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Valle d’Aosta: alla scoperta delle regioni a statuto speciale

Ti sei mai chiestə come si è arrivati a questa forma di autonomia? O perché? Se sì, qui qualche risposta
Credit: Reddit
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31 ottobre 2022 Aggiornato alle 12:00

Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna: queste sono le regioni d’Italia a statuto speciale. Ma cosa significa? Proviamo a capire meglio il loro funzionamento. Oggi parliamo della Valle d’Aosta.

Alla base della storia che si protrae dal Medioevo di governi a momenti più a momenti meno autonomi della Valle d’Aosta ci sono due concetti: intramontanismo e identità linguistica. È un territorio che agli inizi del 1800, mentre era teatro degli scontro contro Napoleone, aspirava sì all’annessione alla Francia (una municipalità provvisoria consultò i comuni all’epoca: 71 su 73 erano favorevoli) ma, allo stesso tempo, non voleva rinunciare alla sua autonomia (53 dei comuni espresse questa posizione). Dall’altra, solo pochi decenni dopo, l’unità dell’Italia significò che gli abitanti non potevano più confrontarsi con un ente bilingue, e le pressioni da parte del Parlamento italiano per raggiungere l’unità anche linguista aumentarono.

Inizialmente la resistenza è moderata e legale attraverso la Ligue valdôtaine che rimane in scena fino all’inizio del ventennio fascista (per la precisione, dal 1909 al 1921). Esattamente come in Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, il governo fascista avvia un processo di italianizzazione che passa per la colonizzazione burocratico-industriale e l’imposizione della lingua italiana. Nonostante ciò, la resistenza non si ferma, anzi, si espande, unendo la lotta al nazifascimo alla lotta per una forma di autogoverno per la regione.

Il primo nucleo si forma nel 1926 con il nome Jeune Vallée d’Aoste intorno all’idea della Patrie Valdôtaine e al pensiero di Emile Chanoux. Sarà proprio Chanoux - notaio e politico - insieme a Ernest Page a firmare nel 1943 la Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine, documento che, per i suoi 3 ambiti di autonomia (politica-amministrativa, culturale-scolastica e economica) diventa un riferimento teorico per la aspirazioni autonomistiche.

In realtà, aldilà delle due proposte classiche - essere italiani o francesi - si discute di altri possibili scenari: l’indipendenza, un’autonomia garantita dagli organismi internazionali, l’annessione alla Svizzera, una struttura cantonale o federalista.

Nella pratica, nello stesso 1943 De Gaulle indice delle sondaggi sull’opinione popolare su un’eventuale annessione alla Francia; la più grande preoccupazione degli oppositori di questa opzione era la possibilità che il passaggio della Valle d’Aosta alla Francia avrebbe compromesso gli interessi economico-industriali italiani e non avrebbe permesso alla regione di essere automa, essendo la Francia uno stato centralista.

Nel 1945 la Francia fu autorizzata dagli alleati a varcare i confini della Valle d’Aosta per un massimo di 20 km, ma subito questo permesso si trasformò in un tentativo delle truppe di conquista. Per porre fine alle crescenti tensioni, il presidente americano Truman minacciò De Gaulle di sospendere i rifornimenti militari alla Francia. Così, le truppe si ritirarono, e cominciò un lungo periodo di negoziazione tra lo stato italiano e la Valle d’Aosta per le definizione dell’autonomia.

Con l’entrate in vigore il primo gennaio 1946 di 2 documenti, promulgati il 7 settembre, la Valle d’Aosta fu la prima regione italiana a fruire di un regime di autonomia. Tuttavia, questo non corrispondeva alle aspettative di gran parte della popolazione, che manifestò il suo scontento tramite il nuovo movimento Union Valdôtaine. Costruendo su quello che erano state la Ligue valdôtaine e la Jeune Vallée d’Aoste e focalizzandosi sul rafforzamento dell’autonomia, questo movimento lavorò da subito insistessi con la Democrazia Cristiana, partito più sensibile alla questione. In particolare, emerse il bisogno di avere una garanzia internazionale a tutela dell’autonomia.

Alla fine, fu con un lungo e diplomatico dialogo tra il consiglio della Valle e l’Assemblea Costituente e un bilancio tra concessioni da parte dello stato e rinunce da parte della regione che lo statuto fu approvato il 31 gennaio 1948.

