Diritti

Ue: prime sanzioni per la violenza contro le donne

Il Consiglio europeo ha intrapreso azioni punitive nei confronti di 9 persone e 3 entità per “violenze sessuali e violazioni su larga scala dei diritti delle donne”. Non era mai accaduto prima
Credit: Anna Shvets
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13 marzo 2023 Aggiornato alle 13:00

È un avvenimento storico: per la prima volta l’Unione europea ha adottato delle sanzioni per punire la violenza contro le donne.

Già nel 2022 il Consiglio aveva espresso preoccupazione per l’effetto sproporzionato che i conflitti armati continuavano ad avere su donne e ragazze in tutto il mondo, oltre che per la prevalenza della violenza sessuale e di genere, compresa quella connessa ai conflitti, offline e online.

Nel tempo, Bruxelles ha dimostrato un impegno sempre maggiore per intensificare gli sforzi al fine di contrastare la violenza e combattere l’impunità. Così, a distanza di pochi mesi, quella forte preoccupazione del 2022 si è trasformata in un’azione storica che sancisce l’inizio dell’adozione di misure punitive nei confronti di chi viola i diritti umani in generale e delle donne in particolare.

La svolta è arrivata con il provvedimento del Consiglio europeo, adottato ufficialmente il 7 marzo scorso, che ha coinvolto 3 entità e 9 persone ritenute responsabili di ripetute violenze sessuali e violazioni su larga scala dei diritti delle donne.

«Non importa dove accada, combatteremo ed elimineremo tutte le forme di violenza contro le donne», ha dichiarato Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza.

E così, dalla Russia al Sud Sudan, passando dall’Iran e dall’Afghanistan, nella lista nera dell’ Ue sono finiti: due ministri talebani – Neda Mohammed Nadeem, ministro dell’Alta educazione, e Sheikh Muhammad Khalid Hanafi, ministro della Propagazione della virtù e della prevenzione del vizio –, ritenuti responsabili per i decreti che vietano l’istruzione superiore alle ragazze in Afghanistan e che attuano pratiche di segregazione di genere negli spazi pubblici; alcuni ufficiali della stazione di polizia di Mosca, accusati di arresti e detenzioni arbitrarie e di torture e altri trattamenti “crudeli, inumani e degradanti” nel contesto della censura e dell’oppressione perpetrata dalle autorità russe; gli ufficiali di governo che comandano le milizie del Sud Sudan, responsabili di usare in modo esteso e sistematico la violenza sessuale e di genere come arma di guerra e, infine, il vice ministro degli Interni in Myanmar.

Sotto accusa da parte di Bruxelles anche il carcere femminile di Qarchak, in Iran, nel quale le donne sono state vittime “di torture, stupri e altre forme di violenza sessuale”; la Guardia repubblicana in Siria, colpevole di “violenti stupri e torture durante le detenzioni arbitrarie”, in particolare nell’ambito del conflitto mediorientale e, infine, lUfficio del capo degli Affari di sicurezza militare in Myanmar, dove “i funzionari sono colpevoli di violenze come stupri, elettroshock, bruciatura dei genitali e nudità forzate”.

Tutti i soggetti e le entità finite sotto accusa e iscritte nella black list europea, ora saranno soggette a congelamento dei beni nell’Ue e al divieto di viaggio verso l’Europa, mentre alle persone ed entità nell’Ue sarà vietato mettere fondi a disposizione, direttamente o indirettamente, delle persone elencate.

Il provvedimento, che è stato reso possibile grazie al Regime globale di sanzioni dell’Unione europea in materia di diritti umani - un regime istituito nel 2020 che consente all’Ue di prendere provvedimenti nei confronti di persone, entità e organismi, compresi soggetti statali e non statali, responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo, o coinvolti in tali atti o a essi associati - ha sottolineato la determinazione dell’Unione nella lotta contro le gravi e ripetute violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo.

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