Storie

Parliamo di violenza ostetrica. Parliamone bene e subito

Donne e ragazze: ci hanno scritto in tante. Abbiamo quindi deciso di lasciare a te, a loro, la parola. Queste sono le testimonianze che abbiamo raccolto
Credit: Anarkikka
Credit: Anarkikka
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
24 gennaio 2023 Aggiornato alle 18:00

Dopo il nostro articolo di ieri, molte donne e ragazze ci hanno scritto, commentando il post o in privato, per raccontarci la loro testimonianza. Storie dolorose, sofferte, ingiuste. Siamo onorati che abbiano voluto condividerle con noi e rinnoviamo l’invito a continuare a farlo, sui nostri social o scrivendoci via mail.

Di violenza ostetrica prima, durante e dopo il parto c’è bisogno di parlare di più: questo è un segnale chiarissimo. Ieri lo abbiamo fatto noi, oggi vogliamo passare il microfono a chi quella violenza l’ha vissuta sulla propria pelle. Lasciamo la parola alle donne, perché è un loro diritto essere ascoltate, perché i loro racconti parlano da soli e raccontano, forse meglio di qualsiasi opinione, quanto sia necessario agire per cambiare le cose, subito.

Non a caso, la petizione online per dire basta alla violenza ostetrica lanciata dall’associazione no profit Mama Chat - che supporta psicologicamente le mamme e le vittime di violenza - ha raccolto oltre 18.500 firme in meno di 24 ore.

Capiamo che l’argomento possa essere molto difficile per alcune persone, quindi ti consigliamo di smettere di leggere se pensi che racconti di violenza, parto, abuso, possa essere un trigger per te.

“Quasi completamente sola durante un travaglio durato dalle 8:30 del martedì alle 12:08 del mercoledì (a parte la mattina del mercoledì quando finalmente sono stata seguita da un’ostetrica “umana”) e completamente sola la prima notte da neomamma. Nessuno che mi abbia indicato come far attaccare bene mio figlio al seno (infatti ho allattato artificialmente perché dopo quasi 6 giorni di esaurimento il latte non arrivava e mio figlio diminuiva di peso). Un incubo davvero. Non mi sono mai sentita così tanto abbandonata in vita mia”.

“Sono passati 15 anni, ma l’atteggiamento giudicante e staccato delle operatrici non lo dimentico (e sono una di quelle fortunate che aveva un’assicurazione. Lenzuola pulite sì, assistenza inesistente)”.

“Mamma mia quante lacrime ho versato la notte in ospedale. Mi piange il cuore per questa povera mamma😢”.

“Me la ricordo bene quella sensazione terribile del post parto… ci si sente inadeguate, stanche morte e terrorizzate… Quando ci saranno delle politiche della famiglia? Che affrontino questi argomenti di fondamentale importanza?”

“I 4 giorni di ospedale dopo il cesareo sono stati i più brutti della mia vita. Nonostante siano passati 6 anni ancora me li ricordo molto bene”.

“Le notti in ospedale sono state peggio del travaglio e del parto. Le puericultrici mi chiamavano MAMMA in continuazione e mi costringevano ad attaccare la bimba con la forza mentre entrambe avremmo solo voluto dormire. Sarebbe potuto succedere anche a me, sicuramente 😢”.

“Io sono una di quelle mamme che dopo 3 giorni di sofferenza perché non entravo in travaglio dopo aver partorito alle 5 del mattino del 4º giorno ha visto la sua bimba andare al nido, dopo 4 ore me l’hanno riportata in camera lasciandomela in camera tutto il giorno (era gennaio 2021 restrizioni Covid e ero sola, non potevo nemmeno uscire nel corridoio del reparto per fare 2 passi) la sera ho chiesto se potessero portare la bimba al nido, la risposta è stata: sì sì certo… Bene, dopo che nessuno si è più fatto sentire mi sono attaccata al campanello in camera e ho preteso che la bambina fosse portata al nido, proprio per poter riposare un po’… Alle 10 di sera… Avanti così…🙄”.

“Ho 46 anni, ho partorito 3 volte e, con consapevolezza e in pieno accordo col padre dei miei figli, l’ho fatto sempre a casa mia, con l’assistenza di 2 ostetriche. Non sono mai stata sola nemmeno un attimo. Ma sono spesso stata tacciata di essere una fricchettona irresponsabile. Vorrei che si parlasse di più di tutte le alternative al parto ospedalizzato che le coppie di futuri genitori potrebbero prendere in considerazione. E sono vicina a quella mamma con tutta l’anima 🖤”.

“Va benissimo il room in, ma non da sole, quando hai appena partorito e sei stremata dalla gioia e dal dolore. E basta con il modello della madre super eroina”.

“Una notte ho chiesto di portare V. al nido ma non mi hanno proprio calcolato, lo ha chiesto anche il mio compagno… Purtroppo non ero preparata e stavo a pezzi fisicamente ma con il senno di poi ripenso a tutte le cose successe e mi sento male solo al pensiero ma appunto credo che ci sia di peggio quindi alla fine non mi lamento”.

“Io ero entusiasta del rooming in proposto al Gemelli finché non ho capito che era imposto e non una libera scelta… anche noi eravamo sfiniti e abbiamo chiesto, dopo la seconda notte in bianco, di mandare S. al nido per recuperare un po’ di forze ma ci è stato negato… purtroppo devono ricordarsi che una mamma è un paziente così come il bambino che ha partorito e che ha bisogno di riprendersi”.

“A me è successo esattamente questo quando è nata la mia seconda figlia. Hanno scritto ‘pratica di contatto pelle a pelle non portata a termine per volontà materna’. Ci mancava che scrivessero ‘madre str****’ 🤐 Addirittura le infermiere del nido consigliavano di tenere i neonati nel letto con noi per favorire il legame. Ora, io stavo per laurearmi in infermieristica quindi ho massimo rispetto della categoria, ma questa è proprio una informazione errata secondo Oms. Tanto che io e un’altra mamma che ci ostinavamo a tenere le bambine nella culletta venivamo guardate male e rimproverate perché ‘così il legame non si crea’. Non ti dico quando, una volta a casa, mi ero fissata con sta cosa e mi sentivo gelosa perché la bambina non piangeva solo in braccio al padre…”

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