Ambiente

“Che Polli!”: ritratto dell’insostenibilità intensiva

L’inchiesta di Giulia Innocenzi (trasmessa ieri sera da Report) ha messo in luce le problematiche degli allevamenti Fileni: dalla violazione di pratiche obbligatorie per i prodotti bio all’impatto inquinante degli impianti
Credit: Egor Myznik/unspla
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10 gennaio 2023 Aggiornato alle 15:00

Da tempo ambientalisti, climatologi e scienziati sottolineano l’insostenibilità degli allevamenti intensivi di varie tipologie animali che, fra emissioni di gas alteranti, inquinamento locale e alterazione della biodiversità, stanno ponendo una seria minaccia all’ecosistema globale. Ma oltre a queste esternalità negative, vi è anche il palese problema della trasmissione delle malattie dagli animali agli esseri umani, con il rischio concreto di nuove pandemie.

Per fronteggiare queste problematiche, negli ultimi anni diverse aziende del comparto agro-alimentare hanno adottato una serie di tecniche biologiche e diverse metodologie per allevare gli animali nel rispetto dell’ambiente. Fra queste è spiccata la Società Agricola Fileni, che ha ricevuto la certificazione B Corp nell’ambito dell’ecosostenibilità. Ma una’inchiesta della trasmissione Report di Rai 3, intitolata Che Polli!, solleva ombre, dubbi e svariate problematiche nella gestione degli allevamenti intensivi dedicati al pollame biologico.

Secondo l’inchiesta condotta dalla giornalista Giulia Innocenzi, nel mondo ci sono 26 miliardi di polli, di cui ben 500 milioni solo in Italia e circa il 10% sono allevati dalla Fileni. Date le problematiche poste dagli allevamenti intensivi, la società ha avviato da tempo dei siti bio nelle località di Falconara, Jesi Cannuccia, Marittima e Ostravetere, portando tali allevamenti a circa l’11% del totale della produzione secondo le dichiarazioni della azienda.

Ma l’indagine evidenzia invece la violazione di tutta una serie di pratiche obbligatorie per i prodotti bio e il successivo impatto inquinante degli impianti sulle zone circostanti. Diverse riprese video di Report e della onlus Lav (Lega anti vivisezione) mostrano i lavoratori operanti all’interno degli allevamenti maltrattare e uccidere gli animali che, invece di razzolare all’aperto per almeno un terzo della loro vita, rimangono spesso chiusi dentro e sottoposti a una luce artificiale atta a farli mangiare di continuo e ingrassare.

Un metodo per accelerare la produzione, ma che non rispetta le indicazioni sugli allevamenti biologici. Gli stessi mangimi dati ai polli, i quali sulle etichette dei prodotti in vendita sono dichiarati ogm-free, presentano al contrario tracce di organismi geneticamente modificati come mostrato dalle riprese video.

Centinaia di migliaia di polli presenti in ogni sito sono diventati anche un problema per il territorio circostante, fra odori insopportabili e il rilascio dell’ammoniaca. Il Comune di Jesi, insieme all’Arpam - Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche - negli ultimi mesi ha iniziato una serie di rilevazioni utilizzando una centralina dell’Arpa Lazio, la quale ha evidenziato valori di concentrazione di ammoniaca 10 volte superiori a quelli rilevati nell’Aia - autorizzazione integrata ambientale - presentata per l’autorizzazione dell’impianto da parte degli enti regionali.

La società Fileni, investita dalle polemiche, ha replicato che «entrando nel merito delle tendenziose e scorrette affermazioni del comitato, in merito alle rilevazioni effettuate dall’Arpam presso l’allevamento avicolo di Ripa Bianca di Jesi, dove si asserisce che i valori di ammoniaca riscontrati non sono nella normalità, si precisa che non esiste un limite, né nazionale né fissato a livello europeo, per i livelli di ammoniaca nell’aria».

Ma queste precisazioni non hanno fatto desistere l’eurodeputata Eleonora Evi, che ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea sulla pericolosità di questo tipo di emissioni, sottolineando la necessità di fermare gli allevamenti intensivi.

Nel frattempo numerose cause legali promosse nel 2022 da singoli cittadini hanno tentato di fermare l’edificazione di nuovi allevamenti nelle Marche e chiudere alcuni di quelli esistenti, con anche delle sentenze favorevoli da parte del Consiglio di Stato. Ma le lentezze burocratiche-legislative stanno comportando notevoli ritardi e problemi nell’attuazione delle sentenze.

Inoltre alcuni cittadini si sono lamentati del clima di indifferenza generale nei confronti di queste battaglie: «La cosa che mi dispiace molto è che non ho trovato appoggio da parte delle associazioni ambientaliste delle Marche, che hanno preso le difese di Fileni. Inoltre, si è creata una cortina di protezione anche da parte della stampa. Fare breccia è molto difficile a livello locale» ha denunciato Andrea Tesei, uno dei cittadini impegnati a fermare gli allevamenti della Fileni.

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