Diritti

Le mani del Gruppo Wagner sull’oro africano

Ancora una volta, in Africa i diritti non sono solo violati ma addirittura del tutto negati. O forse mai nati
Credit: Thoma Coex
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21 febbraio 2023 Aggiornato alle 06:30

Mentre le Nazioni Unite chiedono di svolgere delle investigazioni sui crimini del Gruppo Wagner nel Mali (si parla di vere e proprie stragi commesse in un villaggio con uccisioni di centinaia di persone), nella Repubblica Centrafricana, uno degli Stati più poveri del mondo, lo stesso Gruppo Wagner prende il controllo dei giacimenti auriferi.

Si tratta di ricche miniere che renderanno almeno un miliardo di dollari di profitti: profitti da utilizzare per acquistare armi e remunerare i propri mercenari. A leggere la descrizione e la rilevanza dei lavori in corso fatte dai funzionari delle Nazioni Unite, il pensiero corre alle immagini del Signore degli Anelli, alle fornaci attive giorno e notte del Mago Saruman il Bianco, volte a produrre nuove e terribili macchine da guerra in vista dello scontro finale tra il bene e il male.

Immagini raccontate, ma non documentate, perché le autorità della Repubblica Centrafricana hanno vietato ai droni delle forze di pace Onu di sorvolare la zona (peraltro munita di artiglieria antiaerea), e va da sé che dove l’occhio non arriva, si può fare di tutto con buona pace per i diritti umani.

Gli Occidentali non hanno certo la coscienza pulita nello sfruttamento delle risorse naturali africane, basta ricordare i soprusi e i crimini eseguiti dai belgi in Congo (allora proprietà personale di re Leopoldo II), dove gli indigeni venivano forzati a lavorare e raggiungere elevati obiettivi di raccolta e produzione della gomma dall’albero del caucciù, sotto la minaccia concreta di amputazioni di mani, piedi o mammelle sui lavoratori e i loro figli.

Si trattò di milioni di persone, scandalo che ebbe fine solo dopo la coraggiosa opera della fotografa Alice Seeley Harris con il marito John Harris, due missionari inglesi che documentarono al mondo intero cosa stava accadendo nel 1904: quattro anni dopo Leopoldo II fece bruciare i suoi archivi per distruggere le prove delle atrocità commesse e ci vollero ben 8 giorni.

Tornando all’oro africano, il Gruppo Wagner non è attivo solo nella Repubblica Centrafricana, ma anche nel confinante Sudan, dove la notizia delle stragi compiute è della scorsa estate, e in altri Paesi quali il summenzionato Mali.

Ma come può accadere ancora ciò in questo secolo?

Il dramma dell’Africa è che spesso i confini, tracciati dalle potenze coloniali, raggruppano etnie diverse e spesso in contrasto tra loro. Il radicalismo religioso, non solo quello islamico ma anche quello di molte sette cristiane che spesso assumono posizioni intransigenti nei confronti di qualsiasi diversità, conduce a esacerbare i contrasti.

Basta quindi che uno dei gruppi etnici giunga al potere, perché provi, in assenza di adeguati meccanismi democratici o di forze di pace, a mantenere il potere, contrastando i movimenti guerriglieri delle fazioni avverse, attraverso l’uso di truppe mercenarie.

In questo, il Gruppo Wagner dimostra delle capacità che forze di pace non possono assicurare. I mercenari hanno infatti una profondità e libertà di azione che nessun altro potrebbe permettersi, salvo la menda che essi vanno pagati.

Da qui l’occupazione delle miniere che consentono anche di aiutare la Russia a superare le ristrettezze legate alle sanzioni economiche. L’uso del terrore si presta inoltre a causare nuove migrazioni che vedono il naturale sbocco in Europa, con effetti di destabilizzazione, in quel più largo scacchiere che ormai vede l’Occidente di nuovo in contrasto con l’Oriente.

Così ancora una volta, in Africa, non solo i diritti sono violati ma addirittura sono del tutto negati e forse mai nati. E ben si possono comprendere le parole pronunciate da Papa Francesco a Kinshasa pochi giorni fa: giù le mani dall’Africa!

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