Ambiente

L’Ue fermerà (una volta per tutte) il greenwashing?

La Commissione europea vuole proporre una direttiva per combattere l’ecologismo di facciata. Le aziende dovranno dimostrare - sulla base di parametri tecnici - la veridicità delle dichiarazioni eco sui prodotti
Credit: Olha Ruskyk/pexels
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25 gennaio 2023 Aggiornato alle 07:00

È ancora una bozza in fase di definizione, ma appare come un primo grande passo verso la fine dell’era del greenwashing: si tratta della nuova direttiva europea per la tutela dei consumatori, annunciata a marzo 2022, ma che potrebbe essere finalizzata già entro la fine di quest’anno. L’obiettivo è quello di combattere l’ecologismo di facciata e le pubblicità ingannevoli, chiedendo alle aziende di sostenere, attraverso prove reali, le affermazioni ecologiche sui loro prodotti.

Durante l’analisi di 150 dichiarazioni “ambientali” di prodotti del 2020, infatti, la Commissione ha evidenziato come oltre il 50% di queste siano risultate vaghe, fuorvianti o infondate. Un atteggiamento inaccettabile nei confronti di consumatori che, ora, devono essere tutelati, garantendo informazioni affidabili e pertinenti sui prodotti che scelgono di acquistare.

Per questa importante mission, la Commissione ha deciso di proporre una bozza di legge che obbligherà le aziende che rilasceranno “dichiarazioni ecologiche” sui loro prodotti a garantire che queste siano reali e comprovate da una metodologia basata sulla scienza e parametri tecnici.

Tra i primi suggerimenti degli operatori della Commissione di Bruxelles, per esempio, quello di fornire una valutazione ecologica utilizzando la metodologia dell’impronta ambientale del prodotto (Pef, product environmental footprint) che traccia gli impatti ambientali in 16 categorie - tra cui l’aria e il cambiamento climatico - e si configura come metro unico e standardizzato al livello internazionale sulla sostenibilità di un bene e del suo processo di produzione.

Ad essere presa di mira dalla direttiva sarà un’ampia gamma di affermazioni relative alla dichiarata sostenibilità del prodotto, ma l’attenzione sarà posta in particolare su termini come Climate neutral, Carbon neutral e 100% compensazioni di CO2, che richiederanno l’obbligo di un supporto tecnico-scientifico.

Tra le righe, la bozza della direttiva europea cita anche l’obbligo, per le aziende che affermeranno che il loro prodotto ha un impatto ambientale positivo, di rivelare se questo potrà causare, in qualche modo, un impatto negativo in un altro contesto e di rilasciare date precise e specifiche entro cui intendono raggiungere eventuali obiettivi ambientali futuri promessi.

Nulla dovrà essere lasciato nell’ombra. Per i “furbetti” del greenwashing sta per calare il sipario. Una presa di posizione necessaria e inevitabile, quella della proposta di legge, che inviterà i Paesi membri Ue a stabilire un sistema di verifica delle affermazioni delle aziende e imporre sanzioni in caso di non conformità.

Nonostante la notizia della direttiva sia stata accolta con grande entusiasmo dalla gran parte degli attivisti ambientali, che in essa vedono un piccolo spiraglio di luce in direzione di un futuro più green, tanti arricciano ancora il naso: con l’introduzione del provvedimento, le aziende saranno davvero spinte verso un’azione più ecologica? Probabilmente no.

Serve certamente educare le industrie a essere concretamente eco friendly ma, ancor di più, insegnare al consumatore ad avere maggior consapevolezza dei cambiamenti climatici e ambientali, così da saper riconoscere e scegliere il prodotto giusto. Che possa viaggiare sulla strada della sostenibilità.

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