Diritti

La democrazia è un processo evolutivo

L’equilibrio tra i poteri è un principio fondamentale. La definizione dei poteri che vanno mantenuti in equilibrio cambia nei diversi contesti storici
Credit: Ron Sachs - Pool Via Cnp/CNP via ZUMA Press Wire
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11 agosto 2022 Aggiornato alle 06:30

Dopo l’approvazione al Senato americano della complessa legge proposta dal governo di Joe Biden per rispondere all’emergenza climatica e riformare il fisco, sono ovviamente fiorite le valutazioni contrastanti.

Per alcuni, è stato un grande successo per l’amministrazione di Biden, uscita rafforzata in vista delle prossime elezioni legislative.

Per altri è stato colpo alla libertà d’impresa. Per altri ancora è troppo favorevole ai petrolieri. Di sicuro, è frutto di un compromesso.

Difficile immaginare la democrazia se non come sistema per la produzione di compromessi. Ma è chiaro che quei compromessi sono tanto più ragionevoli quanto più le forze che si contendono la capacità di influenzare le decisioni riescono a trovare una soluzione che risponde al bene comune. Il che alla fine è una questione di metodo.

Un metodo che deve servire contemporaneamente all’esigenza di definire il bene comune e di trovare il consenso per perseguirlo. Molti pensano che questo metodo sia sempre una questione di opinioni contrastanti e di rapporti di forze per imporle. Ma bisogna riconoscere che per alcuni temi fondamentali il bene comune è definito a livello costituzionale.

Si tratta di argomenti essenziali come la salvaguardia dei diritti delle minoranze dallo strapotere della maggioranza che si estendono, nei diversi contesti storici, alla libertà di espressione e di informazione, alla giustizia sociale e al rispetto delle diversità culturali.

Recentemente, per esempio in Italia, la costituzione ha accolto l’equilibrio del bilancio pubblico e la salvaguardia dell’ambiente come argomenti fondamentali per il bene comune. Il metodo che ha portato all’introduzione di quei principi costituzionali si è riferito alla conoscenza scientifica, in particolare all’economia e all’ecologia.

Tutto questo aiuta a ricordare che la democrazia non è quel sistema per cui i cittadini vanno a votare ed eleggono i loro rappresentanti.

A votare ci andavano anche i cittadini dell’Iraq del dittatore Saddam Hussein, ci vanno i russi dell’ambiguo regime putiniano, ci andranno gli abitanti di Hong Kong sempre meno liberi di scegliere.

La democrazia è molto di più.

Le elezioni sono parte di una costruzione costituzionale che ha lo scopo di garantire la libertà dei cittadini di partecipare alle scelte collettive contro ogni tentativo del potere di impedirlo.

Il principio essenziale di una sana architettura democratica - nell’epoca moderna - è stato anticipato dal filosofo e medico inglese John Locke per essere poi formulato nell’Esprit des lois, il capolavoro di Montesquieu.

In quell’opera, l’autore sosteneva che il potere va diviso nelle sue componenti fondamentali - l’attività di governo, la produzione di leggi, l’amministrazione della giustizia - che devono funzionare in modo tale che nessuna prenda il sopravvento. Il principio è valido anche oggi.

Ma la democrazia è un processo in continua evoluzione.

E il sistema degli equilibri di potere deve aggiornarsi di fronte alle trasformazioni del potere.

Dai tempi dell’illuminismo, hanno acquisito importanza crescente i poteri di coloro che controllano i mezzi di comunicazione, per esempio. Chi può influire sull’informazione, chi può modificare le emozioni collettive, chi può governare la conflittualità tra i gruppi sociali ha un grande potere politico. E occorre tenerne conto nell’architettura degli equilibri tra i poteri. Allo stesso modo, con la rivoluzione industriale e poi con la crescita dell’economia finanziaria, si è accresciuto il potere delle grandi aziende multinazionali, capaci di svilupparsi operando in diversi sistemi politici e influendo sulle loro scelte in molti modi.

Il compromesso raggiunto dall’amministrazione di Joe Biden è stato particolarmente difficile a causa della risicatissima maggioranza democratica al Senato, tale che due soli senatori democratici come Kyrsten Sinema e Joe Manchin, potevano associarsi ai repubblicani e bloccare l’approvazione della legge.

Tra i finanziatori di questi Sinema e Manchin ci sono aziende che tipicamente finanziano i repubblicani, come Fox News, American Petroleum Institute, NextEra Energy e molte altre.

Complessivamente questi senatori raccolgono decine di milioni di dollari nel corso delle loro campagne e non si può immaginare che i finanziatori non pensino al ritorno sull’investimento.

È chiaro che la trasparenza delle attività di lobby fa parte della qualità di una democrazia. E la libertà di finanziare i politici non è in discussione. Ma la questione dell’equilibrio dei poteri finanziari e legislativi è diventato un argomento da approfondire.

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