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Friuli Venezia-Giulia: alla scoperta delle regioni a statuto speciale

Ti sei mai chiestə come si è arrivati a questa forma di autonomia? O perché? Se sì, qui qualche risposta
Credit: Gabriele Tirelli/Unsplash

Può risultare non immediata e sicuramente ha i suoi limiti, ma una delle molte chiavi di interpretazione di ciò che sta avvenendo nella regione ucraina del Donbass passa per l’analisi della nascita delle regioni a statuto speciale italiane.

Si tratta, infondo, della maniera in cui l’Italia ha cercato di far rientrare diverse realtà culturali ed etniche in un sistema nazionale che non gli apparteneva di per sé. Ovvero, esattamente quello che avrebbe potuto evitare il conflitto se si prende per valida la visione per la quale Putin ha attaccato per salvare la comunità russa da un governo che non la rispettava.

Seguendo il ragionamento, che invita a studiare e conoscere il funzionamento delle diverse autonomie, si scopre che un esempio particolarmente utile per giustificare questo affiancamento storico un po’ forzato è quello dell’autonomia del Friuli Venezia-Giulia.

How to: creare una regione e riconoscerne l’autonomia

Piccola precisazione di partenza: il Friuli corrisponde per la maggiorate alla province di Pordenone e Udine, il Venezia Giulia alle province di Trieste e Gorizia.

Alla fine della seconda guerra si vedevano da una parte le aspirazioni di autonomia dei friulani, dall’altra la necessità di includere e definire il territorio del Venezia Giulia. I confini di quest’ultimo, infatti, furono abbastanza mobili fino al 1945, quando un lembo rimase all’Italia e il resto finì sotto il controllo Iugoslavo.

Ma si faccia un passo indietro per comprendere meglio come e perché si è arrivati all’autonomia nel Friuli Venezia-Giulia.

L’autore del libro Il Parlamento della Patria del Friuli - Storia della più antica Assemblea legislativa d’Europa, Guglielmo Cecone, fa risalire l’identità friulana al 1077, quando il patriarcato divenne un principato ecclesiastico che si estendeva a ovest fino al Livenza, a est fino ai territori degli Sloveni, a nord fino alle montagne e sud sboccava sul mare.

All’interno di questi confini nel 1228 si riunirono per la prima volta i rappresentanti del patriarcato del Friuli suddividendosi in prelati, castellani e comunità.

Questa seduta, il più antico parlamento d’Europa, ma senza sede fissa, inizialmente si teneva se il patriarca aveva bisogno di contributi. Pian piano, però, assume competenze militari, finanziarie, legislative, giudiziarie, ricontrollo amministrativo e di politica estera. Inoltre, per governare il territorio nel passaggio di potere tra un patriarca e laltro si costituì all’interno del parlamento un consiglio.

Dal 1366 al 1796, quindi comprendendo il periodo di dominazione veneziana, rimase in vigore la Costituzione della Patria del Friuli.

Tutto cambia improvvisamente con la caduta della Serenissima, a seguito della quale il Friuli finisce in mano austriaca. Questa spartizione dura giusto fino all’indomani della unificazione dell’Italia (1861) e della terza guerra di Indipendenza. Infatti, nel 1866 il Friuli centrale (l’attuale provincia di Udine) e il Friuli occidentale (attuale provincia di Pordenone) diventarono italiani, lasciando all’Austria solo la cosiddetta Contea di Gorizia e Gradisca, o Friuli orientale.

Se nelle prime due zone il parlamento su dissolto, l’ultima fu introdotta in un sistema bicamerale, nel quale le assemblee di 21 province eleggevano la camera dei deputati, e ogni provincia attraverso la sua Dieta aveva potere legislativo ed esecutivo locale e rappresentanza statale.

In questi anni comparse il nome “Venezia Giulia”, coniato dal glottologo goriziano Graziadio Isaia Ascoli, che voleva mettere enfasi sulle ascendente romano-veneto dell’area.

La domanda legittima che sorge è quale area? Ascoli si basò su quello che era litorale asburgico (detto Küstenland), ovvero la contea di Gorizia e Gradisca, Trieste e il margraviato dIstria, ma una connotazione geografica precisa rimase vaga a lungo.

