Storie

Memoriale della Shoah: uno strumento contro l’indifferenza

In programma per giovedì 26 e venerdì 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, 2 open day gratuiti. La coordinatrice Daniela Di Veroli racconta a La Svolta questo luogo unico in Europa
“IN FILA PER UNO” l’opera di Daniele Basso al Memoriale della Shoah di Milano (mostra del 2018)
“IN FILA PER UNO” l’opera di Daniele Basso al Memoriale della Shoah di Milano (mostra del 2018)
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
25 gennaio 2023 Aggiornato alle 16:00

«Le famiglie vengono per insegnare, gli anziani per ricordare». Con queste parole Daniela Di Veroli, coordinatrice del Memoriale della Shoa di Milano, descrive a La Svolta le persone che ne varcano la soglia ogni giorno, tutte mosse da ragioni diverse ma probabilmente unite da un senso di pietas che in questi giorni si acuisce ancora di più.

Cade il 27 gennaio, infatti, la giornata della Memoria per le vittime dell’Olocausto e anche se ormai ogni giorno corrisponde a una ricorrenza e il rischio di dimenticarsene più d’una è elevato, questa volta è diverso. Questa volta non si può.

Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz e proprio in quel luogo di sterminio, ma anche a Birkenau e Mauthausen, sono terminate le vite di molti ebrei e oppositori politici che stipati in vagoni merci sono partiti dai binari dove adesso sorge il Memoriale, al piano -1 della stazione di Milano Centrale, tra il 1943 e il 1945. Binari e vagoni ancora intatti e che rappresentano il cuore pulsante di questo luogo.

In occasione di questa ricorrenza il Memoriale della Shoa apre le proprie porte gratuitamente ai cittadini giovedì 26 gennaio dalle 10.00 alle 18.00 e venerdì 27 dalle 10.00 alle 15.00.

È la prima volta che organizzate questi open day?

No, il primo fu nel 2013, quando ancora il Memoriale non era aperto al pubblico. Allora mancavano molte cose ma eravamo desiderosi di abbracciare i cittadini così l’abbiamo fatto. Da quel momento non ci siamo più fermati fino alla pandemia e oggi siamo contenti di riprendere questa abitudine perché sono in tanti a voler passare questa giornata in un luogo così denso di storia. Per chi volesse è ancora possibile prenotare il proprio biglietto gratuito o presentandosi direttamente.

Come funzionano le visite?

Esistono due tipologie: accompagnante e libere. Nelle prime si è affiancati passo dopo passo da personale specificatamente formato ma anche quelle libere non lo sono completamente. Alcuni giovani impegnati nei PCTO (percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) e altri della Cooperativa Sociale Articolo 3 del carcere di Bollate, supportano i visitatori in quello che chiamo orientamento agli spazi.

Coinvolgere le nuove generazioni è fondamentale per non disperdere la memoria e il loro lavoro qui è prezioso perché forniscono informazioni di base su cosa le persone hanno di fronte, sull’esperienza che stanno per compiere e sul fatto che ci sia un’enorme differenza tra un Memoriale e un museo.

Quale?

Questo è un luogo senza eguali in Europa perché è l’unico rimasto fedele a come era nella sua fase operativa. Neanche Auschwitz lo è completamente perché sono stati distrutti i forni crematori originali e altre parti.

Qui invece i pilastri di cemento, i binari dai quali partivano i treni carichi di persone, il traslatore e il carrello porta vagoni sono rimasti tutti com’erano e dov’erano allora. Le persone possono avvicinarvi, non solo guardarli.

Il sotterraneo della stazione Centrale per lungo tempo è stato un luogo dimenticato, poi in parte riscoperto dalla Comunità di Sant’Egidio che per anni vi ha organizzato manifestazioni il 30 gennaio, quando nel 1944 dal binario 21 partì un convoglio diretto ad Auschwitz-Birkenau.

A differenziare il Memoriale da un museo anche il fatto che abbia uno spazio espositivo permanente molto ridotto e in una zona ben separata e distinta da quella principale.

Che tipo di visitatori avete?

Durante gli open day soprattutto famiglie che vogliono raccontare ai figli quanto accaduto e anziani che vengono per ricordare un pezzo della loro storia o di quella dei genitori.

Molti anche gli studenti universitari. Meno gli adolescenti che tuttavia vediamo durante l’anno tramite le visite con le scuole.

Oltre agli open day siamo aperti tutti i giorni, compreso il week-end.

A chi non sa di cosa sia il Memoriale come lo descriverebbe?

Come lo strumento per insegnare a non essere indifferenti. Quando ne parlo lo faccio sempre partendo da questa parola, scritta a caratteri cubitali all’ingresso della struttura.

L’indifferenza purtroppo può assalire ognuno di noi in diversi contesti quindi ripetersi come un mantra di non rimanere indifferenti è importantissimo e lo considero l’elemento chiave del Memoriale. Il muro sul quale è posta la scritta è imponente, e mentre accoglie i visitatori allo stesso tempo opprime, pesa sulle coscienze e impedisce di vedere cosa c’è dall’altra parte.

Questo simboleggia come l’indifferenza crei un muro tra le persone che deve essere abbattuto.

Tutto ciò lo rende un luogo da vivere più che da spiegare, in effetti

Assolutamente sì. Qui si viene per fare un’esperienza immersiva. Una scuola ci ha chiesto di poter rendere virtuale la visita al Memoriale ma è possibile solo in minima parte perché lo schermo di un computer non si presta a questo progetto ma anzi, rischia di fare come il muro dell’indifferenza, allontanare le persone.

Il rumore dei treni sopra le proprie teste, entrare nel vagone, percepire lo spazio all’interno, l’odore del legno e immaginare 80 persone stipate lì dentro, questo è il Memoriale della Shoa. Solo vivendolo sulla propria pelle lo si può capire.

Ecco perché non è un museo.

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