Ambiente

Meno carne, meno riscaldamento globale

Oltre a rappresentare un bene per i tanti animali torturati nell’industria alimentare, un minor consumo ridurrebbe le emissioni di gas serra. A vantaggio della salute del Pianeta
Credit: Bernd Weißbrod/dpa
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19 novembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Per contrastare il cambiamento climatico, incentivare alla riduzione del consumo di carne e di altri prodotti di origine animale dovrebbe essere una priorità della comunità internazionale riunita in questi giorni alla Cop27, ma nonostante gli appelli a invertire la rotta da parte dei più autorevoli organismi internazionali, tra i quali Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), Oms (Organizzazione Mondiale della sanità) e Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), il consumo nel mondo continua ad aumentare.

Questo accade senza che sia stata finora implementata alcuna strategia concreta per evitare che la zootecnia intensiva provochi la distruzione degli ecosistemi e l’estinzione di intere specie nel mondo, come denunciato dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.

La necessità di ridurre il numero di animali allevati e il consumo di carne è urgente non solo perché lo sfruttamento di questi esseri viventi è estremo e le forme di protezione sono insufficienti, ma anche perché l’industria della carne è uno dei principali responsabili di emissione di gas serra. A dirlo sono numerose ricerche internazionali che mostrano come l’aumento di carne a livello globale sia connesso alla crescita delle emissioni inquinanti.

Se la Fao ha stimato nel 2006 che il 14,5% delle emissioni di CO2 nel mondo provengono dall’allevamento degli animali, uno studio più recente pubblicato su Nature Food ha analizzato invece l’intera filiera, dalla produzione di mangimi all’allevamento, passando per il trasporto, fino a giungere al consumo nel piatto.

Ciò che è emerso da questa osservazione è che l’impatto ambientale dell’industria alimentare è di 9,796 miliardi di tonnellate, pari al 35% di gas serra nel mondo.

Uno studio della University of Sydney ha registrato un costante aumento del consumo globale di carne, passato da 29,5 kg per persona all’anno nei primi anni 2000 agli attuali 34 kg.

In Italia la crescita è di 79 kg di carne pro-capite ogni anno, addirittura più del doppio della media mondiale. Tuttavia di questo consumo così massiccio non c’è alcun bisogno, anzi, soltanto nell’Unione europea è circa il 70% in più rispetto a quanto raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Le modalità predatorie che caratterizzano l’industria zootecnica, insomma, sembrano dipendere anche da una domanda di carne che purtroppo non accenna a diminuire, a danno di animali, ambiente e persone. Come mostrato attraverso il nostro lavoro investigativo, gli allevamenti intensivi comportano infatti sofferenza, diffusione di malattie e deforestazione, solo per citare alcune gravi conseguenze.

Come Animal Equality chiediamo quindi un cambiamento del sistema alimentare che supporti il progetto del Green Deal europeo di raggiungere un sistema alimentare più equo e sostenibile, riducendo il numero di animali allevati, adottando politiche di protezione ambientale e favorendo la produzione di proteine vegetali.

L’alternativa alla distruzione dell’ecosistema, dunque, esiste. Cosa aspetta quindi la comunità internazionale ad affrontare un problema che danneggia tutti?

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