Diritti

Iran: amnistia (a metà) o propaganda?

Ali Khamenei ha deciso di accordare la grazia ai detenuti, ma secondo gli attivisti si tratta soltanto di una mossa per ripulire l’immagine della Repubblica islamica e non varrà per chi rischia la pena di morte
Credit: Tayfun Salci/ZUMA Press Wire
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7 febbraio 2023 Aggiornato alle 12:45

In occasione del 44esimo anniversario della Rivoluzione, la guida suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei ha deciso di accordare la grazia e ridurre la pena ad alcuni detenuti, tra cui anche le persone arrestate durante le proteste iniziate il 16 settembre scorso.

Secondo i media statali si tratta di una proposta avanzata in una lettera dal capo del potere giudiziario Gholam-Hossein Mohseni-Eje’i e accolta dalla guida. Mohseni-Eje’i ha evidenziato come la maggior parte dei manifestanti siano molto giovani e ha esortato Khamenei a perdonarli perché sono stati «ingannati dalla propaganda straniera» e hanno espresso rimorso per le loro azioni.

La grazia o la riduzione della pena dovrebbero essere applicate a coloro che non sono stati accusati di spionaggio a favore di agenzia straniere, di avere contatti diretti con agenti stranieri, di aver commesso omicidi volontariamente, di aver distrutto proprietà dello stato o di essere stati querelati da un privato.

Alcune di queste imputazioni, però, vengono applicate in maniera del tutto arbitraria: a esempio, è sufficiente postare un video sui social per essere accusati di collaborazione con nemici stranieri o inviare un messaggio a un utente in un altro paese per essere considerati spie. Il provvedimento non sarà applicabile nemmeno ai detenuti con doppia cittadinanza.

La magistratura di Teheran ha inoltre specificato che la grazia non verrà concessa ai «principali leader delle rivolte», accusati dei reati di moharebeh (guerra contro Dio) e mofsed-e-filarz (corruzione sulla Terra).

Il segretario dell’Alto Consiglio dei Diritti Umani (Sitad-e Heqâvâq-e Beshir) Kazem Gharibabadi ha espresso soddisfazione per la decisione della guida, considerata come un’«iniziativa senza precedenti». Secondo Gharibabadi si tratterebbe di una prova della popolarità e della clemenza del governo della Repubblica islamica, oltre che di un grande avanzamento nella tutela dei diritti umani.

Secondo altre analisi si tratterebbe invece di una mossa per ripulire l’immagine delle autorità iraniane dopo mesi di repressione violenta contro i manifestanti. Secondo Iran International potrebbe anche essere un tentativo per incentivare i dissidenti a chiedere perdono senza bisogno di ricorrere a torture e false confessioni.

Queste pratiche sono ormai prassi nelle carceri iraniane, che si ritrovano ad affrontare anche il problema del sovraffollamento dovuto agli arresti di massa. Sarebbero più di 19.600 le persone arrestate durante le proteste e almeno 527 quelle uccise. Diversi media hanno riportato che «decine di migliaia di persone» potrebbero beneficiare della grazia, ma al momento non è stato reso noto un elenco di nomi dei prigionieri né chiarito quanti saranno effettivamente interessati dal provvedimento.

Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore dell’Ong basata a Oslo Iran Human Rights, ha affermato che «il perdono di Khamenei è solo propaganda» e che non includerebbe i manifestanti accusati di reati punibili con la pena di morte. Amiry-Moghaddam chiede che tutti i detenuti vengano rilasciati e che le autorità rispondano per la repressione e per le violenze degli ultimi mesi.

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