Diritti

Le migrazioni «sono una sfida europea»

La Presidente Meloni si è detta soddisfatta dopo il Consiglio europeo che si è concluso a notte fonda a Bruxelles. Von der Leyen: «Una barriera non basta. Servono telecamere, pattuglie, torrette di sorveglianza»
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Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
10 febbraio 2023 Aggiornato alle 11:30

«Metteremo a disposizione un pacchetto integrato di infrastrutture mobili e stazionarie, dalle auto alle telecamere, dalle torri di controllo a dispositivi di sorveglianza elettronica che richiedono fondi Ue per la difesa dei confini esterni»: queste le parole di Ursula von der Leyen al termine del Consiglio europeo che si è concluso a Bruxelles nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 febbraio.

La presidente della Commissione europea, raggiunta dai giornalisti al termine dell’incontro straordinario, ha dichiarato: «Il Consiglio europeo ha chiaramente riconosciuto che la migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea», così come aveva chiesto la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni ieri, giovedì 9 febbraio, in vista del dibattito sulle migrazioni. «Come Italia chiedo», aveva detto la premier, «di occuparsi del confine meridionale, che è marittimo e richiede una cura particolare. Penso che siamo d’accordo sul fatto che l’Europa debba gestire l’immigrazione, e negli anni passati non ha agito come pensiamo avrebbe dovuto».

Al termine del Consiglio europeo, che si è svolto all’interno del Palazzo Europa, sono stati stabiliti «due progetti pilota», riporta l’agenzia Adnkronos: il primo prevede una maggiore protezione delle frontiere esterne, finanziando con risorse Ue il già citato pacchetto integrato di infrastrutture mobili e fisse, per cui serviranno «fondi Ue e nazionali», ha spiegato von der Leyen. «Siamo molto chiari sulla gestione delle frontiere. Una barriera non basta. Servono telecamere, strade lungo le barriere per pattugliarle, torrette di sorveglianza, veicoli. Lo scopo è avere un confine funzionante, è mostrare che abbiamo procedure funzionanti al confine».

Il secondo progetto riguarda le «procedure alle frontiere: registrazione, esame delle domande di asilo, come trattare i rimpatri. Europol (l’agenzia europea finalizzata alla lotta al crimine nel territorio Ue, ndr) lo sosterrà». Inoltre, ha continuato la presidente della Commissione europea, «i leader hanno deciso di riconoscere reciprocamente le decisioni di rimpatrio», mossa che consentirà di «velocizzarli»: ovvero, un ordine di rimpatrio emesso in un Paese membro varrà in tutti gli altri, senza che sia necessario ripetere la procedura. «Dobbiamo aiutare gli Stati sotto pressione».

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha definito il dibattito sulle migrazioni «uno scambio di qualità, franco, molto rispettoso. Con la consapevolezza che (il tema, ndr) è un ”soggetto” comune per l’Ue e che lo dobbiamo trattare insieme per dare una risposta europea». L’accordo riguarda tre «domini», ha dichiarato Michel: «L’azione esterna, per rafforzare la cooperazione con i Paesi terzi su rimpatri e riammissioni; il controllo e protezione dei confini esterni […], infine l’attività delle Ong in mare».

Ieri, giovedì 9 febbraio, l’Italia aveva supportato la richiesta dell’Austria di un sostegno di 2 miliardi di euro da parte dell’Ue per la costruzione di una barriera al confine tra Bulgaria e Turchia: «Sosterrò le domande degli altri Paesi, e spero che loro sosterranno le mie», aveva dichiarato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

I 27 leader dell’Unione europea si sono riuniti a Bruxelles per discutere del pieno sostegno sul piano economico, politico, militare, finanziario e umanitario all’Ucraina - con un ospite d’eccezione, il Presidente Volodymyr Zelensky, che nei giorni scorsi è stato a Londra e a Parigi per raccogliere consensi sull’invio di jet da combattimento in vista di un’offensiva russa anticipata, e ieri ha incontrato anche Giorgia Meloni -.

Tra gli altri temi di cui si è discusso, anche economia e imprese europee. Ma quello delle migrazioni, in particolare, era un tema molto caro all’Italia, tornato in agenda anche per via dell’insistenza di altri Paesi, tra cui Austria e Paesi Bassi. «Penso che l’Europa debba controllare i suoi confini esterni e concordo su tutto quello che può aiutare a controllare l’immigrazione illegale», aveva dichiarato ieri Meloni. «Per quanto riguarda gli strumenti, dipendono dai confini diversi che abbiamo».

Il cancelliere austriaco Karl Nehammer aveva esortato l’Ue a mettere a disposizione denaro per gli Stati membri per «rafforzare le barriere di confine». Secondo il premier svedese Ulf Kristersson, «non parliamo di barriere, ma di proteggere il confine esterno» dell’Ue con «infrastrutture, equipaggiamento per la sorveglianza». Di un altro avviso l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell, per cui «la “fortezza Europa” non è la soluzione».

Per il primo ministro belga Alexander De Croo, non è «un semplice dibattito sulle barriere», perché per difendere le frontiere esterne dell’Europa non bastano solo le infrastrutture fisiche, ma è necessario prevedere anche campagne di dissuasione e sicurezza sufficiente al confine: «Se vogliamo che l’area Schengen sopravviva, dobbiamo assicurarci che le persone si registrino da qualche parte in Europa e ci sia una migliore distribuzione dopo. […] È inaccettabile per Paesi come il Belgio e i Paesi Bassi essere costretti ad assumersi una quota sproporzionata del lavoro, e non c’è solidarietà da parte di altri paesi europei».

Il 26 gennaio Dunja Mijatovic, commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha inviato una lettera al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, chiedendo di ritirare il tanto contestato decreto Ong: «Il governo italiano deve considerare la possibilità di ritirare il decreto legge», oppure adottare durante il dibattito parlamentare tutte le modifiche necessarie «per assicurare che il testo sia pienamente conforme agli obblighi del Paese in materia di diritti umani e di diritto internazionale».

In una lettera di risposta, il governo italiano ha definito infondati i timori espressi per le conseguenze che il decreto sulle Ong potrebbe avere sulla capacità di salvare vite nel Mediterraneo e sulle persone salvate.

Nelle stesse ore in cui Mijatovic chiedeva il ritiro del decreto legge sulle Ong, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen inviava una lettera ai 27 dell’Ue proprio in vista del Consiglio europeo straordinario che si terrà anche domani, 10 febbraio. Tra le aree d’intervento identificate, al primo punto Von der Leyen ha proposto una “mobilitazione dei fondi Ue per supportare gli Stati membri a rafforzare le capacità e le infrastrutture di controllo delle frontiere”.

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