I Fridays a Torino: la battaglia verde per il clima

Il corteo dell’onda verde sfila davanti al Grande Fiume, che pare provato, a ricordarci le sofferenza della Terra. Anche i ragazzi di Fridays For Future si fermano a fotografarlo: «Vedi che sta succedendo?» dice una ragazzina con in mano un cartello con su scritto “Vogliamo giustizia climatica”.
Oggi, a Torino, il migliaio di giovani che hanno partecipato alla cinque giorni del Climate Social Camp e del Meeting europeo di Fridays For Future hanno sfilato per le strade del capoluogo piemontese per ribadire la necessità che la società prenda sul serio la crisi climatica e che i governi agiscano immediatamente. Un corteo festoso, tra i “bella ciao” e un gigantesco martello gonfiabile sollevato in area, come a dire che è arrivato il momento di rompere l’attuale sistema, quello che pensa solo ai consumi e ignora la crisi del clima.
Centralità ai Paesi più colpiti
In testa al corteo i rappresentanti dal Messico, Uganda, Indonesia e altri Paesi, dei popoli Mapa, quelli considerati più colpiti dalla crisi climatica. Subito dietro i ragazzi provenienti da tutta Europa e gli italiani, attivisti, tra i quali si sta aprendo sempre più forte un dibattito, viste le elezioni in arrivo: quale salto dovrà fare il movimento?
Si vedono persino i primi cartelli che parlano di urne: “Il nostro voto ve lo dovete conquistare” scrive una ragazza, oppure “voteremo solo per giustizia climatica e sociale”.
Tempo di maturare: politica o radicalizzazione?
Le scelte su cui si discute di più, in vista delle elezioni di settembre (mese in cui ci sarà anche lo sciopero globale del 23) sono due: politica o radicalizzazione? Tempo di maturare e diventare un movimento più politico, capace di dialogare con le forze attuali o addirittura di candidare degli esponenti, oppure di radicalizzare la lotta, di portarla - magari con azioni che vanno dalle occupazioni sino alle iniziative di protesta più efficaci - verso una radicalizzazione?
Scelte complesse su cui un movimento che vuole diventare grande sta ragionando sempre di più, consapevole allo stesso tempo che a livello internazionale la centralità dovrà essere data sempre di più ai Paesi del sud del mondo, quelli che affrontano quotidianamente alluvioni, siccità, ondate di calore e fenomeni meteo che stravolgono milioni di vite.
Il corteo, tra chi è andato in rollerblade, in bicicletta o ha pompato musica dalle casse, è fluttuato in una atmosfera da vera lotta sociale: gli slogan sono stati per l’anticapitalismo, l’anticolonialismo, la necessità di una giustizia climatica ma anche per l’appoggio alle comunità indigene oppure, come recitavano alcuni cartelli, “per avere meno allevamenti e più acqua” o per “sbloccare le rinnovabili”.
«L’estate più fredda della mia vita»
Le anime che lo compongono sono tantissime: si va dagli attivisti dei Fridays, che attendevano Greta Thunberg ma non è riuscita a venire, sino ai ribelli di XR, a associazioni come Lav o Legambiente, ai medici in difesa dell’ambiente, a partiti quali Sinistra Ecologia o Europa Verde.
Il fatto che ci siano più bandiere rappresenta una nuova visione del movimento Fridays: aprirsi, anche ad altri, per un’unica onda che vada in direzione di fare pressione nei confronti dei leader e della società, che dovrebbero occuparsi quotidianamente e costantemente della crisi del clima. Per non rubare il futuro ai giovani, ma anche ai giovanissimi.
Una coppia, con un cartello appeso alla culla del figlio, riassume benissimo il concetto: “I miei primi 44 giorni: l’estate più fredda della mia vita”.

