Diritti

“Donna, vita, libertà”: domani la manifestazione a Roma

In occasione della Giornata mondiale per i diritti umani, il Partito Radicale ha organizzato una marcia a sostegno della rivoluzione iraniana e di tutti i popoli tormentati da guerre e regimi antidemocratici
La protesta globale contro il regime iraniano a Roma, "The time has come", il primo ottobre 2022
La protesta globale contro il regime iraniano a Roma, "The time has come", il primo ottobre 2022 Credit: ANSA / ANGELO CARCONI
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
9 dicembre 2022 Aggiornato alle 19:00

Mancano poche ore alla Giornata mondiale dei diritti umani, che si celebra ogni anno il 10 dicembre dal 1950, quando l’Assemblea generale dell’Onu decise di adottare la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che sancisce i diritti inalienabili che tutti possiedono in quanto esseri umani, senza distinzioni di alcun genere.

In occasione di questa ricorrenza, il Partito Radicale ha organizzato una “marcia per i diritti umani” in partenza da Piazza della Repubblica a Roma alle ore 10:00 di sabato 10 dicembre. “Noi ci appelliamo a tutte le donne e agli uomini di buona volontà dicendo loro Ucraina – Iran, Kjiv – Teheran: due popoli, stessa lotta per la libertà e la giustizia, senza le quali non ci può essere pace”, recita l’appello per la partecipazione alla manifestazione. Hanno già aderito in molti, tra cui il cantante Vasco Rossi, l’attore e regista Rocco Papaleo, Don Luigi Ciotti e l’ex segretaria della Cgil Susanna Camusso.

Irene Testa, tesoriere del Partito Radicale, spiega alla Svolta che non si tratta della prima manifestazione a sostegno del popolo iraniano, ma «abbiamo manifestato in perfetta solitudini per 12 volte di fronte all’ambasciata iraniana. Questa iniziativa, che portiamo avanti insieme alla comunità iraniana da quasi 3 mesi, sfocerà nella manifestazione di domani, non a caso nella Giornata mondiale dei diritti umani».

Quello che sta accadendo in Iran è «inaccettabile - sostiene Testa, e - il lavoro del Partito Radicale in questi mesi di silenzio assordante ha prodotto qualche risultato: finalmente anche il Governo e le istituzioni prendono posizione su quanto sta accadendo. Occorre attivare tutti gli strumenti, non solo da parte dell’Italia, ma anche della comunità internazionale, per poter fermare le esecuzioni e far indietreggiare il regime».

Bisogna fare in fretta, continua Testa, «e aiutare questo popolo a ottenere democrazia, libertà e una repubblica parlamentare e laica, e a liberarsi da questo regime che li sta massacrando brutalmente».

All’alba dell’8 dicembre, infatti, si è tenuta la prima esecuzione di un manifestante a seguito delle proteste che si sono diffuse a macchia d’olio nel Paese dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda morta sotto la custodia della polizia dopo essere stata arrestata per non aver indossato correttamente il velo. L’esecuzione di Mohsen Shekari arriva a un mese dalla sentenza di morte per aver partecipato alle proteste antigovernative che scuotono l’Iran dalla fine di settembre.

Il ragazzo è stato ritenuto colpevole di “inimicizia contro Dio”, un’accusa che comporta la pena capitale, per “aver bloccato una strada, aver estratto un’arma con l’intenzione di uccidere e avere ferito intenzionalmente un ufficiale durante il servizio”. I familiari hanno appreso la notizia mentre attendevano sue notizie fuori dal carcere dove era detenuto. Amnesty International Italia, intanto, avverte che almeno altre 28 persone rischiano la stessa sorte di Shekari. Tra loro ci sono 3 minorenni.

Il regime, intanto, non arretra. In queste ore il ministro degli Esteri di Teheran Hossein Amirabdollahian ha dichiarato in una nota che il governo sta mostrando la “massima moderazione nel contrastare i disordini e, a differenza di molti regimi occidentali, ha impiegato metodi antisommossa proporzionati e standard. Lo stesso vale per il processo giudiziario: moderazione e proporzionalità”. Lo riferisce Adnkronos.

Sui social gli attacchi del regime si sono concentrati sulla vicepresidente del Parlamento europeo ed esponente del Partito democratico Pina Picierno, che su Twitter aveva definito l’impiccagione di Mohsen Shekari, di soli 23 anni, “la prima folle sentenza di morte eseguita per un manifestante in Iran”. Picierno aveva anche assicurato: “Ci troverete dalla parte della libertà, dalla parte dei manifestanti. Sempre”. Dopo qualche ora dalla pubblicazione, il ministero degli Esteri di Teheran ha accusato l’Occidente di “ipocrisia” e di “ospitare, sostenere e incoraggiare i terroristi”, taggando, insieme a varie personalità politiche come la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, anche Picierno.

Il Partito Democratico ha condannato il gesto in un tweet: “Il governo iraniano attacca in un comunicato anche la nostra vicepresidente del Parlamento europeo, che ha denunciato pubblicamente sentenza ed esecuzione a morte di Mohsen Shekari. Siamo al tuo fianco, Pina!”. Anche Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, non è rimasta indifferente: “Esprimo la mia solidarietà e quella del Parlamento europeo alla Vicepresidente Pina Picierno - ha twittato - L’Ue sarà sempre unita contro la pena di morte e dalla parte di tutte le donne e gli uomini che scendono in strada per difendere la libertà e il rispetto dei diritti umani”.

Anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha criticato duramente l’uccisione di Shekari, dicendosi “indignata”: “Questa inaccettabile repressione da parte delle autorità iraniane non può lasciare indifferente la comunità internazionale, e non potrà fermare la richiesta di vita e libertà che viene dalle donne e dai giovani iraniani”. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha parlato di un “punto di non ritorno. […] Continueremo in ogni sede, con le nostre pressioni diplomatiche, a difendere la libertà e i diritti umani violati da Teheran”.

Poche ore fa, come riporta l’agenzia Mehr, il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha promesso che i colpevoli dell’uccisione delle forze di sicurezza durante le proteste antigovernative degli ultimi mesi saranno identificati e puniti “seriamente” attraverso gli organi “pertinenti”. Oggi, ha aggiunto Raisi, “le città iraniane devono la loro sicurezza e incolumità al sangue dei giovani che si sono opposti ai rivoltosi. Sebbene la loro perdita sia molto difficile per tutti, la disperazione dei nemici è un grande risultato”.

Intanto, le proteste non fanno che intensificarsi, così come la repressione delle autorità: una decina di medici e infermieri iraniani che trattano i manifestanti in segreto per evitare l’arresto, hanno dichiarato al quotidiano britannico Guardian che le forze di sicurezza sparano a distanza ravvicinata ai manifestanti, ma quando mirano alle donne si concentrano su volto, seno e genitali, allo scopo di “distruggere la loro bellezza”. Insieme alle testimonianze, rilasciate in anonimato per il timore di ripercussioni, il personale medico ha fornito anche le foto delle ferite visibili sul corpo delle manifestanti. Secondo gli attivisti, il trattamento differente in base al genere non è una sorpresa, dato il dominio misogino degli ayatollah iraniani.

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