzi, adotta personalmente un quindicenne di Mariupol rimasto orfano.

In totale, oggi Lvova-Belova è madre di 23 bambini: cinque sono biologici, gli altri 18 sono adottati. Ma è proprio l’ultima adozione a scatenare le polemiche maggiori.

Lvova-Belova decide di renderla pubblica durante un incontro personale con Putin. Nel corso della conversazione la commissaria dice a proposito del nuovo figlio: «Ora so cosa significa essere madre di un bambino del Donbas. È difficile, ma ci vogliamo bene. Penso che possiamo affrontare qualsiasi cosa». Di tutt’altro avviso la Cpi e diversi attivisti occidentali che l’accusano di star deportando con la forza giovanissimi ucraini per “educarli» e costringerli a prendere la nazionalità russa.

La commissaria è anche in prima linea nella difesa del gruppo militare russo Wagner. Nel febbraio del 2023 chiede che i familiari dei caduti in battaglia abbiano agevolazioni simili a quelle dei cari dei soldati regolari.

Ora il suo modello di “integrazione” è finito sotto le lenti della Cpi. Lei nel corso dei mesi ha descritto il processo lamentandosi del fatto che alcuni dei bambini adottati «parlavano male del Presidente [russo], dicevano cose orribili e cantavano l’inno ucraino» per poi aggiungere che dopo essere stati affidati a famiglie adottive in Russia i piccoli «hanno iniziato a integrarsi». Chissà se un giorno verrà a spiegarlo di persona alla Cpi.

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