Diritti

Neanche le pensioni si salvano dal gender gap

In media le donne che arrivano al pensionamento raggiungono solo il 74% della ricchezza degli uomini, riporta il Global Gender Wealth Equity 2022. In Italia, il 76%
Credit: Matt Bennett/unsplash
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5 gennaio 2023 Aggiornato alle 07:00

Il gender gap è un tema cruciale per le economie nazionali, sia sotto il profilo retributivo che sotto quello previdenziale. Secondo quanto emerge dallo studio svolto dalla Wtw (Willis Towers Watson) - società specializzata in consulenza aziendale, brokeraggio assicurativo e gestione del rischio in imprese e istituzioni - il gap di genere del patrimonio al momento del pensionamento rimane, ancora oggi, troppo elevata.

Dal report Global Gender Wealth Equity 2022 emerge che, a livello mondiale, in media le donne arrivano alla pensione con il 74% del patrimonio rispetto a quello degli uomini. Questo valore varia dal 60% nel peggiore dei casi, come per la Nigeria, al 90% nel migliore, come nella Corea del Sud.

La differenza in campo previdenziale ha anche una stretta correlazione con il livello di seniority raggiunto: le donne che arrivano al momento del pensionamento ricoprendo ruoli di responsabilità e di leadership raggiungono il 62% della ricchezza accumulata da pari ruoli maschili; per i ruoli professionali e tecnici, resta una differenza elevata, pari al 69%. Il divario si riduce solo per i ruoli operativi o di supporto, raggiungendo l’89%. In Italia, la situazione si rispecchia in questi dati, con le rispettive percentuali: il 61% per i ruoli di leadership, il 72% per i ruoli professionali e tecnici e il 93% per i ruoli operativi.

In Europa si registra il gap previdenziale più contenuto rispetto a quello degli altri continenti: le donne europee accumulano infatti il 77% del patrimonio rispetto agli uomini al momento del pensionamento, poco più dei 3/4. Il nostro Paese, quindi, si trova in linea con la media europea, con il suo 76%, registrando un punteggio più elevato, invece, rispetto alla media globale (74%). Per quanto riguarda gli altri Stati Ue, la Spagna è il Paese che registra il valore più alto, con l’86%, mentre nei Paesi Bassi viene invece rilevato il valore più modesto (70%).

Per quanto riguarda il resto del mondo, negli Stati Uniti il gender gap pensionistico si attesta al 74%, con un valore leggermente più elevato rispetto alla media globale, al contrario del Canada dove le donne accumulano, invece, il 78% della ricchezza degli uomini in vista della pensione, valore superiore alla media. Con riferimento ai Paesi che registrano il divario previdenziale più importante, invece, al primo posto si posiziona la Nigeria, con una differenza pari al 60%, seguita da Argentina (61%), Messico e Turchia (63%).

Secondo quanto affermato da Manjit Basi, senior director del team Integrated & Global Solutions di Wtw «esiste un divario economico di genere in tutti i 39 Paesi analizzati». Le cause principali che vengono attribuite al divario sono principalmente il gender pay gap, ovvero la differenza tra la retribuzione maschile e quella femminile, i ritardi incontrati nel percorso di carriera, nonché l’insufficiente livello di informazione in campo finanziario e la responsabilità femminile nella cura della famiglia.

Inoltre, Basi dichiara anche che «analizzando la ricchezza accumulata al momento del pensionamento, è possibile quantificare la disparità di genere e intraprendere azioni che coinvolgono la società, il governo e le aziende al fine di ridurla».

Ma c’è una buona notizia: l’impegno da parte degli Stati e delle aziende nel promuovere l’inclusione e l’equità è sempre maggiore, anche nel nostro Paese. Lo dimostra il provvedimento della Regione Sicilia, la quale ha accettato le istanze presentate da 61 imprese femminili per il finanziamento di oltre 9 milioni di euro, nell’ambito del Fondo Sociale Europeo. L’obiettivo è quello di investire su percorsi di formazione per l’inserimento lavorativo e per l’avvio di imprese di donne disoccupate o inoccupate, con età compresa tra i 16 anni e i 56 anni compiuti, e che abbiano completato la scuola dell’obbligo. Questi finanziamenti sono destinati anche alle donne vittime di violenza e donne extracomunitarie, purché siano in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo o con asilo e protezione sussidiaria in Italia da almeno 2 anni. I primi 21 decreti di impegno sono già andati a buon fine, mentre per gli altri si è in attesa della validazione della progettazione esecutiva che precede l’emissione delle somme.

Con questa misura, si vuole riconfermare l’impegno del Governo a sostegno dell’occupazione femminile e della riduzione del gender gap, aiutando le donne ad avvicinarsi al mondo del lavoro attraverso la formazione riguardo le competenze base necessarie per avviare nuove attività.

Anche il mercato procede verso l’equità: basti pensare alla crescente attenzione posta sui temi Esg Environmental, Social, Governance – che esercita un impatto positivo nella ricerca di soluzioni che possano portare a una riduzione sempre maggiore della differenza di genere. Attenzione, però: non è un buon motivo per fermarsi ora, perché l’obiettivo dell’equità di genere è ancora molto lontano.

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