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Rave party: tutto quello che devi sapere

Dalle origini delle manifestazioni musicali autogestite fino al nuovo decreto, approvato dal Consiglio dei ministri il 31 ottobre, che continua a far discutere. Perché è un tema tanto divisivo?
Credit: Aleksandr Popov/ Unsplash
Tempo di lettura 8 min lettura
3 novembre 2022 Aggiornato alle 19:00

Arriva dal secondo Consiglio dei ministri, il primo esecutivo, l’approvazione da parte del nuovo Governo guidato da Giorgia Meloni di tre leggi che ridisegnano il quadro normativo italiano in ambiti considerati importanti per l’Esecutivo: giustizia, salute e sicurezza.

Proprio riguardo a quest’ultima, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha comunicato il decreto relativo all’ordine pubblico, che riguarda i rave party in Italia, argomento non nuovo ma che recentemente non aveva registrato dei passi in avanti a livello legislativo.

La mancanza di una vera e propria normativa che ne impedisca la realizzazione sul territorio ha reso il nostro Paese una delle mete più gettonate da organizzatori e partecipanti a raduni di massa non autorizzati.

Dopo l’episodio del rave party di Modena poi sgomberato, il Governo ha accelerato i tempi con il nuovo decreto legge che stabilisce che in caso di “invasione” di terreni o edifici, pubblici o privati, se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica, è prevista la reclusione da 3 a 6 anni e una multa da 1.000 a 10.000 euro. In caso di condanna su richiesta delle parti, è prevista anche la confisca delle cose utilizzate per commettere il reato.

Origine e storia dei rave party

Molti di questi eventi sono nati nel tempo con l’intenzione di rimanere estranei e distanti dal sistema; negli ultimi anni, anche per via dei social network questa cultura ha avuto ancora più diffusione diventando un fenomeno sociale più accessibile.

I free party, comunemente chiamati anche rave party, sono ufficialmente manifestazioni musicali autogestite e gratuite nate alla fine degli anni ‘80.

La parola rave deriva dal verbo inglese to rave, che significa “parlare con entusiasmo”, “parlare con eccitazione e in maniera non controllata”. La parola deriva anche dall’inglese raven, ossia il corvo imperiale o corvus corax, in grado di parlare come fanno i pappagalli: i corvi imperiali sono in grado di comunicare in maniera incontrollata e con entusiasmo, da questo fatto è nato il verbo inglese to rave.

Caratterizzati dal ritmo incalzante della musica, principalmente tekno, i rave party si tengono solitamente in spazi isolati, all’interno di aree industriali abbandonate o in grandi spazi aperti, come campi, boschi e foreste, con durata variabile da una notte fino a più di una settimana.

A influenzare maggiormente la scena dei rave la controcultura hippy che ha ispirato anche il movimento dei traveller, nomadi che organizzavano grandi fiere gratuite per denunciare problemi politici nei confronti di un sistema che impone divieti, repressione, leggi e controlli.

Tra le componenti che hanno dato origine ai rave party abbiamo la nascita della musica elettronica, segnata fin dai suoi albori dalla marginalità rispetto alla società: essa si sviluppa fra le minoranze.

In Italia il fenomeno si sviluppò verso la fine degli anni ‘80, legato appunto alla musica elettronica che cominciò a prendere piede in alcune discoteche Italiane; nel giugno del 1990 nel Mugello, ci fu “World Beat Dance Festival”, grande raduno dedicato alla nascente musica House/Elettronica con 4000 giovani da tutta Italia.

In quella occasione un ragazzo di 19 anni perse la vita a causa di una coltellata durante una rissa.

Si cominciarono a organizzare feste completamente illegali, distanti dalla scena pubblica, in capannoni e fabbriche abbandonate nelle periferie di Roma e Bologna, considerate come atto sovversivo e azione diretta di riappropriazione di luoghi una volta appartenuti al lavoro operaio, allo sfruttamento, e che invece con l’allestimento del “Rave” volevano diventare spazi dove rivendicare la piena libertà individuale.

Rave party più famosi

Il fenomeno all’inizio si diffuse rapidamente dall’Inghilterra verso l’Europa. Divenne così una realtà molto vissuta in Paesi come Francia, Italia, Spagna e Repubblica Ceca.

Tra i rave party più famosi abbiamo Clink Street del 1988, il primo party senza licenza nei capannoni londinesi di Clink Street chiamato Rip (Revolution in progress).

Tra Natale ‘91 e capodanno ‘92, Spiral Tribe e Cirkus Normal 10.000 raver occupano il tempio del rock Roundhouse di Camden Town.