I primi 2 documenti

Piccola parentesi, necessaria prima di analizzare lo sviluppo nel tempo dello statuto, sui 2 documenti che furono approvati nel 1945. Il primo, D.L.L. n. 545, introduceva la circoscrizione autonoma della Valle d’Aosta, che doveva venire amministrata da un Consiglio di 25 membri, un Presidente e una giunta di 5 membri. Il secondo, D.L.L. n. 546, tra le altre cose, prevedeva la concessione alla regione delle acque pubbliche e delle miniere che non fossero già assegnate a altri enti per 99 anni.

La prima autonomia

Date le peculiarità del territorio, tra le materie su cui la regione ha podestà legislativa vi sono l’urbanistica, piani regolatori per zone di particolare importanza turistica, trasporti su funivie e linee automobilistiche locali e l’ordinamento delle guide, scuole di sci e dei portatori alpini. Inoltre, si ribadisce che la gestione delle acque e delle miniere ricade sulla regione, che però non può imporre imposizioni di canone sull’acqua a uso pubblico e non può cedere la cessione sulle miniere. I 9 decimi del canone annuale per le concessioni di derivazioni a scopo idroelettrico spettano alle regione.

Per il resto, mancano del tutto i dettagli sulle entrate, si parla solo di una attribuzione di una quota dei tributi erariale e della facoltà della regione di istituire delle imposte. Anche il regolamento del diritto di voto e dell’eleggibilità non sono chiaramente definiti, si lascia la possibilità di introdurre un requisito di residenza per al massimo un anno per il diritto elettorale attivo e di nascita o di residenza per al massimo 3 anni per poter esser eletti.

Come già visto, il consiglio della regione è composto da 35 membri, eletti a suffragio universale e diretto per 4 anni. Perché le loro decisioni siano valide deve essere presente la maggioranza dei componenti e devono essere adottate a maggioranza dei presenti. Tra i documenti da approvare c’è il bilancio annuale e, tra le facoltà, quella di istituire organi di consulenza tecnica.

La giunta, il suo presidente e gli assessori rappresenta gli organi esecutivi regionali. Il presidente della giunta è eletto dal consiglio tra i suoi componenti a maggioranza assoluta al primo scrutinio, a maggioranza relativa dal secondo. Il presidente, rappresentante della regione, deve proporre gli assessori al consiglio, promulgare le leggi e i regolamenti regionali, prevedere al mantenimento dell’ordine pubblico, dirigere funzioni amministrative in linea con le istruzioni governative e intervenire nel coniglio dei ministri su questioni che interessino la regione.

La giunta, il consiglio e un minimo di 3.000 elettori possono presentare dei progetti per nuove leggi. La lingua francese è parificata a quella italiana per gli atti pubblici, eccetto i provvedimenti dell’autorità giudiziaria che devono essere in italiano, e nelle scuole. Ad Aosta si insedia una commissione di coordinamento, formata da un rappresentante del ministero dell’interno che la preside, un rappresentante del ministero delle finanze e uno della regione individuato dal consiglio. Le spese per questo organo sono ripartite in parti uguali tra regione e stato.

Su 2 articoli è importante soffermarsi: “Il territorio della Valle dAosta è posto fuori della linea doganale e costituisce zona franca” (art.14); “Agli effetti delle lezioni per la Camera dei Deputati e per il Senato, la Valle d’Aosta forma una circoscrizione elettorale” (art. 47).

4 piccole modifiche

Lo statuto della regione Valle d’Aosta è stato rivisto 4 volte dalla sua prima approvazione.

Nel 1972 il mandato del consiglio fu esteso a cinque anni. Nel 1989 si rimuove la possibilità si stabilire dei requisiti per il diritto di voto e di eleggibilità. Nel 1993 avvicina il governo e la regione con una nuova commissione che, per assicurare che lo statuto venga attuato che sia in sintonia con la legislazione nazionale il governo, elabori delle disposizioni che il governo trasforma in decreti legislativi. Questa commissione paritetica è composta da 6 membri: 3 nominati dal governo, 3 dal consiglio regionale. Infine nel 2001 si stabilisce che la legge per regolare la forma di governo e le modalità di elezione deve essere approvata dal consiglio ed essere sottoposta a referendum regionale, qualora entro 3 mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori o un quinto dei componenti del consiglio. Curiosamente, poi, torna e si eguaglia la possibilità di introdurre il requisito per l’elettorato attivo e passivo, che viene fissato a un anno di residenza.

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