Diritti

Human Rights Watch: nel mondo, le donne continuano a lottare

Ucraine, iraniane, statunitensi e palestinesi combattono ogni giorno per difendere i propri diritti, ancora negati. Come conferma il World Report 2023 della Ong
Credit: Anna Shvets/pexels
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18 gennaio 2023 Aggiornato alle 15:00

Olesja Jaremčuk è una giovane giornalista ucraina, madre di una bambina di 3 anni, che di fronte a una platea gremita, venuta a sentirla parlare del suo saggio Mosaico Ucraina (Bottega Errante Edizioni, 191 pagine, 16 euro) - in occasione del Pisa Book Festival 2022 - si commuove fino alle lacrime, dicendo che in futuro sua figlia potrebbe essere costretta a non parlare più in ucraino; a non parlare più la lingua di sua madre, di sua nonna e della sua bisnonna. E quando la platea si stupisce che nel bel mezzo di una sanguinaria guerra che sta distruggendo città e strutture importanti, una giovane donna ucraina si preoccupa della lingua che parlerà sua figlia nel prossimo futuro, Jaremčuk decide di ribadire con forza il concetto: «Le case e le strutture si possono ricostruire, l’identità no».

È questo il punto più rilevante di quanto succede nel conflitto russo-ucraino: la questione dei diritti umani violati, delle imposizioni attraverso le armi e la forza da parte di un possibile vincitore su un possibile vinto; della perdita dell’identità e della cultura. Di quello che è diritto inalienabile poter scegliere per sé stessi.

Il World Report 2023 - di Human Rights Watch - affronta il tema degli attacchi deliberati della Russia contro i civili in Ucraina, delle carceri a cielo aperto in Cina, del regime e delle violenze dei talebani. Se da un lato, il rapporto auspica una collaborazione tra gli Stati interessati per proteggere e rafforzare il sistema internazionale dei diritti umani, dall’altro sottolinea come tante potenze mondiali non sono ancora in grado di rispondere adeguatamente alle violazioni in corso.

Donne curde

Gona M., rifugiata curda ospite in Toscana dell’associazione Refugees Welcome, ha spiegato alla Svolta che «Le donne curde hanno combattuto per i loro diritti prima di tutto in famiglia, contro i pregiudizi che non le volevano soldatesse e libere, poi contro i turchi al confine della loro terra e infine contro l’Isis. E ora rischiano di combattere contro il ricatto della Turchia a Svezia e Finlandia per la concessione della loro entrata nella Nato. È vero che il governo di Helsinki ha rassicurato che nessun rifugiato curdo sarà espulso dalla Finlandia, ma il solo aver sollevato il problema fa intuire che era una possibilità su cui si stava riflettendo. In Svezia e Finlandia ci sono intere famiglie di rifugiati, donne del Pkk che ora sono diventare mamme, per loro essere mandate via per decreto legge sarebbe una violazione dei loro diritti umani del tutto inaccettabile. Una vera e propria tragedia umana. La voce delle donne curde si leverà potente e fino al cielo per scongiurare tutto questo e affinché i governanti capiscano che i diritti umani non possono essere negoziabili. Mai».

Iran

Settembre 2022. La ventiduenne Mahsa Amini, sta viaggiando con la sua famiglia verso Teheran per andare in vista da parenti che vivono nella capitale. Durante un controllo della polizia viene notata una ciocca di capelli uscire fuori dal velo indossato dalla ragazza. I militari prelevano Amini per una “sessione di educazione” dopo la quale verrà rilasciata e riconsegnata alla famiglia. Così non sarà. La ragazza viene picchiata e muore qualche giorno dopo nell’Unità di terapia intensiva dove era stata ricoverata.

In un Paese dove i più elementari diritti civili sono ignorati e violati da tempo, è la goccia che fa traboccare il vaso. Migliaia di persone si riversano nelle piazze, la protesta sale e monta come un’onda irrefrenabile. Le donne iraniane sfidano militari, polizia, regime e repressioni. La loro voce si alza così in alto da raggiungere altre donne in ogni parte del Pianeta. Parte la campagna mondiale che vede personaggi famosi e meno tagliarsi una ciocca di capelli per protestare contro il governo iraniano. Nel corso delle settimane ci saranno altre vittime, donne e uomini, ma la ribellione contro lo Stato repressivo non si ferma e Amini diventa una martire, un simbolo, capace di far capire al mondo intero e alla comunità internazionale che in Iran tutti i diritti civili sono negati da tempo, sotto gli occhi indifferenti o distratti del mondo civile.

Aborto negli Usa

La National Women’s Law Center è un’organizzazione senza scopo di lucro fondata a Washinton da Marcia Greenberger nel 1972, che da anni - oltre ai diritti delle donne - sostiene e protegge i diritti delle categorie più fragili. Quando a giungo 2022 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso di revocare la Roe v. Wade, la garanzia costituzionale del diritto all’aborto, migliaia di attiviste del National Women’s hanno protestato fuori dal Campidoglio americano, con striscioni in cui ribadivano una cosa sola: l’aborto è un diritto umano.

E allora può un diritto umano essere capriccio di politiche specifiche, di ricatti elettorali, di costi economici che pesano sull’economia degli Stati? A leggere il World Report, assolutamente no. La violazione dei diritti umani e la mancata protezione degli stessi, infatti, comporterebbe malcontento e instabilità ai Governi che decidono di farsi guidare da ragioni di interesse economico o propagandistico, mentre lavorare congiuntamente con altri Stati per la loro affermazione garantirebbe una vera leadership inattaccabile e duratura.

Israele

E ancora una volta sono proprio le donne a contrastare con più forza le scelte governative dei propri Stati. Nei territori a confine tra le colonie israeliane e gli insediamenti palestinesi la Wizo (l’Organizzazione internazionale delle donne sioniste) si batte da tempo per far abolire al Governo di Israele i ghetti recitanti, dove donne e bambini palestinesi sono costretti a vivere praticamente da prigionieri di guerra. Le attiviste dell’organizzazione, con determinazione e coraggio, portano avanti in questi insediamenti una campagna umana e religiosa contro le scelte politiche del loro stesso stato, organizzando corsi di scrittura e lettura, corsi di cucina, eventi culturali, attività ludiche e creando campagne internazionali di crowdfunding per garantire cibo, vestiti, beni di prima necessità.

Shazarahel - autrice del libro DNA ebraico, fotografa e artista di Gerusalemme - nel suo diario quotidiano sui social racconta come la violazione dei diritti umani nei confronti dei palestinesi, donne, uomini e bambini, renda in realtà fragilissima la politica dello Stato di Israele.

E se pensiamo che la negazione dei diritti umani può essere considerata un vero caleidoscopio attraverso il quale è possibile intravedere ogni tipo di minaccia esistenziale - dal cambiamento climatico ai flussi migratori - capiamo bene che lasciare sole le donne a combattere questa battaglia può davvero segnare l’estinzione degli Stati sovrani, almeno così come li abbiamo conosciuti fino a ora.

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