Diritti

Vivere in carcere: quest’anno deve essere migliore

Nel 2022 ci sono stati 84 suicidi negli istituti penitenziari. 1 ogni 5 giorni, denuncia l’associazione Antigone. È tempo di riformare le carceri e di occuparsi del loro sovraffollamento
Credit: Jon Tyson/unsplash
Tempo di lettura 3 min lettura
18 gennaio 2023 Aggiornato alle 06:30

Il 2022 verrà ricordato come l’anno in cui ci sono stati più suicidi nelle carceri italiane.

Come riportano i volontari dell’associazione Antigone - “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”- lo scorso anno le persone in prigione si sono tolte la vita circa 20 volte in più rispetto ai non detenuti. Sono stati 84 i suicidi avvenuti negli istituti di pena italiani. 1 ogni 5 giorni.

“1 ogni 670 presenti si è ucciso. Il precedente primato negativo era del 2009, quando in totale furono 72. Ma all’epoca i detenuti presenti erano oltre 61.000, 5.000 in più di oggi”, scrive l’associazione.

Le condizioni claustrofobiche delle celle sono aggravate dal sovraffollamento delle carceri. Infatti, ricorda il Presidente di Antigone Onlus Patrizio Gonnella, «i detenuti sono quasi 57.000. I posti regolamentari sono 51.000, anche se sappiamo che di quelli conteggiati circa 4.000 sono indisponibili. Possiamo dire quindi, che a oggi ci sono nelle carceri italiane circa 9.000 persone in più rispetto alla capienza regolamentare. Questo significa aggiungere letti in celle non pensate per ospitare quel numero di detenuti».

Secondo il 18° rapporto sui centri di detenzione (Antigone) nel 25% degli istituti visitati (96 su 189), “sono state trovate celle in cui non apparivano garantiti 3 metri quadri calpestabili per ciascun detenuto, creando condizioni di affollamento invivibili”.

Da segnalare, inoltre, l’inadeguatezza o, in alcuni casi, la vera e propria mancanza di spazi sociali per i detenuti. Oltre al problema dello spazio personale, servirebbero riforme per rispondere ai problemi relativi alla salute fisica e mentale di chi vive in questi spazi.

Condizioni claustrofobiche, sovraffollamento, mancanza di spazi adeguati: tutto ciò acutizza le problematiche dei detenuti e delle detenute, anziché risolverle. Negli ultimi giorni del 2022, 7 ragazzi minorenni - imputati per reati di strada - sono fuggiti dall’istituto penale per minori Beccaria di Milano (Cesare Beccaria si rivolterebbe nella tomba, sapendo che una prigione per minori è chiamata col suo nome). La notizia ha innescato un assurdo putiferio mediatico e politico, trattando dei ragazzini che volevano tornare dalle loro famiglie nel giorno di Natale come 7 serial killer.

Come scrive l’associazione, “sarebbe importante se la vita in carcere si riempisse di vita e se ai detenuti fosse data la possibilità di telefonare più frequentemente ai loro cari. Oggi un detenuto, di norma, può telefonare una volta a settimana per soli 10 minuti.”

Serve riformare il carcere; serve pensare a una vera riforma della giustizia che, in questo senso, metta al primo posto la funzione rieducativa che dovrebbe stare alla base di queste misure. Serve per le torture ai danni di detenuti avvenuti nelle carceri di Santa Maria Capua Vetere e San Gimignano.

Serve per l’articolo 41-bis, che prevede un regime carcerario “duro”. Proprio per la sua sospensione, l’anarchico Alfredo Cospito (detenuto in Sardegna in regime di 41 bis, appunto) conduce dal 19 ottobre uno sciopero della fame. Nel 2014 è stato condannato a 10 anni e 8 mesi per aver gambizzato Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare; inoltre, è accusato di aver posizionato 2 ordigni davanti la Scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo), nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006. L’esplosione non provocò vittime o feriti.

Leggi anche
studio
di Eleonora Luna 2 min lettura
Lavoro
di Costanza Giannelli 4 min lettura