Diritti

Stop auto benzina e diesel, le reazioni della politica

Secondo il ministro Fratin l’exit strategy porterà a un «comparto riconvertito più forte». Matteo Salvini parla invece di «una decisione folle e sconcertante». Per Pd e M5S è una «vittoria dell’ambiente»
Credit: Brady Knoll
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
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15 febbraio 2023 Aggiornato alle 15:00

Non tutti salgono sul carro del vincitore. Soprattutto se il carro proviene dall’Europa e dal 2023 non potrà più viaggiare a benzina o diesel.

Dopo il via libera definitivo del Parlamento europeo allo stop alle nuove immatricolazioni di auto e furgoni inquinanti a partire dal 2035, infatti, le reazioni della maggioranza, le cui delegazioni hanno votato in modo compatto per il no sostenuto già prima dell’insediamento di Meloni a Palazzo Chigi, non si sono fatte attendere.

«Siamo convinti che sia necessaria una seria riflessione in Europa per rendere compatibili gli obiettivi green del 2035, che tutti noi condividiamo, con la effettiva possibilità del nostro sistema industriale di convertire la produzione nelle tappe prefissate», ha dichiarato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy.

Le nuove direttive sono state uno dei temi sul tavolo di discussione aperto il 14 febbraio tra governo, vertici del gruppo Stellantis e sindacati metalmeccanici. Nel 2023, secondo quanto riferisce il Sole 24 Ore, la quota di auto elettriche è diminuita del 3,7% sul totale delle immatricolazioni, meno della metà rispetto alla media europea.

Al centro anche la revisione degli incentivi. Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, auspica «un fondo straordinario per la rigenerazione degli stabilimenti italiani per garantire l’occupazione e per innovare i prodotti che si fanno nel nostro Paese, perché altrimenti corriamo il rischio di avere un effetto drammatico non soltanto sui lavoratori di Stellantis, ma anche sui lavoratori dell’indotto e della componentistica».

«La strategia è accelerare sugli investimenti, sulle nuove tecnologie, sugli stabilimenti, sulla filiera delle batterie elettriche, sulla realizzazione di colonnine elettriche», ha aggiunto Urso parlando ai microfoni di Radio Anch’io. Ma siamo in estremo ritardo. In Italia ci sono 36.000 punti di ricarica a fronte dei 90.000 della piccola Olanda.

«Il governo ha manifestato a più riprese le proprie perplessità sui tempi e i modi che ha stabilito l’Europa per il superamento dei motori a benzina e diesel», gli ha fatto eco il ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. L’automotive italiana esprime da sempre talento ed eccellenza, rappresenta il 20% del Pil ed è un comparto strategico che dà lavoro a 250.000 persone.

«Ora dobbiamo procedere su due direttrici – ha aggiunto –: da un lato promuovere una maggiore gradualità nello stop alla commercializzazione dei veicoli, dall’altro spingere al massimo nella produzione dei biocarburanti, che rappresentano una filiera pulita che consentirebbe di mantenere l’attuale impostazione del sistema produttivo dell’automotive.

«Gli obiettivi ambientali non sono in discussione: benzina e diesel sono inquinanti per le nostre città e incidono negativamente sull’effetto serra, ha concluso il ministro. Crediamo però che questa ‘exit strategy’ debba condurre a medio termine a un comparto riconvertito più forte, con salde prospettive di sviluppo che tutelino professionalità e posti di lavoro».

Il leader del Carroccio e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini parla di «decisione folle e sconcertante contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio delle imprese e degli interessi cinesi».

Di tutt’altra linea l’opposizione. Al termine della sessione plenaria a Strasburgo, gli eurodeputati del Pd parlano di «vittoria dell’ambiente e dell’industria europea e italiana che guarda al futuro. Il nuovo regolamento – sottolineano – prevede comunque di includere una relazione da presentare nel 2025, insieme alla prima relazione intermedia su eventuali carenze di finanziamento nel garantire una transizione giusta».

«Infine – concludono – grazie al lavoro della nostra delegazione siamo riusciti a convincere il gruppo S&D (Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici, ndr.) a seguire la nostra linea e presentare un emendamento, inserito nel testo finale, che estende la possibilità di richiedere una deroga dal sistema ai piccoli produttori».

Sulla stessa linea il Movimento 5 Stelle. «Il voto del Parlamento europeo dimostra che i sovranisti sono minoranza in Europa, mentre il Ppe si è spaccato con ben 26 europarlamentari che hanno votato a favore del provvedimento», ha dichiarato Mario Furore, europarlamentare del M5S.

«Con questo accordo acceleriamo la transizione sostenibile anche nel settore dei trasporti che è responsabile del 30% delle emissioni totali di CO2 in Europa e ci prepariamo alla neutralità climatica che deve essere raggiunta entro il 2050», ha ricordato Furore. «Le prossime elezioni europee saranno decisive per consolidare questo successo, le destre torneranno alla carica ma noi ci opporremo nell’interesse della salute dei cittadini e del Pianeta».

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