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La Siria, tra passato e futuro

Dallo scoppio delle primavere arabe fino alle tensioni geopolitiche con Usa, Russia e Turchia, il Paese mediorientale ha visto dimezzare la propria popolazione. Costringendo alla fuga oltre 5,5 milioni di persone
Credit: Anas Alkharboutli/dpa

Dopo undici anni di scontri e un numero non definito di morti e di diversi interessi in ballo, chiamare la situazione in Siria una guerra civile sembra un eufemismo. E soprattutto, diventa necessario cercare di fare un po’ di chiarezza.

Il Paese

La Siria ha una particolare collocazione geografica, si trova proprio al centro tra Iraq, Turchia, Libano, Israele e Giordania.

La popolazione siriana ammontava a 22 milioni di persone - prima della guerra - ed è caratterizzata sia da un alto tasso di fecondità, 3,29 figli per donna tra il 2005 e il 2010, sia dalla sua giovinezza, il 50% ha meno di 24 anni.

I siriani sono per la maggioranza arabi, ma questi convivono con i curdi (5%) e altre minoranze turcomanne, assire e armene.

In ambito religioso spiccano i musulmani-sunniti (72%), seguiti dai cristiani (12%) e i drusi (3%). In particolare, la minoranza alawita dei mussulmani sunniti (14%) governa il Paese attraverso la famiglia del presidente Assad

Al 2008 il 99% della popolazione aveva frequentato la scuola primaria (6-11 anni), anche come conseguenza dal fatto che la proporzione tra bambini e bambine nelle scuole primarie è arrivata al 95,6% del 2009. Inoltre, questo ha portato il tasso di alfabetizzazione all84%.

Economicamente parlando, le risorse del Paese sono principalmente l’industria del petrolio, del gas e del fosfato, l’agricoltura (21% del Pil) e il turismo. Il partner principale è l’Unione europea, mentre gli scambi con gli Stati Uniti si limitano alle sanzioni.

In questa repubblica presidenziale il parlamento, unicamerale, viene eletto ogni quattro anni e detiene sulla carte i poteri legislativi.

In pratica, la politica siriana gira intorno alla presidenza del capo di stato, eletto ogni sette anni, anche grazie al controllo sui servizi segreti militari, guidati oggi dal cognato del presidente Assad.

L’inizio del conflitto

Il 2011 è l’anno ricordato per le “primavere arabe”, l’insieme di rivoluzioni sono scoppiate a catena nel Medio Oriente e che hanno visto i cittadini richiedere più diritti e opporsi ai regimi dittatoriali.

Il 18 marzo di quell’anno, noto come il “venerdì della dignità”, l’esercito sparò alla folla in protesta in piazza a Daara, nel Sud della Siria, e due ragazzi rimasero uccisi. Questa fu la famosa goccia che fece traboccare il vaso.

Al tentativo del regime della famiglia Assad, al potere dal 1971, di usare la violenza per sopprimere le manifestazioni di opposizione una parte dell’esercito rispose con la diserzione e formazione dell’Esercito Libero Siriano. Questa fazione opposta al regime veniva condotta e finanziata dai Fratelli Mussulmani. Da questo primo fronte di scontro, svoltosi tra il 2011 e il 2013, Assad esce sconfitto perdendo il controllo su tre quarti del Paese.

I fondamentalisti islamici

In questa categoria rientrano sia i gruppi dei Fratelli Mussulmani, movimento politico panarabo conservatore, sia gli jihadisti, legati ad Al-Qaeda.

Due sono le azioni chiave di Assad: la liberazione di prigionieri politici e la richiesta di aiuto a Hezbollah, l’alleato politico militare sciita libanese. In seguito i fondamentasti hanno iniziato ad armarsi e ad attrarre verso se i soldati dell’Esercito Libero Siriano, che di conseguenza finì frammentato in diversi gruppi.

A questo punto in campo scendono la branca locale siriana Fonte Al-Nusra e Al-Qaeda, che penetra nel Paese nel 2013 dall’Iraq. Dalla vittoria di quest’ultimo nasce l’Isis, Stato Islamico dellIraq e della Siria, che conquista la parte orientale della Siria.

