Diritti

Vestiamo arancione per la “16 Days Campaign”

L’iniziativa partirà il 25 novembre e terminerà il 10 dicembre, in occasione dello Human Rights Day
Credit: Tima Miroshnichenko
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15 novembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Sebbene chi scriva sia sostenitore della campagna L8 tutto l’anno, portata avanti con The Thinking Watermill Society e Agora Pharma - per ricordarci che i diritti delle donne si rivendicano e si difendono non solo l’8 marzo ma tutti i giorni - l’iniziativa delle Nazione Uniti e sostenuta dallo stesso Segretario generale Antonio Guterres contro la violenza di genere è davvero la benvenuta.

Parte il 25 novembre, giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e dura sino al 10 dicembre, giornata mondiale dei diritti umani: perché, anche se sembra superfluo ricordarlo, i diritti delle donne sono diritti umani.

È un‘iniziativa che ormai si ripete dal 1991 e sarebbe bello pensare che presto questo periodo sia dedicato solo alle commemorazioni di vecchie battaglie, che ormai non servono più. In questi giorni tutti sono invitati a sostenere la causa, semplicemente indossando abiti arancioni, che ricordano il tema delle lotte contro la violenza di genere (Orange the World è il nome della campagna promossa da UN Women per fermare queste violenze) o sostenere iniziative più concrete.

Nel nostro piccolo, con the Thinking Watermill Society ci si siamo uniti a una Ong ugandese, Dwona Initiative, della quale sono uno dei directors indipendenti (ovvero senza poteri esecutivi), e abbiamo costituito un gruppo di educatori che si recherà in 6 scuole e 2 comunità rurali in Uganda per affrontare, anche attraverso giochi, i temi della violenza e quale siano le sue diverse manifestazioni, con pieno coinvolgimento di femmine e maschi perché vi sia un cambio di mentalità (la violenza di genere è un problema di tutti, non solo delle donne che la subiscono). Così come facciamo nelle nostre campagne sull’igiene mestruale dove maschi e femmine imparano insieme cosa sia il ciclo, come esso funzioni e come si producono gli assorbenti senza stigma o pregiudizi.

La campagna sarà indirizzata non solo ai bambini, ma anche agli educatori e agli amministratori scolastici e delle comunità per creare coscienza e stimolare azioni al fine di identificare situazioni concrete sulle quali dovere intervenire.

In particolare, attraverso l’arte, cercheremo di aiutare i bambini a esprimere i loro pensieri ed eventualmente i propri disagi, magari attraverso un disegno. Il progetto si chiama Let Art be My Voice e si basa sull’arte quale strumento di comunicazione più semplice, a portata dei bambini e di coloro che, traumatizzati, non riescono ad affidarsi ai consueti strumenti di comunicazione.

Questa è una sola delle iniziative. Ognuno di noi può immaginarne e realizzarne altre, di modo che ogni anno non ci si limiti al doloroso e sterile conteggio delle donne uccise o oggetto di violenza, perché riteniamo che ognuno di noi, di fronte alla violenza ricorrente e all’abominio, non possa rimanere indifferente (ce lo insegna la nostra senatrice Liliana Segre) e debba almeno una volta nella vita porsi la domanda: cosa ho fatto io per evitare tutto questo?

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