Diritti

Rave party: cosa dice veramente la nuova norma

Il - già contestatissimo - decreto legge che introduce il reato di “invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi” prevede pene superiori a crimini come omicidio colposo e omissione di soccorso
Credit: Aleksandr Popov/ Unsplash
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
2 novembre 2022 Aggiornato alle 19:00

Il 1° novembre 2022 è comparso in Gazzetta ufficiale un decreto-legge per “la prevenzione e il contrasto dei raduni illegali”, in seguito allo sgombero del rave party organizzato a Modena e terminato senza disordini. La misura urgente, già in vigore, è stata presentata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e da alcuni ministri insieme ad altri provvedimenti. Ma, a pochi minuti dalla sua pubblicazione, aveva già generato numerose polemiche.

Di cosa si tratta? È un decreto legge che introduce un nuovo reato, “l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Pur essendo stata rinominata dai più “norma anti-rave”, non vi fa riferimento esplicito: sono stati la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a lasciar intendere che il decreto legge debba essere applicato ai raduni simili a quello di Modena, senza però specificarlo nel testo.

Molti giuristi ed esperti lo ritengono troppo vago e temono che possa essere ampliato anche ad altre manifestazioni, da quelle studentesche ai picchetti di protesta dei sindacati. Ma il ministro, intervistato dal Corriere della Sera, ha definito offensivo «attribuirci la volontà di intervenire in altri contesti, in cui si esercitano diritti costituzionalmente garantiti a cui la norma chiaramente non fa alcun riferimento».

Il reato, che verrà inserito nel codice penale all’articolo 434-bis, prevede pene da 3 a 6 anni di reclusione «per chi organizza e per chi commette», ha spiegato Piantedosi, ma anche per chi si limita a parteciparvi, con pena diminuita, e multe da 1.000 a 10.000 euro.

Nel codice penale i reati che prevedono una pena massima sotto i 6 anni sono l’omicidio colposo, l’omissione di soccorso, l’abbandono di minori, l’occultamento di cadavere, l’adescamento di minorenni, il furto, la frode informatica, il falso in bilancio e il sequestro di persona.

Il codice penale, inoltre, prevede già il reato di invasione di terreni o edifici, con pene fino a 4 anni e multe fino a 2.000 euro. Ma la norma vigente non è bastata.

Il nuovo decreto legge consente alle autorità di confiscare le cose “destinate a commettere il reato”, come gli impianti stereo (nel casus belli di Modena ne è stato sequestrato uno del valore di 150.000 euro), veicoli, amplificatori, palchi, strumenti musicali. Nel testo non è specificato a cosa si faccia riferimento esattamente, ma il ministro Piantedosi l’ha fatto intendere nella conferenza stampa indetta dopo il Consiglio dei Ministri.

Non è finita qui: dal momento che questo reato prevede pene superiori ai cinque anni, limite dal quale è consentito disporre intercettazioni, le comunicazioni di organizzatori e partecipanti potrebbero essere ascoltate e registrate dalle autorità attraverso strumenti elettronici o meccanici, così come previsto in alcuni procedimenti relativi a determinati reati a cui fanno riferimento l’articolo 266 del codice di procedura penale. Tra questi, quelli di ingiuria, minaccia, usura e contrabbando. Le intercettazioni non sono citate nel decreto legge, ma vista la durata delle pene, potrebbero essere previste.

«Non comprendo perché il premier Meloni abbia voluto rivendicare di non avere dato il via libera alle intercettazioni dal momento che questo reato prevede pene superiori ai cinque anni», ha spiegato il presidente delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, all’Ansa. «La pena superiore ai cinque anni consente che possano essere disposte intercettazioni e, secondo me, anche nei confronti dei partecipanti», ha aggiunto.

Secondo Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, «Il testo dell’articolo 5 del decreto-legge 162 del 2022 sui rave party dal mio punto di vista non nega la libertà di riunione nelle modalità indicate e garantite dall’articolo 17 della Costituzione, cioè “pacificamente e senz’armi”. La norma è diretta all’occupazione abusiva di locali altrui. Mi pare dunque che non ci sia né una intenzione né una condizione liberticida». Lo ha detto all’agenzia Adnkronos, sottolineando che sarà possibile intervenire nel corso del prossimo dibattito parlamentare con eventuali emendamenti.

Spetta al Parlamento, infatti, convertire il decreto in legge entro 60 giorni, modificandolo se e dove necessario. Vista la maggioranza di cui gode il governo, è probabile che non manchi molto alla conversione del testo in legge così com’è.

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