Nella zona occidentale si trovano le rimanenti parti dei militanti dell’Esercito Siriano Libero, Assad e i seguaci di Al-Nusra.

La convivenza tra le aree sotto il dominio di Al-Qaeda e quelle sotto il dominio di Assad si basava sul reciproco accordo, mai scritto, di non attacco.

Nel frattempo, però, Al-Qaeda inizia a venire attaccato dagli Stati Uniti in Iraq.

Nel 2014 è diventato noto anche il gruppo jihadista Daesh, composto prevalentemente da combattenti stranieri, per l’autoproclamazione del califfato (che comunque è caduto nel 2019).

2015-2016: sunniti e sciiti ad Aleppo

Dopo aver ricevuto armamenti principalmente da Turchia, Arabia Saudita e Qatar, le forze di Al-Nusra riescono a battere le forze di Assad nelle regioni occidentali.

La gloria dura giusto il tempo necessario all’Iran e alla Russia di schierarsi in favore di Assad e attaccare la seconda città siriana, Aleppo.

L’assedio viene ancora ricordato per la sua durata, da luglio a dicembre 2016, e crudeltà. La caduta di Al-Nusra segna l’ideale fine della guerra.

L’entrata in guerra di Iran e Arabia Saudita, l’uno contro l’altro, è frutto del preesistente e persistente scontro tra le due principali correnti dell’islam: rispettivamente sciismo e sunnismo.

La Turchia

Riguadagnando potere Assad si è trovato a fare i conti con gli interessi della Turchia.

Infatti, dopo aver allargato la propria sfera d’influenza a Nord-Est di Aleppo, dalla fine del 2017 Erdogan, presidente turco, mira a creare una zona cuscinetto da un lato per gli sfollati siriani, così da non doverli accogliere, dall’altro per proteggere gli schieramenti filoturchi. Il focus della guerra diventa chi detiene il potere di governare la provincia di Idlib, dove Damasco non può avere il controllo sui ribelli senza l’intervento turco.

Nello schema bisogna includere la questione della minoranza curda. Nel luglio 2012 i curdi fecero un patto con Assad per il quale se avessero lottato al fianco dell’esercito del regime contro i fondamentalisti non avrebbero più subito interventi dello Stato.

Nel 2015 dall’alleanza di milizie curde, arabe, assiro-siriache, armene, cecene e turkmene nacquero le Forze democratiche siriane (Fds), organizzazione che la Turchia ha subito catalogato come terroristica. Supportati anche dagli aiuti statunitensi, i curdi hanno avuto un ruolo fondamentale nella repressione dei gruppi fondamentalisti.

Se da una parte gli Stati Uniti hanno fornito armi, dall’altra volevano fosse chiaro che non avrebbero appoggiato la nascita di uno stato curdo, per non inimicarsi Ankara che dichiara di voler mantenere l’integrità dello stato siriano.

Oltre a ciò si possono identificare altri due obiettivi: compattare il consenso interno e mettere in discussione gli equilibri politici della regione.

Nel 2018 Fabrice Balanche scriveva su Limes: “Lobiettivo finale (di Washington) è di staccare i curdi siriani dal Pkk e fare del Nord della Siria una realtà paragonabile al Governo regionale del Kurdistan in Iraq, al comando del quale porre èlite nazionaliste non più percepite come una minaccia da parte della Turchia.”

Revival della Guerra Fredda

Dal canto suo la Russia partecipa attraverso sia i soldati regolari – conformi alle priorità di Mosca - sia i mercenari e la compagnia militare privata Wagner.

Coordinando i due, il Cremlino vuole presentarsi come una potenza mondiale in grado di risolvere conflitti e che ha influenza al di fuori del suoi confini territoriali (situazione che, tra laltro, nel 2018 Leonid Bershidsky su Bloomberg View paragona a quella in Ucraina). Tutto questo potendo negare qualsiasi coinvolgimento.

