Ambiente

Transizione alle rinnovabili? Risparmio assicurato

Lo attesta un nuovo studio della Stanford University, che ha esaminato i costi del passaggio a questa fonte di energia in 145 Paesi. Responsabili del 99,7% delle emissioni mondiali di CO2
Credit: Envato
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7 ottobre 2022 Aggiornato alle 17:00

Per cercare di combattere gli effetti peggiori del riscaldamento globale, gli Stati dovrebbero rapidamente effettuare una transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili.

La transizione avrebbe certamente costi enormi, data la necessità di costruire pannelli solari, pale eoliche e altri tipi di infrastrutture, ma secondo uno studio di un gruppo di ricercatori della Stanford University citato dal The Indipendent, questa ipotetica spesa, che si aggirerebbe attorno a 62 trilioni di dollari, verrebbe ripagata dai risparmi sul costo dell’energia nel giro di 6 anni, rendendo pertanto la transizione verde un vantaggio nel medio-lungo termine.

Il team di ricerca della Stanford University ha esaminato i costi del passaggio alle energie rinnovabili in 145 Paesi che, insieme, emettono il 99,7% delle emissioni mondiali di anidride carbonica (CO2) provenienti da combustibili fossili. Ciò includeva la costruzione di nuove centrali elettriche con tecnologie come l’energia solare, eolica e idroelettrica. Includevano anche l’aggiunta di nuovi accumulatori di elettricità, come batterie e nuove tecnologie come i veicoli elettrici per il trasporto e le pompe di calore per il controllo del clima negli edifici.

I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati lo scorso giugno dalla rivista Energy & Environmental Science.

I costi energetici privati ​​diminuirebbero del 62,7%, ovvero circa 11 trilioni di dollari all’anno. In meno di sei anni, quei risparmi supererebbero dunque l’investimento iniziale. Ulteriori risparmi potrebbero essere presi in considerazione incorporando tutti i costi sociali derivanti dai combustibili fossili.

Maggiori investimenti sulle energie rinnovabili contribuiranno a far scendere ulteriormente i costi: «La nostra ultima ricerca mostra che l’aumento delle tecnologie verdi chiave continuerà a ridurre i loro costi e più andremo veloci, più risparmieremo», afferma il dott. Rupert Way, autore principale del rapporto della Smith School of Enterprise and the Environment.

L’eolico e il solare sono già l’opzione più economica per i nuovi progetti di energia, ma rimangono dubbi su come immagazzinare al meglio l’energia e bilanciare la rete quando i cambiamenti del tempo portano a un calo della produzione rinnovabile.

Un pianeta che si riscalda a mano a mano che aumenta la quantità di CO2 nell’atmosfera è un pianeta dove la probabilità che si causino eventi climatici catastrofici aumenta, così come aumenta l’intensità di essi, vale per la siccità, per gli uragani, per gli incendi e per lo scioglimento dei ghiacciai; sono cambiamenti a cui stiamo già assistendo in un pianeta che si è riscaldato di 1.2 gradi rispetto alla temperatura media pre-industriale.

Come spiegato anche dal rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), le emissioni di CO2 e di metano dovrebbero diminuire rispettivamente del 43% e del 34% nei prossimi 8 anni per evitare il tetto di 1.5 gradi stabilito dagli Accordi di Parigi, giungendo successivamente allo zero netto di emissioni entro il 2050, obiettivo stabilito anche dall’Unione Europea nel suo Green Deal.

Le parole e i progetti non sembrano tuttavia corrispondere, almeno per il momento, alle effettive azioni dei governi europei che si sono affidati in modo massiccio ai combustibili fossili, in buona parte provenienti dalla Russia, e adesso stanno solo puntando a diversificare maggiormente la provenienza di queste fonti per rendersi più indipendenti da Putin - cosa che a seguito dell’esplosione di un tratto del gasdotto Nord Stream 1 nel Mare del Nord avverrà senza dubbio più rapidamente - senza tuttavia accelerare il processo di transizione verde.

Il nuovo governo britannico di Liz Truss ha persino rimosso la moratoria esistente sul fracking, mostrando per l’ennesima volta come per i governi conservatori la questione del cambiamento climatico sia più culturale che legata a questioni di costi e riduzione delle emissioni.

Molti rappresentanti dei partiti di destra, e non solo, hanno spesso attaccato Fridays For Future e Greta Thunberg, rendendoli l’esempio di un “ambientalismo idelogico” che va in direzione opposta agli interessi pratici delle nazioni; lo fa anche la destra di Giorgia Meloni, parlando di “ecologismo conservatore” contro le istanze dei “gretini” e sostenendo che “abbandonare presto i combustibili fossili è una follia”. L’interesse nazionale non dovrebbe tuttavia coincidere con quello dell’industria fossile e delle imprese che continuano a inquinare senza pagare quanto dovuto, ma con quello di salvare vite, proteggere la sicurezza dei lavoratori, proteggere la sicurezza delle aziende che ogni anno contano miliardi di euro di danni causati da eventi meteorologici estremi.

I danni causati dall’uragano Ian in Florida sono stimati a una cifra di 67 miliardi di dollari, che come fatto notare da uno dei giornalisti più esperti in Italia sui temi del clima, Ferdinando Cotugno, corrispondono quasi a un quarto della più costosa legge sul clima nella storia degli Usa, recentemente approvata dal loro Congresso.

Questa è l’ennesima dimostrazione che tardare la transizione costerà molto di più di farla davvero.

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