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Sardegna: alla scoperta delle regioni a statuto speciale

Ti sei mai chiestə come si è arrivati a questa forma di autonomia? O perché? Se sì, qui qualche risposta
Credit: Lachezara Parvanova/unsplash

Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna: queste sono le regioni d’Italia a statuto speciale. Ma cosa significa? Proviamo a capire meglio il loro funzionamento. Oggi parliamo dello statuto della regione Sardegna.

L’indelebilità di un sentimento

Si potrebbe, volendo, tornare indietro al 1355, anno in cui Pietro il Cerimonioso convocò e presiedette a Cagliari un parlamento, primo organo autonomista articolato in tre Stamenti rappresentativi della nobiltà, del clero e delle città regie. Oppure al 1421, momento in cui la Carte de Logu, promulgata inizialmente in uno dei quattro giudicati in cui erra divisa l’isola, viene estesa a tutta la Sardegna, dove poi rimase in vigore fino al 1827, quando viene sostituito dal Codice delle leggi civili e criminali del Regno di Sardegna.

Certamente poi, lo sviluppo di un sentimento autonomista è stato influenzato dal regno della monarchia catalano-aragonese e spagnola e dal tentativo d’invasione francese (1793). Nel contesto dell’unificazione d’Italia (1861), la centralizzazione del potere era auspicabile nel tentativo di tenere insieme comunità molto differenti, e la classe dirigente sarda, in maggioranza proprietari terrieri, non si oppose all’arrivo di figure statali quali gli esattori o all’introduzione di alcuni obblighi, come la leva. Presto, però, iniziò un fenomeno di banditismo, che segnalava la necessità di prestare attenzione alle particolarità della popolazione e dell’isola in sé sul piano politico ed economico.

La Grande Guerra accentuò tutto questo, soprattuto con il ritorno a casa dei reduci, sull’esperienza dei quali si formò il Partito Sardo d’Azione, che richiedeva un nuovo rapporto con lo stato centrale sulla base di un’organizzazione autonoma della vita economica, sociale e politica.

In seguito alla caduta del governo fascista, un Alto Commissario fu messo a governare la Sardegna potendo esercitare, in caso di necessità, tutte le attribuzioni del governo centrale. Nel 1944 gli fu affiancata una Consulta regionale, formata dai ricostituiti partiti antifascisti, con due scopi principali: sostenere il nuovo stato Italiano che si stava creando e stilare uno statuto speciale per l’autonomia della Sardegna. Nei primi mesi del 1948 questo statuto venne discusso e approvato dall’Assemblea costituente.

Cosa prevede il primo statuto?

La regione ha competenza nell’ordinamento degli uffici, degli enti amministrativi e locali, della polizia urbana e rurale, nell’agricolture, nei lavori pubblici di interesse regionale, nell’edilizia, nei trasporti, nella produzione e distribuzione dell’energia elettrica e altri ambiti quali la pesca e la caccia o il turismo.

Nove decimi è la proporzione che spetta alla regione delle entrate provenienti dal gettito delle imposte erariali sui terreni e sei fabbricati equi redditi agrari sui terreni, delle imposte di ricchezza mobile, del gettito delle tasse di bollo, dell’imposta ipotecaria dell’imposta di fabbricazione dei gas e dell’energia elettrica e delle imposte erariali di consumo relative ai prodotti del monopoli dei tabacchi. A questo si sommano quota dell’imposta generale sull’entrata di competenza dello stato che si determina di anno in anno, i canoni per le concessioni idroelettriche, i contributi derivanti da imposte e tasse sul turismo e i redditi patrimoniali.

Forse però quello che è più rilevante è che la Sardegna ha la facoltà di farsi carico di agevolazioni fiscali, di modificare le aliquote – sia aumentandole, entro un limite stabilito, che diminuendole – e di emettere prestiti interni per investire su opere permanenti. Lo stato, dall’altra, ha giurisdizione sul regime doganale e sul demanio marittimo.

Per gestire i compiti assegnatole, la regione si dota di un consiglio regionale, di una giunta e di un presidente. La modalità di elezione di questi organi è votata a maggioranza saluta dal consiglio regionale, che non ha l’obbligo di rendere conto al governo centrale della sua decisone, ma questa deve essere sottoposta a referendum regionale, a meno che non sia approvata dai due terzi dei componenti del consiglio regionale.

