Culture

God save the Queer

Il saggio di Michela Murgia prova a dare risposta a quella che per molti e molte è una domanda esistenziale: è possibile essere persone cattoliche, femministe e queer? Spoiler: sì
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
26 novembre 2022 Aggiornato alle 15:00

“Come fai a tenere insieme la tua fede cattolica e il tuo femminismo? Non la senti la contraddizione?”. Michela Murgia si è sentita ripetere questa domanda un’infinità di volte. La risposta è God Save The Queer. Catechismo femminista (Einaudi, 14,50€, 152 pagine), un audace pamphlet, popolare e coltissimo che partendo dalla rilettura della professione di fede cattolica, il Credo, attraversa l’iconografia e le rappresentazioni che la Chiesa Cattolica si è data e ha dato ai suoi fedeli per capire se sia possibile risolvere la contraddizione tra essere donne, attivistǝ e femministǝ e appartenere a una delle istituzioni patriarcali per eccellenza.

È un libro che per rispondere a un quesito interroga se stessa, gli altri credenti, la Bibbia, Dio stesso.

Un libro in cui tuttǝ - non solo le donne o ǝ femministǝ, o credenti, ma anche uomini, atei e agnostici - possono trovare, se non risposte, nuove domande. Tuttǝ a eccezione, forse, di quellǝ che Murgia definisce le persone cristianizzate, frutto di un processo culturale prima che spirituale “cresciute dentro la cornice religiosa in cui sono nate, senza aderirvi mai fino in fondo, e senza però prenderne le distanze”.

Sono proprio questi fedeli senza Dio, in fondo, a far sembrare così inconciliabile una vita fatta di fede e attivismo, di spiritualità e consapevolezza molto terrena della condizione di donne e minoranze . Quelle stesse minoranze che discriminate da quella “istituzione maschilista plurimillenaria, che pratica la discriminazione nelle sue stesse strutture, prima ancora che nella sua dottrina?”.

Quella Chiesa che di tutte le rappresentazioni del divino ha innalzato proprio quella – l’uomo anziano, padre barbuto – la cui supremazia ha risuonato per secoli nelle liturgie in una delle preghiere simbolo della religione cattolica: il Padrenostro, appunto. Un’immagine sbagliata, non solo perché è un’immagine dell’irrappresentabile, ma anche perché Dio, nella Bibbia, assume molte forme.

Il Dio di Murgia è un Dio imperfetto, meno onnipotente ma più simile alle sue creature fallate e fallibili che ha creato. È il Dio della Genesi che ammette di aver sbagliato – ma quanti uomini sono in grado di farlo? – nel creare Adamo da solo e procede per tentativi prima di capire che la sua compagna deve essere la donna, Eva.

Non “un solo Dio, padre onnipotente”. Non un Dio Cenerentola, unico modello che per secoli è stato dipinto come la sola possibilità di rappresentazione per milioni di fedeli, come se fossero bambine a cui è stato proposto un unico modello di vita possibile.

Ma è soprattutto la vicenda del figlio Gesù che “rivista in chiave queer offre spunti preziosi tanto alla militanza quanto alla fede, senza che appaia tra i due percorsi alcuna sostanziale incompatibilità. È da donna, da femminista e da cristiana allo stesso tempo che posso ricercare, praticare e proteggere le soglie, i luoghi di confine tra le gabbie sociali in cui si pretenderebbe che tuttǝ restassimo, in qualunque forma si presentino, anche la più scomoda”.

Quello di Murgia è un libro difficile come può esserlo un saggio teologico pieno di riferimenti iconografici e bibliografici; soprattutto, però, è una riflessione estremamente personale e forse proprio per questo più universale di tanti saggi.

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