Diritti

Cina: il terzo mandato di Xi Jinping

Era dai tempi di Mao che non si vedeva una concentrazione di potere nelle mani di un singolo. Intanto, il Paese è alle prese con una crisi economica e ambientale
Credit: EPA/MARK R. CRISTINO
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26 ottobre 2022 Aggiornato alle 18:00

Con la conclusione del XX Congresso nazionale del Partito comunista cinese (Pcc) il presidente Xi Jinping ha ottenuto il terzo mandato quinquennale come Segretario generale, segnando un’importante svolta storica all’interno del regime cinese.

Era dai tempi di Deng Xiaoping, o addirittura di Mao, che non si vedeva un tale accentramento di potere nelle mani di una singola figura. La quale si è circondata di persone fedeli alla sua visione, espellendo le ali più “liberali” con anche il simbolico e controverso episodio che ha riguardato l’ex Segretario generale Hu Jintao.

La nuova Era di Xi votata alla ricerca dello status di superpotenza globale, con dietro l’influenza ideologica dell’eminenza grigia Wang Huning, dovrà però confrontarsi con numerosi problemi che stanno attanagliando la società cinese. A partire dalla gestione draconiana della pandemia all’insegna del “Zero-Covid”, fra serrati lockdown, restrizioni ai viaggi e scrupolosi controlli digitali di massa, che verranno mantenuti nonostante l’impatto sulla crescita economica.

Una crescita che zoppica rispetto al passato, dato che secondo le ultime stime della Banca Mondiale il Pil crescerà del 2,8% nel 2022, rispetto alle precedenti previsioni intorno al 5,5%, a causa anche dell’esplosione della bolla immobiliare e una persistente disoccupazione giovanile.

Oltre a queste problematiche, la leadership cinese dovrà affrontare l’aggravamento della crisi climatica che ha comportato ripetuti disastri e l’estate più traumatica di sempre, fra siccità, inondazioni e persistenti ondate di calore. Di fronte a quasi 3.000 delegati il presidente Xi Jinping ha affermato che bisogna «promuovere in profondità la rivoluzione energetica, rafforzare l’uso pulito ed efficiente del carbone, accelerare la pianificazione e la costruzione di un nuovo sistema energetico e partecipare attivamente allo sforzo contro il cambiamento climatico e alla governance globale».

Ma insieme a queste parole è stata riaffermata anche la necessità di assicurarsi la sicurezza energetica prima di passare integralmente alle energie rinnovabili e attuare la transizione ecologica: «Nel precedente rapporto di lavoro del 2017, avevamo osservato una volontà della Cina di guidare a livello globale la questione, affrontando i cambiamenti climatici e conducendo la cooperazione internazionale. Quello ora è scomparso. Non vediamo misure attive sul fatto che la Cina voglia stabilire il ritmo e il tono riguardo l’agenda climatica internazionale», ha dichiarato Kate Logan, direttrice della sezione clima all’Asia Society Policy Institute.

Ulteriori ostacoli sono determinati dal peggioramento dei rapporti con il rivale statunitense, con cui si era stabilita precedentemente un’intesa sulla lotta climatica. Salvo poi sospendere ad agosto i colloqui in seguito alla visita a Taiwan della Speaker della Camera americana Nancy Pelosi.

Le tensioni fra le due Potenze sono in continuo aumento, soprattutto riguardo il destino dell’isola di Taiwan, e il governo di Pechino ha ribadito tramite le parole di Xi Jinping che «le ruote della Storia stanno girando verso la riunificazione della Cina […]. La completa riunificazione del nostro Paese deve essere realizzata, e può, senza dubbio, essere realizzata».

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