Gli Stati Uniti sono intervenuti a capo di una Coalizione internazionale prendendo una posizione anti-ISIS, anti-Damasco e anti-Russia e Iran, che non voleva vedere rafforzarsi grazie al conflitto siriano.

Il sogno americano di far liberare il Paese da ribelli arabi e dalle Fds si è infranto quando lesercito siriano e le milizie sciite irachene si sono riapproprino dellEst del Paese nel 2017.

Israele vs Iran

Esiste un’area di contatto tra Israele e Siria, tra la pianura di Damasco e il lago Tiberiade, dove l’Iran si è infiltrato.

Come conseguenza, Israele ha iniziato a prendere la tendenza a attaccare la Siria per contrastare la costruzione di strutture militari iraniane.

L’Iran era già riuscito ad acquisire una posizione rilevante al confine tra Israele e Libano attraverso Hezbollah, e lo stato ebraico non voleva permettere un ulteriore insediamento a nordest del suo territorio temendo di rimanere accerchiato dalla potenza iraniana.

Chi governa?

Come risultato di questa complessa e sfaccettata situazione, la Siria a oggi può essere divisa in almeno tre zone.

La regione che dal Mediterraneo si estende verso sud-est è controllata dal governo di Bashar al Assad, a cui fianco si trovano truppe iraniane, di Hezbollah libanesi e di militari russi.

I curdi, con l’appoggio americano, amministrano la cosiddetta Rojava a nord-est del Paese.

Infine tra Idlib e la periferia di Aleppo, nord-ovest, si trovano i turchi e i restanti gruppi fondamentalisti.

Non vi è alcun tipo di dialogo tra le tre parti e nessuna di queste esercita un potere sufficiente a governare centralmente tutto il Paese.

Alle ultime elezioni, tenutesi il 26 maggio 2021, Assad, già presidente da ventun’ anni ha vinto nuovamente. Queste elezioni sono state però definite non libere o regolari dagli osservatori internazionali.

Qualche numero

La popolazione siriana si è dimezzata dall’inizio del conflitto. Più dell’80% di chi è rimasto vive sotto la soglia della povertà secondo la Croce Rossa internazionale.

L’osservatorio siriano per i diritti umani ha dichiarato che i morti a fine 2020 erano oltre 593.000.

Si contano 6,5 milioni di sfollati interni.

I 5,5 milioni di siriani che hanno lasciato il Paese formano 1/3 dei rifugiati mondiali.

Secondo l’Onu i profughi sono principalmente concentrati nei Paesi confinanti: 3,5 in Turchia, circa 1 milione in Libano e oltre 700.000 in Giordania.

Attraverso la rotta balcanica oltre un milione di siriani ha raggiunto la Germania e la Svezia. Altri invece hanno affrontato il mare arrivando su isole greche o sulle spiagge italiane.

L’Unicef stima 13.000 bambini uccisi, 3,5 milioni non vanno a scuola (il 40% sono ragazze) e 6.000 sono stati reclutati come soldati. Il 90% dei bambini necessita di supporto economico e sanitario.

Oxfam nel suo ultimo report ha affermato che 6 siriani su 10 non sanno come procurarsi cibo. L’insicurezza alimentare colpisce, secondo l’ultimo dato disponibile di agosto 2021, 12.8 milioni di persone.

Il 42% della popolazione fa affidamento su fonti d’aqua non sicure.

Appena il 2% della popolazione è completamente vaccinata contro il Covid-19.

Oltre 1.300 strutture sanitarie ed educative sono state colpite.

La Banca Mondiale stima che serviranno 250 miliardi di dollari per ricostruire il Paese.

- Nelle prigioni (in totale più di una dozzina) gestite dalle Fds per rinchiudere i sospettati di aver fatto perte dell’ISIS sono ospitati circa 11.000 detenuti. 9.000 di questi proverebbero dalla Siria o Iraq, gli altri da oltre 40 paesi stranieri: non meno di 800 dall’Europa (oltre 400 dalla Francia, seguita da Gran Bretagna, Germania e Belgio). Per quel che riguarda l’Italia, si contano 141 foreign fighters di cui solo un quarto possiede effettivamente il passaporto italiano.

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