Una migliore definizione si ebbe al termine della Prima Guerra Mondiale, nota nella regione cone Quarta guerra di Indipendenza, quando, in base al patto di Londra, la contea di Gorizia e Gradisca passò all’Italia.

Visto che nella menti popolazione era rimasta la struttura in qualche modo federale austro-ungarica, si decise di regolare i rapporti tra governo centrale e la regione e facilitare la sua transizione assimilazione attraverso l’istituzione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato. Fu un organo temporaneo - operativo tra il 1919 e il 1923 - ma indicatore dell’intento di cercare di uniformare l’amministrazione a livello nazionale. Non si può dire che questo riuscì, in particolare per gli effetti che l’annessione all’Italia ebbe sull’economia: la perdita dei mercati tradizionali per l’agricoltura e la perdita del sistema protettivo che permetteva al porto di Trieste di prosperare.

Questo malessere economico, a sua volta, fu la causa dei fenomeni di carovita e disoccupazione andarono a impattare anche sui elitari equilibri etnici esistenti e fomentarono dei movimenti di matrice antislava e antioperaia. Da parte loro gli operai, risposero con scioperi, ai quali lo stato centrale reagì con condanne e deportazioni nel Sud Italia, specie contro croati e sloveni.

Così si spiega il “fascismo di confine”, che assume però forme differenti.

Nell’area triestina emerge un nazionalismo imperialista indirizzato all’area balcanica, risultante in un atteggiamento e poi delle leggi mirate alla snazionalizzazione dei cosiddetti allogeni; nell’area friulana il focus è molto più economico con l’obiettivo di trasformare Udine nella capitale della regione.

L’apice delle violenze rivolte agli slavi, che precedono e per molti aspetti somigliano a quelle legate alle leggi “fasciatissime”, si raggiunse nel 1941 quando il movimento resistenziale sloveno e croato, influenzati della Resistenza nel Montenegro, acquisirono più forza visto che iniziarono a prender presa nella Venezia Giulia e nel Friuli orientale e a cooperare con i partigiani, in un contesto di crescita e consolidamento del sentimento irredentista slavo.

Il fascismo cadde, e nel settembre 1943 le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana furono unite nel nome “Zone d’operazioni Litorale Adriatico” e sottomesse al governo nazista.

Il nazismo cadde, e le cose, se possibile, si complicarono. Nel 1946 si stabilì la divisione in due zone: la zona A, il Territorio Libero, da San Giovanni di Duino fino a Muggia, Trieste compresa, amministrato dal Governo Militare Alleato; e la zona B nella parte nord-occidentale dell’Istria nella mani di una gestione dipendente dall’esercito jugoslavo. Per risolvere le tensioni tra le due zone, dovute soprattutto agli interventi jugoslavi centro un processo di integrazione italiana della zona A, venne sottoscritto dall’Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Repubblica della Jugoslavia nel 1954 un protocollo secondo il quale la zona A sarebbe passata all’amministrazione civile italiana e la zona B a quella jugoslava.

Questi eventi e la nascita nel 1947 del Movimento Popolare Friulano per lautonomia regionale ponevano sul tavolo dei governi italiani due domande principali a cui bisognava dare risposta: si poteva, effettivamente, parlare di una regione formata da etnie diverse a est del Veneto? Se sì, a questa regione artificiale era il caso di riconoscere uno statuto speciale, considerato che poteva significare marcare ancora di più le differenze con le altre regioni? Per quanto rilevante, il tema rimase nel dimenticatoio fino al 1963 per l’approvazione dello stato speciale.

La meno speciale” delle regioni speciali

Le richieste dei locali erano molte, tra cui anche la potestà legislativa provinciale, ma da subito il parlamento si mostrò disponibile a concedere un limitato grado di autonomia.

Si nota per esempio che l’elenco delle materie in cui la regione ha competenza sono poche rispetto a quelle assegnate ala Sicilia o alla Sardegna, pur sempre includendo agricoltura, caccia e pesca, turismo, gli uffici pubblici, l’urbanistica e simili.

