Diritti

Haiti: è allarme crisi umanitaria (e colera)

L’isola è in ginocchio, vittima della coalizione di gang armate “G9”. 4,7 milioni di persone stanno fronteggiando l’insicurezza alimentare. Ma anche il ritorno della malattia infettiva
Credit: EPA/ Orlando Barria
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21 ottobre 2022 Aggiornato alle 07:00

Una nuova gravissima crisi ha investito la Repubblica di Haiti, situata nel Mar dei Caraibi, dove le condizioni di vita della popolazione stanno conoscendo un drastico peggioramento a causa del blocco attuato presso il principale terminale di carburanti da parte di una coalizione di gang armate chiamata G9.

L’azione dei criminali guidati dal leader Jimmy “Barbecue” Cherizier è la risposta al taglio dei sussidi ai combustibili deciso dal premier a interim Ariel Henry.

Da tempo l’isola caraibica è investita da problemi multipli che si sono aggravati ulteriormente a partire dall’assassinio del presidente Jovenel Moise nel 2021.

Da allora le gang hanno incrementato il loro potere, mentre il parlamento ha smesso di funzionare e le nuove elezioni sono diventate impossibili in condizioni di continuo caos sociale.

Con il blocco del terminale esso è nettamente aumentato determinando lo stop di numerose attività essenziali e produttive dell’isola, mettendo a rischio 4,7 milioni di persone che stanno fronteggiando l’insicurezza alimentare.

Secondo la Rappresentante speciale delle Nazioni Unite Helen La Lime in poche settimane sono apparsi nuovi casi di colera a causa del blocco: «Le conseguenze per le infrastrutture di base di Haiti sono state gravi, interrompendo le operazioni presso gli ospedali e i fornitori di acqua del Paese, impattando sulla risposta al colera. Senza carburante la spazzatura non può essere rimossa dai quartieri, mentre le piogge torrenziali favoriscono le inondazioni che si mescolano ai rifiuti creando condizioni insalubri adatte per la diffusione della malattia».

Il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha proposto l’invio di una “forza d’azione rapida”, mentre il primo ministro Ariel Henry ha richiesto a sua volta il supporto straniero, ma diversi haitiani hanno contestato le suddette mosse considerandole come una possibile interferenza negli affari interni.

Nel frattempo gli Stati membri della Caribbean Community (Caricom) hanno promesso il pieno supporto regionale per risolvere la situazione, mentre Usa e Canada hanno inviato materiale militare per aiutare le forze di sicurezza haitiane presenti in loco, specialmente dopo che il 60% della capitale Port-au-Prince è caduto sotto il controllo delle gang che stanno usando gli abusi sessuali per consolidare il loro potere.

In contemporanea il governo americano, in collaborazione con quello messicano, sta preparando una risoluzione dell’Onu per autorizzare una missione internazionale, suscitando però reazioni dubbiose nell’ambasciatore russo alle Nazioni Unite Dmitry Polyansky che ha affermato: «Sono necessarie analisi approfondite e negoziati dettagliati per assicurarsi che le misure mirino a ripristinare il controllo del governo e non siano percepite, come spesso accade, come un modo per punire l’intero Paese e il suo popolo».

Un’opinione condivisa dal suo omologo cinese Geng Shuang: «In un momento in cui il governo haitiano manca di legittimità e non è in grado di governare, l’invio di una forza d’azione rapida ad Haiti riceverà la comprensione, il sostegno e la cooperazione dai partiti in Haiti, o dovrà affrontare una resistenza o addirittura uno scontro violento con una parte del popolazione? Queste sono cose che dobbiamo considerare… e trattare con cautela».

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