Diritti

Perù: la Presidente Boluarte indagata per genocidio

Sono più di 45 le persone uccise durante le proteste scoppiate dopo la destituzione dell’ex presidente Castillo. Indagato anche il Primo Ministro Alberto Otárola, per omicidio colposo e lesioni gravi
I residenti bloccano le strade, a Sicuani-Canchis, provincia di Cusco, in Perù, il 5 gennaio 2023
I residenti bloccano le strade, a Sicuani-Canchis, provincia di Cusco, in Perù, il 5 gennaio 2023 Credit: EPA/ALDAIR MEJIA
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13 gennaio 2023 Aggiornato alle 14:00

Sale il bilancio delle vittime e la violenza degli scontri nati dalle proteste antigovernative cominciate in Perù lo scorso 7 dicembre. Nella giornata di lunedì si sono registrati 18 morti tra cui anche un minorenne e 73 feriti, il numero più alto raggiunto in un solo giorno. Dopo aver cercato di prendere il controllo dell’aeroporto della città di Juliaca nel sud del Paese, i manifestanti si sono scontrati con la polizia, che ha risposto al lancio di pietre aprendo il fuoco. Nella notte di lunedì un poliziotto è stato attaccato dai dimostranti e bruciato vivo nella sua macchina.

Dopo la strage, la folla ha accompagnato il trasporto delle bare delle vittime scandendo slogan come “Dina mi ha ucciso con un proiettile”, “Assassini!”, “Questa democrazia non è più una democrazia”. Nel frattempo il Governo ha imposto un coprifuoco di 3 giorni in tutta la regione di Puno.

La Procura generale del Perù ha annunciato l’apertura di un’indagine per i presunti reati di genocidio, omicidio colposo e lesioni gravi. Oltre alla Presidente Dina Boluarte sono indagati il Primo Ministro Alberto Otárola e i ministri di Interno e Difesa, Víctor Rojas e Jorge Chávez. Anche l’ex premier Pedro Angulo e l’ex ministro dell’Interno César Cervantes rientrano tra le persone indagate.

Le proteste sono cominciate dopo che il presidente di sinistra Pedro Castillo è stato rimosso dal suo incarico per aver provato a sciogliere il parlamento in un probabile tentativo di evitare l’impeachment dopo un periodo di forte instabilità del suo Governo. Dina Boluarte, vicepresidente di Castillo, l’ha accusato di aver tentato un colpo di stato e ha preso il suo posto alla guida del Paese.

Castillo si trova ora in custodia cautelare con l’accusa di reati contro l’ordine costituzionale e i manifestanti stanno chiedendo il suo rilascio, la rimozione di Boluarte e immediate elezioni. Le proteste maggiori hanno avuto luogo soprattutto nelle aree rurali più povere, dove il sostegno all’ex presidente è maggiore.

Dopo una breve tregua nel periodo natalizio le azioni dei dimostranti sono riprese con forza a inizio gennaio, propagandosi anche in altre zone del Paese nelle aree di Cusco, Arequipa e Ayacucho.

Nella regione di Cusco diverse strade sono state bloccate e c’è stato un tentativo di occupare l’aeroporto Velasco Astete, dove 37 persone e 6 poliziotti sono rimasti feriti. Gli scontri stanno continuando nella città vicina al sito di Machu Pichu e al momento si è già registrata una vittima. Le parlamentari Ruth Luque (Cambio Democrático) e Silvana Robles (Perú Libre) si domandano sui loro social: “Quante morti sta aspettando Dina Boluarte per rinunciare?” e avvisano la presidente e il suo Governo che “Passeranno alla storia come genocidi”.

Nella città di Arequipa i cittadini si sono riversati in strada vestiti a lutto per chiedere la fine del “massacro contro il popolo”. Il sindaco Víctor Hugo Rivera ha invitato i manifestanti ad agire in maniera pacifica e allo stesso tempo ha sollecitato la Presidente Boluarte a prendere una decisione radicale di fronte ai fatti che si stanno verificando nel Paese.

Il Primo Ministro Alberto Otárola ha dichiarato che le proteste sono fomentate da gruppi violenti finanziati da interessi stranieri per distruggere il Paese. Nonostante il massacro di lunedì, il Governo ha ottenuto il voto di fiducia del parlamento con 73 voti a favore, 42 contrari e 6 astensioni.

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