In totale i componenti del consiglio sono uno ogni ventimila abitanti e, una volta eletti, non possono essere rimossi durante i quattro anni di mandato se non mediante una revisione dello statuto. Inoltre, un consigliere regionale sardo può al contempo essere sindaco di un comune di meno di diecimila residenti. Il consiglio regionale ha funzioni legislative e regolamentari, ma le sue delibere sona valide se al momento del voto è presente la maggioranza dei suoi componenti.

Questo vale anche per la presentazione di nuove leggi, iniziativa che può altrimenti prendere la giunta o il popolo, e per ogni disegno di legge che gli viene sottoposto dopo l’esaminazione di una commissione. Le leggi approvate vengono comunicate al governo della regione, che controlla che queste non fuoriescano dalle competenze della regioni e non siano in contrasto con gli interessi nazionali.

Il consiglio deve anche eleggere l’ufficio di presidenza, le commissioni e il presidente, che con la giunta rappresenta l’organo esecutivo della regione.

Il presidente, rappresentate della regione, ha un suo vice in un membro della giunta. Nè il ruolo di presidente né quello di membro della giunta sono compatibili con altri uffici pubblici, tuttavia si evince dall’articolo 38 – “i membri della Giunta regionale hanno diritto di assistere alle sedute del Consiglio, anche se non ne facciano parte” – che si possa essere sia membro della giunta sia del consiglio.

Nellamministrazione regionale, oltre ad attenersi alle istruzioni del governo, il presidente può intervenire nel Consiglio dei Ministri quando si discute di interessi regionali. Su questi stessi temi, si può esprimere anche il consiglio, presentando alla camere delle proposte di legge. Infine, la regione deve essere consultata quando si progettano trattati di commercio che riguardino interessi regionali, quando si stipulano legislazioni doganali che riguardi prodotti tipici e quando si elaborano tariffe ferroviarie e la regolamentazione dei servizi nazione di comunicazione e dei trasporti terrestri, marittimi e aerei che la interessino.

Sono comprese nella definizione di “enti locali” le provincie di Cagliari, Nuoro e Sassari, enti a cui la regione può delegare funzioni amministrative.

1972-1983

Come accade in altre regioni a statuto speciale, il 1972 è l’anno in cui si stabilisce che il ruolo di consigliere dura cinque, e non più quattro anni, e cambiano leggermente i tempi di insediamento.

Nello statuto del 1983, invece, c’è un elenco abbastanza lungo di percentuali dei gettiti d’imposte su diversi enti che sono destinate alla regione, tre cui i “sette decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche riscosse nel territorio della regione”; “i nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo dellenergia elettrica e delle tasse sulle concessioni governative percette nel territorio della regione” e i “cinque decimi delle imposte sulle successioni e donazioni riscosse nel territorio della regione”.

In aggiunta “per lo svolgimento da parte della regione Sardegna delle funzioni amministrative a essa delegate è attribuita alla medesima, per le spese di funzionamento, una somma pari al 10 per cento dell’ammontare delle spese operative connesse all’esercizio della delega stessa.”

Se in precedenza lo stato poteva accertarsi da se della riscossione dei proprio tributi, adesso la regione si ritaglia uno spazio di collaborazione. Così, diventa compito della giunta segnalare agli uffici finanziari dello stato qualsiasi scoperta rilevante.

1986-1989: di nuovo il Consiglio

Si determina numero esatto e preciso di consigli regionali: 80. E tre anni dopo si specificano nuove istruzioni per il funzionamento e i tempi dell’indizione e del svolgimenti delle elezioni, nonché della prima riunione del consiglio.

Può servire essere ordinari

Era già capitato in Sicilia che a un certo punto si decidesse si riferirsi al presidente regionale sono alla formula “presidente della regione”, e questo viene allo stesso modo previsto dallo statuto del 2001. Il presidente della regione viene eletto contestualmente al consiglio, e nomina a sua volta la giunta, assegnato a uno dei membri il ruolo di suo vice.

Questa modifica ne porta come conseguenza un’altra: se si arrivasse alla date delle elezioni senza una nuova legge elettorale regionale “si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni delle leggi della Repubblica che disciplinano l’elezione dei Consigli delle Regioni a statuto ordinario”.

Due ultimi aggiornamenti

Il testo in vigore è basato sull’ultima revisione del 2013; due le cose da notare. La prime è che si legge che una nuova entrata è costituita “dai sette decimi di tutte le entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, a eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici.” La seconda riguarda il numero di consiglieri regionali: si assiste a un taglio, da ottanta a sessanta.

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