Tre sono gli ambiti che la regione può adeguare alle sue necessità: la scuola, dalla materna a contributi per lo sviluppo dell’iscrizione universitaria, il lavoro e l’assistenza sociale e infine la tutela dei monumenti artistici e del paesaggio. In aggiunta, la regione controlla gli enti locali, ovvero le province e i comuni che fungono da circoscrizioni di decentramento regionale.

Gli organi responsabili sono un consiglio regionale, una giunta e il presidente. Per venire eletti nella posizione di consigliere regionale bisogna avere compiuto 25 anni il giorno delle elezioni, tenendo però a mente il numero totale di chi avrà effettivamente la carica per cinque anni è “determinato in ragione di uno ogni 20.000 abitanti o frazioni superiori a 10.000 abitanti, secondo i dati ufficiali dell’ultimo censimento” (art.13). Le circoscrizioni elettorali corrispondono ai territori sotto la giurisdizione dei tribunali di Trieste, Gorizia, Udine, Tolmezzo e Pordenone. Particolare è che un consigliere non soggetto a un vincolo di mandato e che gli sia riconosciuta un entrata in base ai giorni di presenza.

Comunque sia, i consiglieri eleggono il presidente, i due vice presidente e i segretari; in seguito vengono assegnati a commissioni permanenti incaricate di esaminare preventivamente i disegni di legge. Inoltre, il consiglio esercita le potestà legislative nelle mani della regione e approva il bilancio di previsione.

Nuove leggi regionali possono essere presentate dalla giunta, dai membri del consiglio e dagli elettori, in numero non inferiore a 15 mila. Se queste leggi non riguardano materie di competenza regionale ma interessi regionali, è il consiglio a dover portare la proposta di legge alle Camere. In ogni caso, le leggi approvate devono essere comuniate al commissario del governo che può o procedere con la promulgazione o rinviarla al consiglio regionale per motivi “di illegittimità costituzionale o di contrasto con gli interessi nazionali” (art.29).

La giunta regionale si compone del presidente della giunta e degli assessori, massimo 10 effettivi e massimo 4 supplenti, tutti eletti dal consiglio. I suoi compiti sono il regolamento dell’esecuzione dele leggi approvate dal consiglio, l’esercitare l’attività amministrativa, l’amministrazione il patrimonio della regione, la presentazione del bilancio preventivo. Deve essere consultata quando si tratta di servizi nazionali di comunicazione e dei trasporti e dell’elaborazione di trattai di commercio con stati esteri che riguardino la regione.

Il presidente promulga le leggi regionali ed emana i regolamenti deliberati dalla Giunta. In quanto rappresentante della regione, interviene nel Consiglio dei ministri su questione di interesse regionale.

Si può notare che questo statuto ha risentito dell’esperienza dell’autonomia delle altre regioni, in che senso concede meno autonomia in come vengono assegnate le quote fisse spettanti al Friuli Venezia Giulia: “nove decimi delle imposte sui terreni e fabbricati; nove decimi dell’imposta erariale sul consumo del gas ed energia elettrica; nove decimi dei canoni per le concessioni idroelettriche; quattro decimi della quota fiscale dell’imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati; cinque decimi dell’imposta generale sull’entrata di competenza dello Stato riscossa; quattro decimi dell’imposta di ricchezza mobile e sulle società e obbligazioni di competenza dello Stato riscosse nel primo esercizio finanziario regionale; cinque decimi nel secondo esercizio; sei decimi a decorrere dal terzo esercizio” (art. 49).

Vengono istituiti, poi, due elementi di controllo: una delegazione della Corte dei Conti, che assicuri la legittimità degli atti amministrativi regionali, e un commissario del governo, Quest’ultimo è un funzionario dello stato nominato con decreto dal presidente della repubblica su proposta del consiglio dei ministri in accordo con il ministero dell’interno. Questo commissario costituisce il tramite dei rapporti tra stato e regione, e lo fa coordinando l’esercizio delle decisioni statali nella regione e controllando che la regione si attenga alle funzioni delegate allo stato.

