Diritti

Consigli non richiesti al Partito Democratico

Ieri la prevedibile sconfitta. Domani, un altro congresso che non cambierà niente, se non forse installare una leadership più muscolare e machista
Credit: ANSA/ALESSANDRO DI MEO
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27 settembre 2022 Aggiornato alle 06:30

E quindi è andata esattamente come ci si aspettava che andasse, anzi, forse un po’ peggio.

E oggi che, in puro stile sinistra italiana, siamo all’analisi della sconfitta (mentre Matteo Salvini flette i muscoli e fa quello che non mi hai fatto male faccia di maiale), rivolgersi al Partito Democratico sembra un po’ come prendere a calci il bambino che è caduto dalla bici.

Ok, è caduto perché ha deciso di smettere di pedalare, si è accasciato per strada e adesso urla che è tutta un’ingiustizia, ma cosa fai, non lo aiuti a tirarsi su?

Allora facciamo così, che questo pezzo è una mano tesa da un’elettrice di sinistra che non riesce a vedere la minima corrispondenza fra quello che il PD dice di voler essere e quello che in effetti è stato, e rischia di essere ancora se non prova a cambiare approccio. Dico “Partito Democratico”, qui, perché dire “sinistra” è molto vago, e perché non so quale fosse la soglia psicologica per la coalizione Sinistra Italiana + Europa Verde, ma mi pare che l’obiettivo fosse quello di superare lo sbarramento, e fino lì ci siamo. Per il rotto della cuffia, ma ci siamo.

Torniamo quindi a quelli che nei sondaggi erano dati sopra il 20% e invece hanno lisciato l’obiettivo.

Bisogna riconoscere che Enrico Letta sta facendo la cosa giusta nell’annunciare che non si ricandiderà al prossimo congresso: sbaglia solo a dire che il suo partito si è battuto “in tutti i modi” per evitare questo esito, perché certo, a fare gli strateghi politici del giorno dopo sono bravi tutti, ma che la strategia messa in campo fosse fallimentare lo si diceva da molto prima. Non hanno pedalato. La bici si è accasciata. È la forza di gravità, bellezza.

Partiamo dalla cosa più facile: il messaggio di questa campagna. Non era difficile immaginarsi che lavorare esclusivamente sull’idea della “scelta”, e quindi in contrapposizione al pericolo emergente, fosse una scelta perdente: il PD lo fa fino dalla sua nascita, e non ha mai funzionato.

Ricordate Veltroni, e quella campagna incentrata tutta sulla contrapposizione con un Berlusconi mai nominato, tipo Voldemort? Ecco, Veltroni la politica non la fa più.

Berlusconi invece è risorto dalle sue ceneri e pure da un’interdizione ai pubblici uffici, et voila, rieccolo che fa pure le faccette su TikTok, si diverte un mondo e continua a prendere voti. “Scegli”, ok, cosa sto scegliendo? È un invito alla partecipazione, o un ricatto emotivo? Si può campare di ricatti emotivi? L’evidenza dice di no.

Perdere contro un partito con la fiamma tricolore nel simbolo e che ha il record di arrestati per ‘ndrangheta è un’impresa notevole, a prescindere dalle storture di una legge elettorale a cui nessuno ha voluto mettere mano, sperando sempre di poter godere dello strapotere che conferisce al vincitore. Il Partito Democratico ha perso perché la politica dovrebbe rappresentare le istanze, energizzare l’elettorato, ridare fiducia nel futuro. Far ballare, come dice qualcuno.

È così che si sono realizzate le grandi vittorie progressiste in tutto il mondo, con il coraggio, la sfrontatezza, la capacità di sognare in grande e un’idea del domani chiara, ben delineata, comprensibile.

Il PD non fa ballare. Il PD – per proseguire con le metafore vintage – è una festa all’oratorio con l’aranciata amara, dove ogni tanto passa il prete ad abbassare la musica e a controllare che la gente non si strusci durante i lenti.

Fratelli d’Italia, per contrasto, sembra uno di quei film tipo The Purge: in cambio del voto promette ai suoi elettori la possibilità di “rialzare la testa” e rivalersi contro un “mainstream” che li avrebbe ingiustamente marginalizzati. Come forza politica gode senz’altro del fatto di non aver governato durante i due anni cupi e disperati del Coronavirus, dei lockdown e dell’invasione russa in Ucraina, è guidato da una donna, e può sembrare nuovo a chi non ha dimestichezza con la storia. Numeri alla mano, non ha conquistato elettori nuovi: si è preso quelli degli alleati. La gente che vota a destra è sempre quella. Vuole sempre le stesse cose. Vota chi gliele promette con più efficacia.

La sinistra non è così, la sinistra cambia: i suoi valori fondativi sono sempre quelli, ma gli obiettivi e i mezzi no, perché il mondo non è lo stesso di settant’anni fa.

Chi vuole tornare al passato non ha bisogno di cambiare niente, ma chi va verso il futuro deve fare i conti con la sua mutevolezza.

Il Partito Democratico ha abbandonato le certezze della sinistra storica senza formarne di nuove: non ha niente da offrire né al vecchio elettorato orfano del Pci, né alla gioventù progressista di questi tempi, che ha tradito più volte con la sua timidezza in materia di diritti e con scelte disgraziate come il rinnovo degli accordi con la Libia o il taglio dei parlamentari per salvare l’alleanza con i Cinque Stelle. “Scegli”, dicono. Di tutte le parole che si potevano utilizzare in questa campagna (“Insieme”, quanto sarebbe stato bello poterlo pensare: “Insieme”, facciamolo insieme, creiamolo insieme, ripensiamolo insieme, quante declinazioni della stessa azione), “Scegli” era la più triste, la più deludente.

Certo, per proporre delle idee bisogna avercele, prima.

Per condividere un percorso bisogna essere una comunità in cui queste idee emergono, vengono condivise, si creano leadership e quelle leadership crescono in un ambiente aperto, arioso, in cui non esistono figure totemiche e chiunque può essere messo in discussione.

Il PD è tutte queste cose?

Non spetta a me parlare di quello che succede al suo interno, ma la tenacia con cui la dirigenza (chiamarla leadership sarebbe troppo generoso) maschile serra i ranghi contro l’affermazione di chiunque non si presti a riproporre le stesse dinamiche di potere è evidente anche da fuori.

Ci sarà modo di parlarne in futuro, ma se a sinistra le donne e le soggettività diverse da maschio bianco eterocis non crescono non è certo perché non ne abbiano la capacità, ma perché l’ambiente in cui si muovono è evidentemente tossico. A cosa sia dovuta questa tossicità è un punto su cui si impone una riflessione profonda all’interno del partito, non fuori, dove un’idea ce la siamo fatta da un pezzo.

Insomma, arriverà questo congresso e il rischio è che morto un Papa se ne faccia un altro, magari un po’ più brutalone, muscolare e machista, con il piglio dell’uomo solo al comando, la figura che si va sempre cercando quando ci si sente impauriti e minacciati.

Hai voglia a dire che è di nuovo la strategia sbagliata, che non porta a niente e che soddisfa solo le ambizioni di un’oligarchia sempre più distante dalle persone che dovrebbe rappresentare. Non hanno ascoltato le altre volte: probabile che non lo facciano nemmeno ora.

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