Economia

Uk: gli inglesi non credono più nella Brexit

A 3 anni di distanza dall’addio all’Ue, secondo un sondaggio pubblicato dal Telegraph il 57% dei cittadini inglesi – compreso 1 conservatore su 3 – pensa che stia causando più problemi di quanti ne abbia risolti
Credit: Annie Spratt/unsplash
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17 gennaio 2023 Aggiornato alle 13:00

Sono circa il 33% gli abitanti conservatori del Regno Unito che hanno perso fiducia nella Brexit e che pensano che quest’ultima abbia creato più problemi di quanti ne abbia risolti. Lo riporta un sondaggio publicato sul quotidiano britannico The Daily Telegraph, aggiungendo che il 22% dei sostenitori dei conservatori ha affermato che Brexit ha risolto più problemi, mentre un terzo (32%) ha affermato che l’uscita dall’Ue non ha né creato né risolto più problemi o opportunità e il restante 13% ha affermato di non saperlo.

Nel 2016 il 51,9 per cento dei cittadini inglesi votò a favore di Brexit, ma lo fece per le motivazioni più disparate. A distanza di tre anni dalla sua entrata in vigore effettiva, la separazione dall’Unione Europea ha deluso le speranze di coloro che la votarono e la principale preoccupazione degli attualmente disillusi dalla Brexit riguarda i problemi al confine con l’Irlanda del Nord, citata dal 39% degli intervistati.

Quando nel 2019 Boris Johnson giunse a un accordo con la Commissione europea, il nodo nord-irlandese rimase irrisolto: l’appartenenza all’Ue aveva permesso di eliminare la frontiera fisica tra la Repubblica d’Irlanda, governata da Dublino, e la parte nord dell’isola che ricade sotto la sovranità di Londra. Questa divisione era stata alla base dei volenti scontri degli anni dei Troubles, tra i Repubblicani che lottavano per l’unificazione dell’isola e gli Unionisti fedeli al Regno, e fu proprio la scomparsa di un confine fisico a facilitare gli accordi di pace del Venerdì Santo del 1999. Con la Brexit c’era il rischio che il confine fisico tornasse, e con esso le tensioni e le violenze.

A questo si aggiunge - sempre secondo il sondaggio pubblicato dal quotidiano britannico - l’ansia per la costosa burocrazia che grava sugli scambi con altri paesi (36%) e per la maggiore difficoltà di lavorare all’estero senza libertà di movimento (33%). Tra il pubblico nel suo complesso il 57% ha affermato che la Brexit sta causando più problemi di quanti ne risolva.

Dall’Italia arriva invece il primo rapporto dell’Osservatorio dello Smart Institute che analizza le dinamiche economiche, commerciali e istituzionali tra Ue-Uk-Usa a partire dal 2015, focalizzandosi sul commercio di beni e servizi, sugli investimenti diretti esteri e sui trasferimenti di residenza, secondo cui le esportazioni dall’Italia al Regno Unito sono cresciute dal 2015 al 2019 e, dopo una riduzione nel 2020, sono risalite lievemente nel 2021. La bilancia commerciale continua a presentare un saldo positivo per l’Italia che ha ridotto le importazioni Uk dal 2017 al 2021.

Inoltre, dal 2015 al 2020 sono cresciuti i trasferimenti dal Regno Unito in Italia con un’accelerazione a partire dal 2018. I trasferimenti dall’Italia al Regno Unito hanno invece visto una riduzione dal 2016 al 2018, per riprendere a crescere nel 2019 e 2020. Gli accordi tra Italia e Regno Unito, spiega il rapporto, hanno garantito i diritti acquisiti per i cittadini di Stati membri dell’Ue che al 31 dicembre 2020 erano residenti nel Regno Unito e, viceversa, per i cittadini britannici che erano residenti in Europa.

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