Il patrimonio indisponibile della regione è composto dalle foreste, dalle miniere e dalle acque minerali e termali e dalle cave e torbiere.

1972&1989: riforme per tutti

La storia del 1972 è ancora una volta la stessa: la carica di quattro anni nel il consiglio si allunga a cinque. Cosi anche quella del 1989; le modifiche alle procedure e tempi delle elezioni del consiglio che si erano viste venire implementate nello statuto sardo si applicano anche al Friuli Venezia Giulia.

Le finanze nel 1984

Le entrate diventano: “quattro decimi del gettito dell’imposta sul reddito delle eroine fisiche e giuridiche; nove decimi del gettito dell’imposta erariale sull’energia elettrica; nove decimi del gettito dei canoni per le concessioni balneari; nove decimi del gettito della quarta fiscale dell’imposta erariale di consumo relativa al prodotti del monopoli dei tabacchi” (art.49).

Un passo più rilevante per l’autonomia si collega alla facoltà che adesso si da alle regione di collaborare all’accertamento delle tasse sui redditi dei suoi abitanti, responsabilità che prima spettava agli uffici tributari dello stato.

1993: dare e ricevere

Se da una parte si specifica la competenza della regione nell’ordinamento degli enti locali e delle circoscrizioni, dall’altra il comma 5 dell’articolo 5, che assegnava la potestà legislativa della regione sull’ordinamento e circoscrizione dei Comuni, viene abrogato.

Le finanze del 1997

Lo state non è più tenuto a finanziare le spese dell’assistenza sanitaria, così si prevedono nuove quote di entrate: sei decimi delle imposte sui terreni e fabbricati; dei canoni per le concessioni idroelettriche; della quota fiscale dell’imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi e quattro decimi e mezzo dell’imposta erariale sul consumo del gas ed energia elettrica.

2001: un riassunto delle numerose riforme

L’elezioni del consiglio regionale non ricadono più nelle competenze legislative regionali. Si stabilisce che i tre organi regionali si spartiscono i compiti e regolano il loro funzionamento in base a une legge regionale approvata dal consiglio e sottoposta a referendum, a meno che non venga votata dai tre quarti dei componenti del consiglio.

Il presidente viene ora eletto a suffragio universale e diretto contestualmente al rinnovo del consiglio regionale e può nominare gli assessori, uno dei quali prende anche il ruolo di vicepresidente.

Lo stato non ha più voce in capitolo per quel che riguarda aggiuntivi criteri di incompatibilità e ineleggibilità dei consiglieri regionali, così come i cittadini del Friuli non devono più venire chiamai a esprimersi sull’approvazione delle leggi regionali tramite referendum. Infine l’articolo che attribuiva alla giunta le sue facoltà viene abrogato, lasciandole solo la funzione di consulta.

Le finanze nel 2002. Innalzamento della quota fiscale dell’imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi: da sei decimi a otto.

Le novità del 2016. Tre modifiche molto importanti: si istituisce la provincia di Pordenone, l’età per essere eleggibili al consiglio regionale viene abbassata a 18 anni, e bastano cinque mila cittadini, non più 15 mila, per avanzare un’iniziativa di legge.

Le finanze nel 2017. Nuovamente ci si trova a dover nominare l’articolo 49, visto che i numeri diventano sempre più curiosi. Prima della riforma del 2017 le entrate erano spartite come segue: sei decimi del gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche; quattro decimi e mezzo del gettito dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche; 9,1 decimi del gettito dell’imposta sul valore aggiunto, esclusa quella relativa allimportazione; il 29,75 per cento del gettito dellaccisa sulle benzine e il 30,34 per cento del gettito dellaccisa sul gasolio consumati nella regione per uso autotrazione”

Con il 2017 qualcosa cambia ancora: alla regione spettano: 2,975 decimi del gettito dell’accisa sulla benzina e i 3,034 decine del gettito sull’accisa sul gasolio; i 5,91 decine del gettito dell’accisa sui tabacchi lavorati e dell’imposta sull’IVA, esclusa quella applicata alle importazioni e del gettito di qualsiasi altro tributo erariale. A questi tributi si aggiunge quello per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente.

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