Ambiente

La Cop che vuole salvare gli squali

Ogni anno vengono uccisi 100 milioni di esemplari. Ma alla Conferenza delle parti di Cites, a Panama, è arrivato un voto decisivo per proteggere oltre 50 specie
Credit: Ali Maah/ Unsplash  
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28 novembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Un voto storico in difesa degli squali. Nei giorni scorsi, mentre alla Cop27 in Egitto andavano in scena le ultime drammatiche ore di negoziati nel tentativo di salvare il Pianeta dalla crisi del clima, a Panama i rappresentati di 186 nazioni erano riunite in un’altra Cop, la Conferenza delle parti di Cites, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione.

Fra gli scopi di questo incontro c’era la volontà di stabilire nuove regole relative al commercio di diverse specie: con lo squalo martello scelto fra i simboli del logo della Cop di Panama, non era davvero più rimandabile la questione della protezione dei grandi pesci presenti in tutti gli oceani.

Gli squali insieme alle razze sono oggi fra le specie più minacciate del Pianeta (sono diminuiti del 70% in oltre 50 anni) e solo per il finning (taglio delle pinne) e per farne zuppe si stima che ogni anno nel Pianeta vengano uccisi 100 milioni di squali.

Una cifra enorme, alimentata dal commercio della carne e delle pinne destinate al mercato asiatico con l’aiuto di porti e imbarcazioni europee.

Senza una regolamentazione specifica si è arrivati finora a una pesca eccessiva tale da mettere in ginocchio una specie già minacciata per perdita di biodiversità e crisi del clima.

Per fortuna però, in quella che gli ambientalisti hanno salutato come una decisione storica, alla Cop Cites di Panama è arrivato un voto decisivo per limitare o regolamentare il commercio di 54 specie di squali (tra cui per esempio il toro, tigre e altri), spesso coinvolti proprio nel business delle pinne.

Anche alcune specie di squali martello sono stati inseriti nella lista per aiutarne la conservazione.

Prima di questa Cop panamense, appena il 25% delle specie di squali era tutelato dai controlli Cites, con il nuovo accordo invece rientrano fra quelle da proteggere la maggior parte (circa il 70%) delle specie di squali oggi commercializzate.

Ad avanzare la proposta è stato proprio il paese ospitante, Panama, con il sostegno di altri 40 Stati.

L’accordo prevede che i paesi garantiscano la legalità, la sostenibilità e l’applicazione delle norme rispetto a commercio ed esportazioni.

«Ora, finalmente, il commercio di pinne di squalo profondamente insostenibile sarà completamente regolamentato», ha spiegato esultando Luke Warwick, direttore della conservazione di squali e razze per la Wildlife Conservation Society.

Secondo gli esperti le nuove protezioni daranno agli squali la possibilità di riprendersi e “cambieranno per sempre il modo in cui i predatori oceanici del mondo sono gestiti e protetti”. Ci sono però anche rischi che, includendo alcune specie nell’elenco Cites, aumenti il numero di pescatori illegali dato che il prezzo potrebbe schizzare alle stelle sul mercato nero.

Per ora però si festeggia per una mozione che è passata con 88 voti favorevoli, 29 contrari e 17 astenuti dopo un lungo dibattito.

Fra i contrari c’era il Giappone che chiedeva di includere solo 19 delle specie più a rischio oppure il Perù che ha cercato di escludere dalla lista la verdesca: entrambe le proposte sono state però respinte.

Tutte le decisioni Cites sono vincolanti per gli Stati membri che avranno un anno di tempo per adeguare i loro regolamenti nel tentativo di aiutare davvero il futuro di questi animali.

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