Diritti

DEI: male 1 azienda su 3

Secondo l’indagine di Workday e Sapio Research il 36% delle realtà lavorative “nega, banalizza e tratta in modo conflittuale” le politiche su Diversità, Equità e Inclusione
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16 dicembre 2022 Aggiornato alle 18:00

Diversità, equità e inclusione: sono parole che all’interno della tua azienda vengono viste di buon grado? A ottobre Istat ha fotografato un tasso di occupazione al 60,5%. Un record che in Italia non vedevamo dal 1977. Più occupati, sì, ma come viene vissuto l’ambiente lavorativo nel nostro Paese?

Secondo l’indagine condotta da Workday, società leader nelle applicazioni cloud aziendali per la finanza e le risorse umane, in collaborazione con Sapio Research, dobbiamo ancora fare strada. Oltre un’azienda su 3 (il 36%) nega, banalizza e tratta in modo conflittuale le politiche su diversità, equità e inclusione (DEI). Un dato notevole, soprattutto se pensiamo che all’interno delle iniziative DEI sono incluse azioni atte a incentivare l’accettazione delle differenze di genere, di etnia, di religione, di orientamento sessuale, di età e di estrazione sociale.

Non ci credono abbastanza oppure, più semplicemente, non ritengono necessario e centrale l’inclusione senza pregiudizi e stereotipi all’interno del luogo di lavoro? Gioco di forza o di strafottenza? Lo studio ha coinvolto 301 professionisti tra HR e business leader italiani nell’ambito delle iniziative di diversità, equalità e inclusione (DEI), appartenenti a multinazionali e medie imprese italiane.

Dalle loro risposte si evince che le criticità intorno alla documentazione e all’analisi dei risultati delle iniziative su diversità, equità e inclusione riguardano principalmente i nuovi sistemi tecnologici e software di registrazione che non sono così efficienti (62%). I tools indicati come più utilizzati sono ancora i sistemi di comunicazione interna come l’Intranet aziendale o l’instant message. Appena il 24% delle aziende misura l’impatto sul business e il valore percepito dai dipendenti delle iniziative di inclusione, mettendo ai primi posti i KPI riguardanti la disabilità, l’età e il genere.

Il quadro generale che viene fuori dalla survey, però, esprime due facce della stessa medaglia. Se da un lato notiamo una continuità con gli anni passati – quando di equità e diversità si parlavamo molto poco e spesso male – c’è anche chi, invece, porta avanti una comunicazione proficua in tal senso. Il 35% degli intervistati ha affermato con fierezza l’adozione di pratiche virtuose per celebrare le differenze da parte della propria organizzazione. Esistono aziende (25%) in cui la pratica del dialogo e dell’accettazione reciproca è diventata fondamentale, al pari della produttività lavorativa.

Una necessità che, negli anni, sta rispondendo a esigenze sempre maggiori da parte dei dipendenti. Per questo motivo il 75% delle organizzazioni ha dichiarato di avere un budget dedicato a disposizione delle politiche su diversità, equità e inclusione per il 2021. Questa percentuale viene suddivisa in tre tipologie di investimenti: il 19% pianifica il budget solo per iniziative a lungo termine, il 26% solo per azioni a breve termine mentre il 30% delle organizzazioni (in diminuzione del 14% rispetto al 2021) suddividono il loro budget tra progetti a breve e lungo termine in modo da produrre un cambiamento strutturale all’interno del contesto organizzativo.

Buone nuove anche in vista dell’anno che sta per arrivare: il 34% delle imprese prese in esame ha dichiarato che aumenterà il budget per le iniziative DEI. Solo il 7%, invece, intende diminuirlo, mentre il 45% ha deciso di mantenere gli stessi investimenti pianificati per il 2022. Una risposta concreta verso una crescente richiesta di attenzione ai temi connessi ai diritti civili. Oggi più che mai presenti e attenzionati dall’opinione pubblica e che si riversano anche nell’ambito professionale.

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