Ambiente

«Non basta tappare i buchi della rete idrica, serve una visione per il futuro»

Gli acquedotti italiani hanno una media di perdite di oltre il 40%. I nuovi piani puntano a ridurle ma, secondo il presidente di Ampp Italy Chapter Marco Cattalini, andrebbero invece prevenute
Credit: Andre Moura
Tempo di lettura 5 min lettura
7 marzo 2023 Aggiornato alle 07:00

L’emergenza siccità che sta colpendo l’Italia in questo inverno dimostra ancora una volta la necessità di giocare d’anticipo per preservare il nostro bene più prezioso: l’acqua.

Oggi la carenza di risorse idriche è soprattutto dovuta dall’assenza di neve sulle montagne, oltre che alle scarse precipitazioni: come possiamo prenderci cura dell’acqua che abbiamo? Come la stiamo gestendo in Italia?

Tra i nodi dell’ultimo tavolo tecnico idrico, in cui si è pensato di affrontare l’emergenza siccità nominando un commissario per l’acqua e utilizzando fondi del Pnrr, uno dei punti discussi è stato anche la riparazione e la manutenzione della rete idrica.

Gli acquedotti italiani hanno una media di perdite che supera il 40%, cifra che può risultare impattante in un Paese dove in media ogni italiano usa 236 litri al giorno, contro la media europea di 125 litri.

In Italia, in un anno vengono immessi nella rete idrica italiana 8,2 miliardi di metri cubi di acqua, ma ne utilizziamo solo 4,7 miliardi dato che gli altri 3,5 miliardi vengono dispersi spesso per via delle cattive condizioni dell’infrastruttura idrica.

Come percentuali, ogni 100 litri immessi nella rete di distribuzione 42 non arrivano ai rubinetti e l’Istat stima che recuperando queste perdite potremmo fornire acqua a circa 44 milioni di persone in un anno, quasi due terzi della popolazione.

Uno dei problemi relativi alle perdite è che molte reti sono antiquate, con il 60% posizionato almeno trent’anni fa e quasi un quarto circa mezzo secolo fa.

Ma è possibile trovare una soluzione per giocare d’anticipo sulle possibili perdite, oppure per immaginare uno scenario migliore per il contenimento delle risorse idriche?

Lo abbiamo chiesto a Marco Cattalini, presidente di Ampp Italy Chapter (Association for Materials Protection and Performance) che offre uno sguardo da esperto soprattutto sui materiali con cui sono state realizzate le reti idriche, e le possibili cure.

Stiamo facendo abbastanza per intervenire e curare le perdite delle reti idriche?

Ci sono tante cose che vengono fatte e altre che sono state pianificate, ma credo manchi ancora un cambio di passo. Bisogna partire da un presupposto: ci sono fenomeni naturali, come la corrosione, che sono tra i più impattanti sulla rete idrica. Per fare i tubi dell’acqua o li facciamo in acciaio che sono molto resistenti, o di plastica ma sono più difficili da gestire, oppure in cemento. La maggioranza dei tubi in Italia sono d’acciaio e si consumano. Finora si è vista l’acqua come un bene che costa poco e non è pericoloso: di conseguenza i distributori, anche davanti a un bel po’ di perdite, hanno sempre ovviato al problema pompando più acqua nei tubi d’acciaio. Ma questo ha portato a rimandare il problema. La gestione delle perdite della rete, così come la consapevolezza dell’importanza del bene acqua, è diventata infatti concreta solo da pochi anni, dato che è un bene a rischio: le riparazioni stanno aumentando, ma in questo contesto - anche relativo alla corrosione - manca purtroppo ancora una visione a lungo termine.

Dunque non basta tappare i buchi, ma bisogna guardare al futuro?

Sì, non basta tappare i buchi o mettere linee nuove: serve la possibilità di prevenire il crearsi di nuovi problemi. Ci sono corrosione, smottamenti, terremoti, incidenti, escavatrici che rompono tubi magari quando mettono la fibra ottica, un sacco di possibili problemi. Prima che questi continuino ad avvenire, serve una mentalità che vada a pensare all’installazione di una struttura a lungo termine, sarebbe un passo fondamentale per riuscire a garantire l’integrità del patrimonio della rete italiana, quasi 300.000 chilometri di tubi. Guardare al futuro ha un costo, ed è spesso vincolato alla produttività, ma dobbiamo immaginarci per esempio di predisporre ovunque sistemi anticorrosivi. Per il gas per esempio - vista la sua pericolosità - le autorità hanno regole chiare da seguire per evitare la corrosione. Per l’acqua invece - in termini di prevenzione - ancora non viene fatto.

E come ci si può arrivare?

Serve volontà politica per farlo. Ma non con un sistema punitivo, del tipo “tutti i Comuni da ora in poi devono avere sistemi anticorrosivi o altrimenti fioccano le multe”, ma con un sistema preventivo, attraverso l’impegno nell’installazione di nuove linee che possano reggere davvero a lungo.

Quanto le nuove tecnologie possono aiutare nella gestione delle perdite?

Le nuove tecnologie possono molto aiutare se usate nel modo corretto. Mi vengono in mente le mappe intelligenti fatte attraverso il sistema di gestione satellitare: grazie a queste si possono identificare perdite idriche dell’acquedotto addirittura dalla variazione di umidità del terreno rilevata dal satellite. Oppure sistemi e mappatura completa dei valori potenziali di corrosione di una struttura in tempo reale, o ancora riuscire ad avere dati sufficienti per fare manutenzione predittiva dei danni sulle linee, metodi che permettono di giocare d’anticipo e garantire una migliore qualità del servizio sia per il bene degli utenti italiani, sia per una buona economia da parte dei gestori.

Tra le tecniche ideate per contrastare la corrosione a umido dei metalli c’è la protezione catodica.

Esatto, si tratta di un sistema che invia corrente continua sulla superficie delle strutture interrate e immerse che si vogliono proteggere e, attraverso un meccanismo elettrochimico che rimuove le specie ossidanti, rallenta fino a valori accettabili la velocità di corrosione.

Leggi anche
La portata del fiume Po è diminuita drasticamente per la siccità invernale formando isole e spiaggette all'altezza di piazza Vittorio, Torino (10 febbraio 2023)
TOP NEWS
di Giacomo Talignani 4 min lettura
Siccità
di Giacomo Talignani 4 min lettura