Ambiente

Lutzerath: attivisti per il clima contro la polizia, si incendia il dibattito

Iniziato lo sgombero dell’ex villaggio tedesco per aumentare l’estrazione di carbone. Quasi 1000 i manifestanti impegnati a fermare il progetto
Credit: EPA/ RONALD WITTEK
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11 gennaio 2023 Aggiornato alle 15:00

Arroccati e incatenati alle case sugli alberi, gli attivisti urlano di essere pronti a dare la vita pur di fermare il carbone. Oggi nell’ex villaggio di Lutzerath, in Germania occidentale, è iniziato lo sgombero. Dopo mesi di proteste, la polizia ha cominciato a transennare l’area: l’invito rivolto ai manifestanti è di abbandonare la zona.

Loro rispondono incatenandosi dove possono, lanciando qualche bottiglia incendiaria, urlando che non lasceranno che si proceda. Si è dunque arrivati a un primo grande scontro fra agenti e attivisti e la questione Lutzerath sta diventando sempre più complessa da risolvere.

Questo ex villaggio che un tempo ospitava quasi 2.000 residenti è stato acquistato dal gigante energetico tedesco Rwe: lo scopo è demolire e realizzare un impianto per l’estrazione di lignite, carbone.

Come è noto i combustibili fossili sono responsabili della maggior parte delle emissioni climalteranti: la Germania ha annunciato che dirà addio al carbone entro sette anni ma nel frattempo le ripercussioni della guerra in Ucraina hanno portato alla necessità di continuare con l’utilizzo del carbone come fonte di energia.

Per questo la Rwe ha deciso - con l’ok ottenuto dai tribunali nonostante i ricorsi degli ambientalisti - per un piano di espansione della miniera di carbone di Garzweiler nei pressi di Lutzerath, con l’obiettivo di estrarre 280 milioni di tonnellate di lignite entro il 2030.

Eppure, il carbone è oggi visto come il male in termini di lotta alla crisi climatica: per questo motivo da ormai mesi centinaia di attivisti si sono accampati a Lutzerath per tentare di bloccare l’operazione. Vorrebbero che il governo tedesco ripensi alla scelta tornando sui suoi passi e chiedono di tirare il freno e annullare il progetto.

Per tutto dicembre in Germania le tensioni sono andate così avanti senza arrivare a soluzioni: questa mattina si è giunti allo scontro che - una volta iniziate le operazioni di rimozione delle barricate da parte della polizia e la recinzione dell’area - si è intensificato, con alcuni fermi e allontanamenti.

Attualmente si stimano circa mille attivisti per il clima (tra cui esponenti di Extinction Rebellion, Fridays for Future, Last Generation e Scientist Rebellion) impegnati nelle proteste.

Sono state erette barriere per tentare di bloccare l’arrivo dei mezzi che dovranno effettuare l’intero sgombero e Lutzerath sta diventando sempre più un simbolo di protesta per chiedere la fine dell’uso del carbone e dei combustibili fossili.

La questione, come già avvenuta per diverse proteste (comprese i lanci di vernice sui musei oppure sulle facciate dei palazzi delle istituzioni) è sempre più legata a un dibattito oggi comune a più Paesi: quanto una lotta attiva al cambiamento climatico (che ruberà il futuro alle nuove generazioni, dicono gli attivisti) giustifica talvolta la violazione della legge? Se nonostante gli appelli della scienza si continuano ad agevolare le emissioni climalteranti, cosa devono fare i giovani attivisti per tentare di aprire gli occhi al mondo?

Questioni complesse che riguardano (vedi anche i casi italiani di Ultima Generazione) anche come la giustizia tratta coloro che si oppongono all’uso del fossile.

Una degli attivisti presenti, interpellata dai media tedeschi, ha spiegato che a Lutzerath «le persone stanno mettendo tutto il loro impegno, tutta la loro vita in questa lotta per mantenere il carbone nel terreno perché se questo carbone viene bruciato non riusciremo a centrare i nostri obiettivi climatici. Quindi in sostanza stiamo cercando, con i nostri corpi, di proteggere gli obiettivi climatici».

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