Nel 1992 a Castlemorton in Inghilterra, tra 50.000 persone, gli Spiral Tribe verranno arrestati, andranno incontro al processo simbolo della generazione rave, mentre il Parlamento inizia a lavorare a un decreto repressivo.

In Italia, nel 1999 una carovana di raver si raduna in Toscana per una settimana fino al Lago di Bolsena, dove però un ragazzo annega. Nel 2001, a Parigi, la tribe degli Heretik occupa la piscina Molitor, 3.000 persone danzano per 24 ore, in pochi mesi arriverà la legge Mariani contro i grossi raduni illegali in Francia.

I Paesi dove sono vietati i rave party

Oggi non sono pochi i Paesi dove sono vietati i rave party.

In Europa dove la problematica era presente da diversi anni, nel 1994 il Governo britannico ha emanato il Criminal Justice Act che stabilì il divieto di riunirsi senza permessi, con la possibilità di sequestrare furgoni, camion e attrezzature tecniche.

Dopo è stata la volta della Francia, che aveva preso il posto di Londra per i rave di mezza Europa, ma che nel 2002 introdusse la legge Mariani, normativa con cui si è vietata l’organizzazione di rave party senza l’ok dell’Autorità di Pubblica Sicurezza, prevedendo il sequestro degli impianti di amplificazione e conseguenze penali per gli organizzatori.

Per i rave party non autorizzati fin a poco tempo fa in Italia, senza una legge specifica in materia, utilizzavano il Tulps (Testo unico pubblica sicurezza) e il codice penale, norme che puniscono in maniera generica la violazione di proprietà privata, l’allaccio abusivo a luce e acqua e chi si riunisce senza autorizzazione per finalità di lucro. Ma non chi lo fa per ascoltare a tutto volume musica tekno nelle zone industriali o abbandonate del Paese. Questa rientra nei diritti previsti dall’Articolo 17 della Costituzione che regola la libertà di riunione senza il permesso del Questore.

Decreto legge sui rave party 2022

La questione del contrasto ai rave era già sul tavolo della precedente ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, che si era mossa non per bloccarli fisicamente ma per definire una norma che portasse l’Italia al passo con altri Paesi europei. Con il nuovo governo Meloni c’è stata un’accelerazione determinata anche dall’episodio di Modena.

Con il decreto legge sui rave party 2022 presentato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dopo il primo Consiglio dei ministri operativo, organizzare e partecipare ai rave party diventa un reato specifico, il 434-bis del Codice penale che istituisce una nuova fattispecie di reato: “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Chiunque organizza o promuove l’“invasione” - commessa da più di 50 persone - è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da 1.000 a 10.000 euro. La pena fino a sei anni consente di disporre le intercettazioni per prevenire i rave, che vengono quasi sempre organizzati con un passaparola in chat e social “coperti”. Per il solo fatto di partecipare al rave la pena è diminuita. È sempre ordinata la confisca “delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato… nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione”

Secondo Piantedosi il decreto ha rispettato i requisiti di necessità e urgenza per il fatto che probabilmente l’assenza di una normativa efficace nel nostro Paese, a differenza dei Paesi limitrofi, ci rendeva vulnerabili. Si tratta di eventi - secondo il ministro - non solo pericolosi per le stesse persone che partecipano, ma molto dispendiosi per l’impiego di forze dell’ordine che ne consegue.

Il Governo Meloni inoltre mira anche a prevenire l’organizzazione di manifestazioni del genere.

Come già succede per reati di particolare gravità, come corruzione e associazione a delinquere su tutti, l’idea è quella utilizzare intercettazioni su chat e social network utilizzati da organizzatori e promotori degli eventi per conoscere in anticipo luoghi e date in cui tali manifestazioni si svolgeranno. Ma non tutti nel Governo e alle opposizioni concordano con il già ribattezzato “decreto rave party”.

In particolare, sulla possibilità di utilizzare le intercettazioni per limitare i raduni illegali. Il vicepremier Antonio Tajani e la stessa Melloni avrebbero concordato di utilizzare questo strumento ai soli reati di mafia.

Le polemiche dopo il nuovo decreto mosse da alcune parti delle opposizioni ma non solo, vedono il problema non solo nei rave party, ma anche nelle manifestazioni pubbliche, che riguardano gli operai che occupano le fabbriche, gli studenti che occupano le scuole e le università, considerando questa decisione del Governo uno specchietto per le allodole.

Sulla questione, dopo le polemiche, è poi arrivata una precisazione del Viminale: “La norma anti-rave illegali interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l’incolumità pubbliche. Una norma che non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà di manifestazione sanciti dalla Costituzione e difesi dalle istituzioni”.

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