Diritti

Il lato oscuro dello Youtube francese

Violenza, molestie, stupro, corruzione di minore: da un tweet all’apertura di un’inchiesta giudiziaria, la Francia cerca di far luce sulle accuse mosse a youtuber e influencer
Credit: Cottonbro/pexe
Tempo di lettura 5 min lettura
9 gennaio 2023 Aggiornato alle 19:00

È iniziato tutto con un tweet con cui il noto youtuber francese Squeezie denunciava pubblicamente, nel 2018, il fatto che diversi personaggi noti del canale di condivisione video stessero approfittando della propria notorietà per manipolare e molestare giovani donne.

L’hashtag #BalanceTonYoutuber, nato sulla falsariga di #BalanceTonPorc (il corrispettivo francese del #MeToo), è tornato a infiammare le tastiere in questi giorni per parlare specificamente delle molestie di note web star.

Il motivo è chiaro: sostenere le donne e le ragazze che hanno denunciato alcuni youtuber francesi per molestie, violenza, stupro e corruzione di minori.

Visualizzati, cliccati, cercati, seguiti: le star del web sono le celebrities del nuovo millennio. Milioni di fan adoranti, spesso sotto i 18 anni di età, e molto potere a portata di un semplice click.

Potere che può agire come un boomerang, se non viene esercitato nel modo migliore. Tolti, infatti, nickname accattivanti e video divertenti si scopre che sotto le spoglie dei personaggi più noti dell’universo digitale si nascondono uomini d’affari potenti, che spostano centinaia di migliaia di euro con i propri contenuti e che possono utilizzare la propria posizione dominante per finalità illegittime. Per ottenere, magari, favori sessuali e contatti inappropriati con i loro stessi follower.

Sono diversi gli youtuber al momento nell’occhio del ciclone. Tutti accusati di reati gravi, alcuni dei quali sarebbero stati perpetrati a danno di diverse donne minorenni al momento dei fatti.

Tra i nomi noti spiccano quelli di Léo Grasset e Norman Thavaud, due pesi massimi del canale Youtube al centro di una vera e propria bufera mediatica e giudiziaria.

Diverse denuncianti descrivono Norman Thavaud, indagato per stupro e corruzione di minore, come un predatore. Lo schema di adescamento descritto è sempre lo stesso: messaggi manipolatori, richieste di immagini di nudo o a sfondo sessuale sempre più ardite, incontri fisici finalizzati a consumare atti sessuali. I comportamenti di Thavaud si sarebbero spinti fino a integrare delle minacce, nel caso in cui le ragazze avessero posto un freno alle sue richieste.

Per quanto riguarda Lèo Grasset, creatore del canale di divulgazione “DirtyBiology”, è stato accusato di molestie sessuali da un’altra videoartista, Clothilde Chamussy. Questa non è però la sola ad aver mosso delle accuse: altre sette vittime affermano di aver subito da Grasset violenze psicologiche e sessuali.

L’inchiesta non sembra arrestarsi a questi primi due nomi. Le web star coinvolte nelle voci di molestie sarebbero infatti numerose: Pierre Croce, VodK, WassFreestyle, Amarum, Anthox Colaboy, Math Podcast, Experiment Boy. Pseudonimi con migliaia di utenti, accusati di aver fatto richieste improprie o aver avuto contatti molesti con ragazze minorenni e non.

Le testate più famose parlano di “bomba” arrivata a colpire influencer e youtuber di successo, come se si trattasse di un evento inaspettato. Analizzando i dettagli del fenomeno, però, questo perde facilmente i contorni dello scandalo per vestire i panni più crudi e oscuri della “semplice” violenza di genere.

La famosa banalità del male caratterizza lo schema della violenza sulle donne e vede, troppo spesso, uomini potenti utilizzare la propria posizione per adescare, molestare e violentare giovani donne. Ciò che in questo caso rende la questione ancora più controversa è che sono coinvolte ragazze spesso minorenni e personaggi diventati famosi nel mondo digitale.

Questi utilizzerebbero, quindi, gli stessi canali che li hanno portati alla ribalta per perpetrare le proprie azioni criminose in danno delle proprie follower. Utilizzando la piattaforma di condivisione come un vero e proprio terreno di caccia.

Episodi simili di violenza sono, ormai da anni, al centro delle cronache giudiziarie e dei titoli di giornale e non possono considerarsi più episodi isolati. Non consistono in un appannaggio delle tanto citate “mele marce” quanto più espressione della cultura del c.d. “cesto marcio”.

Non sono singoli e isolati soggetti, quanto il contesto di fama, notorietà e potere che spinge gli autori di reato a credersi superiori alla legge, alle regole e alla stessa moralità. Agevolati da un ambiente che li protegge e li rende invisibili troppo a lungo.

Le molestie sessuali, lo stupro, la violenza, la corruzione di minori (come nel caso di specie) non sono purtroppo cosa nuova. Quello che inizia a cambiare è il vigore della voce delle donne nel denunciare e far luce su vicende simili.

Movimenti come il #MeToo, prima, e il #BalanceTonYoutuber, ora, stralciano il velo dell’omertà che ha caratterizzato per decenni questi “cesti marci”. Contesti di silenzio complice, nei quali prolifica violenza, prevaricazione e adescamento sessuale.

I valori che hanno caratterizzato il metoo, dando vita a tutta una concatenazione di eventi positivi per l’autodeterminazione delle donne, costruiscono una rete di supporto emotivo, anche sul piano digitale, che rafforza gli intenti delle vittime sul piano reale.

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