Orlandi: anche le risa di Fedez, purché se ne parli

Ci sono cose che per alcuni sono molto serie, e per altri anche no. Per me, la scomparsa di Emanuela Orlandi è una delle cose più serie del mondo. È sparita quando ero molto piccola e da allora si parlava, a Milano, di ragazze che venivano rapite da un giorno all’altro, a Roma. E che bisognava avere molta paura a parlare con gli sconosciuti, che si poteva sparire tutte, e non si sapeva il perché.
Ma non è soltanto per un vissuto personale lontanissimamente legato a questa vicenda che tengo a Emanuela Orlandi. Così come l’omicidio Moro, Orlandi è uno dei nomi scolpiti nella memoria di chi è stato bambino in un periodo storico ben preciso. Alfredino, Emanuela Orlandi, la strage di Bologna, Ustica, Moro, Calvi, Gelli, Sindona, Ambrosoli, Marcincus, Piazza della Loggia, Calabresi, Piazza Fontana e via così senza soluzione di continuità. Da una parte, il post boom economico - non siamo “ancora” boomer - dall’altro, le grandi paure che ti fanno crescere con le gambe che tremano perché da che prendi un treno a che visiti un museo, ogni giorno ti puoi considerare fortunata, perché vivi.
Le persone scomparse senza motivazioni, le persone scomparse con una motivazione: anche se c’è una motivazione ha mai senso che una persona scompaia?
Ma è la privazione di una giovane quindicenne che è incomprensibile, e non solo per una famiglia che ha sempre combattuto per far venire a galla la verità, un fratello che ci ha passato la vita, alla ricerca di un indizio che fosse uno, e due Stati, il Vaticano, e l’Italia, che non sono stati all’altezza di essere Stati. Per questo come per altri casi. Per non parlare dei capi di Stato. I Papi che si sono susseguiti: Giovanni Paolo II, e poi Ratzinger, e poi Francesco. I Governi che in questi 40 anni si sono succeduti in Italia, i ministri degli Interni e degli Esteri. E le mafie, che hanno visto uno dei maggiori rappresentanti, Renatino de Pedis, sepolto nella Chiesa accanto a dove guarda caso scomparve Emanuela Orlandi, a Sant’Apollinare. Il capo della banda della Magliana in un posto dove neppure i santi ci mettono piede, da morti.
Nessuno è stato all’altezza della storia di Emanuela Orlandi, nessun estraneo e nessuna delle persona apparentemente vicine alla famiglia. Di questi 40 anni in cui grazie a Netflix e a un giornalista come Andrea Purgatori si sta riaprendo uno spiraglio, di questo non sapere perché e cosa sia accaduto, la nostra faccia forse non può che essere quella del giornalista Gianluigi Nuzzi che - trovandosi in un podcast della serie Muschio Selvaggio - osserva attonito la reazione ridicola di Fedez che non riesce a trattenere le risa.
Forse, risa isteriche, come l’attesa della famiglia, che infatti, a nome del fratello lo ha già perdonato. Forse, risa ignoranti, come quelle che nessun politico o prelato ha avuto il coraggio di esternare. Forse, non risa grasse. Quelle di quei tanti o pochi che conoscono la verità e che ancora non la restituiscono alla storia.